La fede è pazzia. Ogni fede va a riempire un buco nell’anima. Sia essa calcistica, politica o religiosa. È un unguento dolce che lenisce le nostre ferite. La follia è fare sempre la stessa cosa, aspettandosi risultati diversi. Quanti di noi ripetono all’infinito le stesse azioni, con la speranza che qualcosa cambi? L’insostenibile verità sulla nostra natura oscura, famelica di luce, anche se incapace di andarla a cercare. Così diventa più facile trovare una religione, anziché cambiare quella che uno ha. Più facile trovare una squadra del cuore, ma quasi impossibile cambiarla.
La politica, esempio meschino di ogni fragilità umana, invece ci frana sotto ai piedi. Non facciamo in tempo a fissare nei nostri cuori una idea, una formazione, un candidato che, come nel gioco delle tre carte, tutto cambia, tutto si muove, tutto resta uguale. Lo spettacolo indecente della campagna elettorale napoletana mette a nudo inesorabilmente una bassezza, che ci riporta alla essenza della nostra identità lazzara. Furbi, lontani da ogni coerenza, ci camuffiamo in “salvatori” di una città, che siamo stati solo capaci di oltraggiare. Ma tutto scorre nella era dell’infelicità. Tutto diventa falso e vero, contemporaneamente. Così qualcuno si offende se Catello Maresca viene definito “fascio leghista”. Eppure è il candidato di Giorgia Meloni che, a quanto ne so, non ha mai abiurato nei confronti di Almirante né, tantomeno, dall’anima nera del suo partito. Poi: è un’offesa dare del leghista a Salvini? O ai suoi candidati?
In poche ore si consumano divorzi politici ad effetto, che pongono un interrogativo inquietante: ma saranno stati veri matrimoni? Oppure sodalizi tra maschere ossessionate dal potere? Come riuscire a definire la candidatura di Gaetano Manfredi? Dall’anarchico Bakunin ai socialisti, passando per azzurri, pentastellati, piddini, renziani, postcomunisti, comunisti, deluchiani, democristiani, centri sociali, terzi settori…che abbraccio, ragazzi. Sospeso tra il nulla di un grigio burocratese e una sospettabilissima voglia di poltrona. Poi Bassolino: il nuovo eroe che ci salva. Immemore di quaranta anni di dominio assoluto sulla sinistra cittadina, scende in campo il nuovo che avanza, con ricette inedite e una scintillante verginità politica. Il tutto decantato da vati locali. Non è più l’uomo che ha fondato e affondato.
Non è il due volte Governatore, due volte Sindaco, non è il mentore di una classe politica piddina che ha mostrato una inadeguatezza imbarazzante e feroce, non è l’alleato di Rosa Russo Jervolino, non è colui che ha partecipato al sacco dei diritti dei lavoratori, al depauperamento delle risorse per il Mezzogiorno…NO: è la nuova carta che vince in città.
Carta vince, carta perde…pur di lasciare tutto “al banco”, perché alla fine è il banco che vince.
Devo ringraziare Alessandra Clemente per dare un corpo e una faccia agli ideali immortali della Giustizia, della Equità, della Pulizia e della Speranza. Grazie per non farmi sentire parte di tanto orrore umano che, in qualche modo, è dentro di me. È me. Ho paura di perdere la mia follia, le mie fedi: indossare una delle tante maschere ambigue e “responsabili” in svendita. È una bella battaglia elettorale grazie alla Clemente che, principalmente, ognuno di noi combatterà contro sé stesso, contro il traffichino, il disilluso, il cinico, il baro, lo sbadato, il menefreghista, l’opportunista… che è parte di noi: l’odore del nostro sangue.
Quella voglia atavica di sottoscrivere tutti i “contratti” fotocopia dei candidati: più efficienza, più diritti ai deboli, più verde, più trasposti pubblici, più sicurezza…insomma quella falsa santità del più tutto a tutti che ci corrompe, ma solo quando ci fa comodo e che, corrompendoci, ci fa sentire anche in buona fede. NO. Abbiamo la possibilità di non soccombere al tedio di noi stessi: Forza Napoli e Forza Alessandra Clemente.