Il ritorno dell’elettroshock in Sardegna al di là dei pregiudizi

di Claudia Zuncheddu - 25/08/2025
La notizia sull’incarico e la retribuzione di "altissima professionalità" al medico che effettuerà gli elettroshock nel SPDC di Oristano, è solamente un sintomo del disorientamento dei vertici della sanità sarda, della frammentazione della sanità, della crescita dei costi e delle disuguaglianze

Dopo anni di lotte contro il depotenziamento e chiusura dei servizi psichiatrici nei territori sardi e il conseguente stato di abbandono delle persone con disturbo mentale, il ritorno alla terapia elettroconvulsivante (elettroshock) all’ospedale San Martino di Oristano, apre un dibattito.

A quasi 50 anni dalla riforma psichiatrica, il disturbo mentale in Sardegna continua ad essere considerato un problema marginale. I servizi territoriali sono stati sempre meno incentivati sino a decretarne la chiusura e con essa l’invisibilità della sofferenza mentale. Il volontariato, spesso osteggiato dal mondo politico, non può compensare la latitanza delle istituzioni. Di certo, la risposta meno attesa è il ripristino dell’elettroshock per i resistenti alle terapie farmacologiche, dicono.

Una risposta sbrigativa e di retroguardia, rispetto alla Riforma Psichiatrica di Basaglia (Legge 180 del 78) che dispose la chiusura dei manicomi e nuovi modelli di cura centrati sulla dignità della persona e la sua capacità di reinserimento nella società. Eppure, l’istituzione dei servizi territoriali di assistenza, come alternativa alla segregazione e ai maltrattamenti nei manicomi sono stati sempre più sottovalutati.

L’imbarbarimento delle politiche sanitarie aggrava la condizione della nostra psichiatria. La Sardegna necessita di centri di salute mentale ben organizzati nei territori e dotati di diverse professionalità. Strutture che prendano in carico la persona evitando l’ospedalizzazione con i suoi fallimenti. Poco importa che oggi l’elettroshock, a differenza del passato, si pratichi da esperti professionisti e in anestesia generale. Poco importa il consenso della persona, anche se dal Codice di Norimberga in poi, a cui dobbiamo il diritto al Consenso informato nella sperimentazione clinica e farmacologica, si sia rivelato di facile violazione a colpi di decreti ministeriali.

Riteniamo che il problema da superare non siano le barriere pregiudiziali delle persone, costruite sulla scia della cultura antipsichiatrica o dalla visione cinematografica. E’ la drammatica storia della psichiatria che induce le famiglie a diffidare di ogni modello terapeutico d’ispirazione manicomiale.

Mettere al centro del dibattito politico il disagio mentale in Sardegna, implica il superamento delle politiche sanitarie distruttive dei servizi psichiatrici territoriali, che condannano i malati e le famiglie all’abbandono o relegano tale sofferenza a concezioni manicomiali superate dalle leggi e dalla storia.

La notizia sull’incarico e la retribuzione di "altissima professionalità" al medico che effettuerà gli elettroshock nel SPDC di Oristano, è solamente un sintomo del disorientamento dei vertici della sanità sarda, della frammentazione della sanità, della crescita dei costi e delle disuguaglianze, della mancanza di visione, di pianificazione strategica e non solamente sul fronte della psichiatria.

Claudia Zuncheddu – Rete Sarda per la Difesa Sanità Pubblica

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