DALLE BIOPSIE IN RITARDO AI PRONTO SOCCORSO ESAUSTI

di Lavinia Marchetti - 16/11/2025
IL RACCONTO DI UNA SANITÀ CHE HA SMESSO DI ESSERE PUBBLICA E DI UN PAESE CHE PRIVILEGIA I MISSILI AI CORPI MALATI.

IL RAPPORTO CARITAS APPENA USCITO: IL 9,9% DEGLI ITALIANI HA RINUNCIATO A VISITE SANITARIE IMPORTANTI ALMENO UNA VOLTA NEL 2024.

Per un periodo piuttosto breve ho lavorato in un laboratorio di analisi, pratica comune per biologi laureati da poco. Sono ormai passati 15 anni forse di più. Ai tempi c'era molto personale, nel laboratorio universitario facevamo analisi per gli ospedali, biopsie, analisi di routine, un po' di tutto. Ricordo che eravamo 20 persone. Un anno dopo me ne andai, avevo interessi diversi, anche se se mi era utile perché potevo portare avanti una ricerca. Quando detti le dimissioni, eravamo in 15. I ritmi erano diventati insostenibili e già ai tempi dovevamo rimandare certe analisi, anche se importanti, alla fine il 70% del lavoro era dedicato alle urgenze, con accumuli notevoli dei tempi per chi aspettava anche diagnosi importanti. In un anno un quarto del personale, dopo una finanziaria di un governo tecnico (non ricordo quale tra i tanti), era stato congedato. Si capiva già, più di un decennio fa, la fine che avrebbe fatto la sanità. I medici migliori cominciavano ad aprirsi studi privati, a usare l'intramoenia (un assurdo logico) e i biologi, quelli più specializzati fuggivano all'estero con stipendi tripli. 

 Oggi ho aperto il bollettino Caritas, appena uscito, lo faccio sempre, da molto tempo, vado alla sezione "salute", del resto, anche se faccio altro, ne sono parte. Leggo: nel 2024, secondo l’Istat, il 9,9 per cento della popolazione, quasi sei milioni di persone, ha rinunciato a prestazioni sanitarie ritenute necessarie. Visite specialistiche, ecografie, risonanze, esami importanti. Le cause principali: liste di attesa interminabili e costi insostenibili. Sei milioni di persone. 

 Nel Report statistico 2025, la cifra 277.775, indica le persone che, nel 2024, hanno varcato la soglia di un centro di ascolto e lì hanno portato il proprio fallimento economico quotidiano. Si parla di stanze vere e proprie, spesso dentro parrocchie o locali diocesani, in cui volontari e operatori ricevono chi arriva, raccolgono i dati anagrafici, ascoltano il racconto dei debiti e dell’affitto arretrato, insieme a spese sanitarie divenute insostenibili. In parallelo, l’Istat segnala circa 5 milioni e 694 mila poveri assoluti, il 9,7 per cento della popolazione, in due milioni e duecentodiciassette mila famiglie. 

 Un dato molto interessante è che l’Italia registra un’aspettativa di vita alla nascita di 84,1 anni, contro 81,7 della media europea, se però si guarda ai dettagli, c'è poco da esultare. Gli anni vissuti in buona salute scendono a 58,1, uno in meno rispetto all’anno precedente; per le donne il valore precipita a 56,6, il dato più basso dell’ultimo decennio. Perché? Semplice, perché sei milioni di poveri rinunciano alle cure, o comunque si curano in ritardo, quando spesso è tardi, solo allora, del resto, ricevono un'assistenza consona. 

 Questo è l'effetto diretto di una scelta politica precisa: scaricare sul singolo il costo materiale del tempo di malattia. Chi ha un reddito alto può permettersi il privato, le visite rapide, gli esami in clinica con belle poltroncine e poca attesa. Chi vive sul margine si arrangia come può, fra codice bianco se proprio sta male, col Pronto soccorso al collasso (e i medici scappano pure da lì), visite date dopo uno o due anni e, anche qui, come per le guerre, la geografia è destino. Probabilmente se nasci in Lombardia hai un'aspettativa di vita più lunga, secondo parametri di "cura" e non ambientali ovviamente,  che se nasci in Sicilia, a meno che tu non sia benestante allora ti curi bene dappertutto. Hanno pari diritti alla salute solo coloro che hanno i soldi per pagare il tempo dei medici, lo Stato non lo fa abbastanza, non per tutti, e fa rabbia sentire parlare di centinaia di miliardi per le armi.  

 Ecco perché parlo di fascismo sociale. Non si tratta dei nostalgici della marcia su Roma, quelli di danni ne fanno pochi, rispetto a chi è al governo. Il fascismo sociale raccoglie la  rabbia di chi fatica a arrivare a fine mese, di chi rinuncia alle cure, questa rabbia viene convogliata verso chi sta ancora peggio e assolve chi concentra capitali e mezzi di informazione. Quando qualcuno ripete la tiritera «io lavoro e pago le tasse, loro stanno sul divano», un altro mattone si aggiunge alla muraglia di un ordine autoritario che difende privilegi e patrimoni e affama milioni di persone. Altro che «furbetti del reddito», la Caritas ci dice che circa il 26 per cento delle persone incontrate vive una povertà cronica protratta oltre cinque anni. Questi poveri riceveranno le cure quando ci sarà ben poco da fare. Poi si parla di riarmo, si nega la possibilità di una patrimoniale, ecc, non voglio scadere nel populismo, però affermare un principio sì, e c'entra poco la costituzione: un paese che fa morire i suoi abitanti perché deve rimpinguare le tasche di chi ha così tanti soldi da non riuscire a spenderli merita di essere invaso e ricominciare daccapo. 

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 Amen.

Questo articolo parla di:

24 ottobre 2025
19 settembre 2024

Aggressioni ai medici

Claudia Zuncheddu – Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
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