All’indomani del risultato delle elezioni politiche tante sono le riflessioni da fare. Con una premessa, forse banale: sinistra e destra esistono ed esisteranno sempre, per idealità diverse, per prospettive e progetti di vita civile e politica diversi, per visioni diverse del mondo in cui viviamo.
I risultati del voto del 25 settembre presentano il conto a noi, a noi della sinistra. È del tutto inutile lanciare l’allarme per la vittoria schiacciante della destra (non più centro-destra). L’allarme va lanciato perché quella vittoria è dovuta, semplicemente, all’eclatante sconfitta della sinistra, nelle sue proverbiali, innumerevoli declinazioni. La destra ha ottenuto, di massima, lo stesso numero di voti del 2018. La sinistra (in cui comprendo anche una consistente componente del M5S di Giuseppe Conte) ha perso una montagna di voti, una perdita a cui non è affatto estraneo l’aumento degli astenuti ‒ percentuale del 36,09% mai raggiunta in precedenza ‒ in cui si sono rifugiati, rassegnati o ribelli, tanti cittadini di questa parte politica. Un gravissimo vulnus alla democrazia è stata sicuramente la legge elettorale con cui abbiamo votato (il cd. Rosatellum): ma questo vulnus va interamente posto a carico proprio di una forza politica, il PD, che ancora oggi si autodefinisce di sinistra. Non ci sono “vie di scampo” o pretesti, persino la legge elettorale in vigore è frutto di una componente parlamentare della “sinistra”.
A questo punto ci sono domande che necessitano di risposte razionali e veloci: abbiamo volontà e forze per la ricostruzione della sinistra? I cittadini che simpatizzano o militano nella sinistra possono ancora accettare di arrovellarsi nella scelta di voto di fronte a liste o a coalizioni immancabilmente disunite e competitive, per trovarsi costretti a scegliere non un comune progetto civile e sociale ma sulla base di conteggi matematici, di convenienze dettate dal “voto utile”, di timori di dispersione dei voti? Non si potrà più aspirare al governo del Paese se non si ricostruisce un tessuto civile, politico, culturale, sociale a cui fare riferimento come sinistra. Non si può più sedersi pensando alle “prossime” elezioni per una rivincita, non valgono più le “alleanze” estemporanee e di comodo: occorre impegnarsi al più presto per realizzare una comune visione della società democratica che vogliamo.
Cos’è oggi la sinistra? Dove si trova e cosa la distingue? Perché merita di rinascere? Sono domande che vanno rivolte intanto al Partito democratico, da cui molti si aspettano una risposta. Domande da porre anche a Sinistra Italiana, ai Verdi, a Liberi e Uguali, al Movimento 5 Stelle, a Unione Popolare e a tutte le miriadi di frammentazioni che nel tempo si sono costruite e sovrapposte l’una all’altra. Soprattutto dal PD è bene pretendere una risposta: chi si qualifica, il giorno dopo la disfatta elettorale, come il primo partito di opposizione deve fare un profondo esame di coscienza. E deve farlo a tamburo battente.
L’opposizione non richiede più una semplice intransigenza. Questa volta sono in dirittura d’arrivo progetti governativi diretti a un complessivo sovvertimento istituzionale e costituzionale. I partiti della sinistra ‒ che abbiano ottenuto seggi in Parlamento o che operino in sede extraparlamentare ‒ hanno un compito a cui non possono sottrarsi: interrogarsi sulla volontà e capacità di convergere in un progetto comune di opposizione. Il programma ‒ ben al di là di quelli presentati alla bisogna per l’appuntamento elettorale ‒ sta scritto nella Costituzione. È diventata insopportabile la lunga attesa per la sua attuazione.
Il PD, se lo vuole, cominci a darsi e farsi identità di sinistra, troppo sbandierata e immancabilmente tradita; cominci a ricostruire il suo tessuto originario, almeno quello di cui si è chiamato erede; se ne è capace, si faccia co-promotore di un movimento unitario a sinistra. I tanti cittadini che da soli, senza riferimenti, hanno combattuto e anche vinto contro i vari tentativi di demolire le radici della nostra Repubblica, hanno bisogno di questo impegno, di questa ricostruzione. Per contrastare qualsiasi progetto politico contrario al sistema civile, sociale e politico costruito dalla Carta costituzionale, progetto che dal 26 settembre ha i numeri per essere realizzato.
Si cominci da qui, con volontà e determinazione. In assenza, la sinistra rischia di restare solo nell’anima e nella ragione di tanti cittadini: che sono la forza della sua esistenza, ma che da soli non riusciranno a far fronte contro la destra di questo Paese.