Il presidenzialismo non è un sistema adatto all'Italia, bisogna evitare «giochi da apprendisti stregoni», preservando il«ruolo di garanzia», che attualmente è attribuito al capo dello Stato. Gaetano Azzarati, costituzionalista, docente alla facoltà di Giurisprudenza della Sapienza, boccia la riforma annunciata da Giorgia Meloni. Ogni modello istituzionale, precisa, va valutato in base al contesto nel quale deve essere adottato e il presidenzialismo, o il semi-presidenzialismo, rischierebbe di far somigliare 1'Italia più alla Russia che alla Francia:
«Non voglio lanciare grandi allarmi, ma mi faccia usare una metafora: vogliamo raggiungere Parigi e poi magari ci troviamo a Mosca...». Che la premier Meloni rilanci questa proposta «non mi stupisce», aggiunge, perché «è una battaglia storica della destra. Quello che bisogna vedere è cosa faranno i partiti attualmente all'opposizione: la sinistra, per esempio, è stara sempre almeno fino al 1997- filo parlamentarista».
Anche a sinistra però non manca chi ha apprezzato il modello francese, non a caso Meloni ha ricordato la bicamerale D'Alema e la ministra Casellati ha parlato di elezione diretta del presidente o del capo del governo.
«Esatto, la Lega per dispetto votò la riforma in senso semi-presidenziale e D'Alema accettò pur di fare le riforme...
Ma storicamente la sinistra è sempre stata legata al parlamentarismo, in caso ha sostenuto la sua razionalizzazione. Poi ci sono i centristi, Renzi in particolare, che propongono il sindaco d'Italia: per me questa è la proposta più pericolosa, più estremista. Uno scavalcamento a destra della destra».
Però la sinistra è stata storicamente per il parlamentarismo perché si usciva dal fascismo, c'era il timore dell'uomo forte. Oggi i tempi sono cambiati, uno dei grandi problemi è lo scollamento tra istituzioni e cittadini. Un sistema di tipo presidenziale non potrebbe aiutare a riavvicinare gli elettori?
«Mi permetto di dissentire. Oggi le ipotesi presidenzialiste in Italia sono più temibili che non in passato. Non dico che il presidenzialismo sia un male in sé, ma dipende dal contesto all'interno del quale si applica. Faccio un esempio: normalmente ci si richiama agli Stati Uniti e alla Francia, che sono certamente democrazie. Però ci sono due altri esempi di sistemi presidenziali o semi-presidenziali che non vengono mai richiamati: la Turchia e la Federazione russa. Il presidenzialismo non è un male in sé dunque, ma neanche un bene in sé. Si può attuare una forma sana di presidenzialismo solo dove sono forti i contrappesi, i "checks and balances". Gli Usa possono avere un presidente eletto perché hanno forti contrappesi, il congresso non ci mette un minuto a dissentire dal presidente della Repubblica. Io chiedo: in Italia abbiamo questi contrappesi? Se la risposta è no, come io penso, questo dovrebbe essere un motivo fondamentale per evitare il presidenzialismo. Che qui porterebbe rischi di autocrazia, mi faccia dire questa parola».
Ma chi sostiene l'ipotesi presidenziale potrebbe dire: insieme all'elezione diretta introduciamo anche i contrappesi necessari.
«Ma lei ha letto ipotesi di questo genere? Nelle proposte del centrodestra si vuole solo rafforzare il capo, non si capisce se il presidente della Repubblica o il capo del governo. E poi c'è un altro elemento che sconsiglia fortissimamente in Italia la soluzione presidenziale: noi oggi abbiamo un unico organo realmente autorevole che salvaguarda gli equilibri costituzionali, il nostro presidente della Repubblica L'unico organo, nella nostra storia recente, che ha retto gli stati di crisi che in Italia sono ahimè molto frequenti. È un fatto che la forma di governo presidenziale fa venir meno la natura di garanzia del capo dello Stato. Peraltro, ricordiamo sempre che abbiamo uno dei parlamenti più deboli d'Europa: in Italia il governo è il vero dominus dei lavori parlamentari, con le questioni di fiducia, i maxi-emendamenti. Dovremmo essere molto preoccupati del fatto che circa la metà degli elettori non va a votare. Il problema non è eleggere il capo, ma ridefinire i canali della rappresentanza politica: intervenire sulla legge elettorale, fare una riforma - non legislativa ma culturale - dei partiti politici, rivitalizzare il ruolo del Parlamento».
Quindi meglio correggere in maniera mirata il sistema attuale piuttosto che disegnare una forma di governo completamente nuova?
«Il mio timore è che si facciano i soliti giochi da apprendisti stregoni. Guardando al passato molte riforme istituzionali non sono state approvate, molte ci si è pentiti di averle fatte - penso al Titolo V - altre come l'articolo 81 sull'equilibrio di bilancio non sono mai state attuate. Non sono un conservatore costituzionale, io dico: se abbiamo coraggio riprendiamo l'opzìone mono-camerale col sistema proporzionale, vecchia proposta fatta sia in assemblea Costituente sia negli anni Ottanta da Rodotà e Ferrara»
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Resta il fatto che c'è un problema di stabilità dei governi. Solo nella scorsa legislatura ne abbiamo avuti tre...
«Abbiamo biblioteche intere sulla razionalizzazione del parlamentarismo. Spesso si parla della stabilità dei governi e si richiama la Germania: è un sistema che ci può ispirare. Tenuto fermo che il presidente del Consiglio deve godere della fiducia delle Camere, possiamo discutere di tante misure: la sfiducia costruttiva, l'elezione parlamentare del primo ministro prima della nomina dei governi, l'eventuale revoca dei singoli ministri attribuita direttamente al presidente del Consiglio... Tutte insieme forse sarebbero eccessive, ma possono garantire una maggiore stabilità dei governi. E io dico che dovrebbero essere anche accompagnate a una rivitalizzazione del ruolo del Parlamento e a una sua maggiore autonomia dal governo. Sono gli equilibri tra governo e parlamento che devono essere rinsaldati•.-