Negli ultimi tempi il volto con cui il governo italiano si presenta nel proscenio internazionale e di fronte ai suoi stessi cittadini oscilla fra l’immagine di Maramaldo, icona della massima viltà, e quella di don Abbondio, precursore della commedia all’italiana.
Il primo e più grave atto di viltà è stata la decisione di bloccare i finanziamenti all’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro dei profughi palestinesi nel Vicino oriente) su istigazione di Israele; istigazione prontamente raccolta dagli Stati Uniti e dai più fedeli alleati occidentali (Canada, Australia, Regno Unito, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Giappone, Austria e Nuova Zelanda). La decisione di strangolare l’Unrwa, l’unica Agenzia delle Nazioni Unite che ha la capacità logistica per fornire i servizi essenziali per la vita dei palestinesi nel momento di massimo bisogno, non uccide solo un uomo morto (come fece Maramaldo) ma incide sulla capacità di sopravvivenza di un intero popolo sottoposto ad una spaventosa violenza, a rischio di genocidio. La strage dei sette cooperanti dell’Ong statunitense World centralkitchen, avvenuta il primo aprile, ha reso la sofferenza per fame ancora più drammatica, ma non ha determinato nessun ripensamento rispetto alla scelta scellerata di strangolare l’Unrwa, neanche quando il 22 aprile sono stati resi noti i risultati di un’indagine indipendente guidata dall’ex ministra degli esteri francese Catherine Colonna.
Il rapporto, commissionato dalle Nazioni Unite, ha concluso che Israele non ha fornito alcuna prova delle accuse di coinvolgimento di personale dell’Unrwa negli attacchi terroristici di Hamas e della Jihad islamica, facendo venir meno ogni pretesto per il boicottaggio dell’Agenzia. Soltanto dopo l’intervento all’Assemblea delle Nazioni Unite (7 maggio) del presidente Mattarella, che ha riconosciuto la funzione essenziale dell’Unrwa e la necessità di continuare a finanziarla, il governo italiano ha fatto una mezza marcia indietro, dichiarando, per bocca del vice-ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, che la ripresa ci sarà: “Ma non come prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre”. Il finanziamento avverrà su progetti specifici che saranno valutati “affinchè non ci siano più commistioni con organizzazioni terroristiche”. Detto in altre parole: smetteremo di maramaldeggiare (forse), ma rivendichiamo il nostro gesto.
Nella corsa per conseguire il premio Maramaldo, si è inserito anche il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Prima ancora che venisse suonata la ritirata sul boicottaggio dell’Unrwa, è spuntata una curiosa ordinanza dell’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, datata 3 maggio, avente ad oggetto: “Interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle Ong sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale”. L’ordinanza prevede misure sanzionatorie, fino al fermo dell’aeromobile a chiunque faccia salvataggio in mare “fuori dal quadro normativo vigente”. In perfetto stile orwelliano si motiva il divieto di svolgere l’attività di salvataggio osservando che “le indebite azioni di intervento rischiano di compromettere l’incolumità delle persone migranti”. Secondo l’Ong tedesca Sea Watch questa strana ordinanza punta a fermare proprio i velivoli dell’organizzazione che fanno base sull’isola di Lampedusa. “Lo scopo è bloccare i nostri aerei di ricognizione, ovvero gli unici occhi della società civile nel Mediterraneo. Occhi fondamentali per documentare le quotidiane violazioni dei diritti umani che vi avvengono, comprese quelle perpetrate dalla cosiddetta Guardia costiera libica, attraverso motovedette e risorse, generosamente elargite dal governo italiano”. Non far vedere al pubblico quello che succede nel Mediterraneo centrale al di fuori delle acque territoriali, è il modo migliore per rendere la morte invisibile ed evitare crisi di coscienza a un Paese governato da un presidente, detto Giorgia, che ama definirsi: donna, madre, cristiana. Del resto, dice il proverbio:“occhio non vede, cuore non duole”. Dopo tanto maramaldeggiare, avanza anche la figura di don Abbondio.
Il 10 maggio l’Italia si è astenuta sulla storica mozione dell’Assemblea Generale che riconosce la Palestina come qualificata a diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, raccomandando al Consiglio di sicurezza di “riconsiderare favorevolmente la questione”. La mozione è stata approvata con 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astenuti. L’Italia non ha avuto il coraggio di contraddire gli Stati Uniti votando a favore dello Stato palestinese. Del resto, come rifletteva don Abbondio, illustre predecessore del nostro ministro degli Esteri: “Uno il coraggio se non ce l’ha, non se lo può dare”.