Gentile Zingaretti, i provvedimenti della Procura di Napoli (che hanno coinvolto collaboratori strettissimi del presidente della Regione Campania De Luca) meriterebbero qualche suo commento, visto che riguardano scelte e comportamenti gravi almeno quanto quelli dei vertici della Regione Lombardia. Le inchieste sono relative alla costruzione di strutture anti-Covid e alle modalità di effettuazione dei tamponi, cioè il cuore della politica sanitaria degli ultimi mesi. Sono state quelle scelte a consentire la ricandidatura di De Luca, capovolgendo nei fatti orientamenti a sostituirlo, e oggi esse si dimostrano opache e inefficienti.
Lei, ad esempio, metterebbe un consigliere regionale della sua maggioranza a occuparsi nel Lazio di appalti nella sanità? Come è accaduto con Luca Cascone, oggi accusato di turbativa d’asta per i tre ospedali Covid senza avere alcun ruolo istituzionale. E perché mai le imprese si riferivano essenzialmente a lui e non agli organi o ai funzionari incaricati di seguire gli appalti? E lei, quale segretario e presidente della Regione Lazio, avrebbe mai permesso che una struttura pubblica (l’Istituto Zooprofilattico) insediasse i suoi macchinari in un centro di analisi privata a cui poi è stato assegnato un grande appalto per i tamponi? E ci vuole spiegare perché l’Asl Napoli 1 non viene sciolta per infiltrazione camorristica? Al comando di quell’Asl c’è un certo Ciro Verdoliva, che in qualsiasi altra Regione sarebbe stato cacciato da tempo. È implicato in vari processi, è stato anche agli arresti domiciliari, ma continua a godere della fiducia di De Luca. Anche lui è implicato nella indagine sugli ospedali Covid mai aperti e mai collaudati. Conosce l’inchiesta della procura di Napoli su uno degli ospedali di quell’Asl, il S. Giovanni Bosco?
Il capo della Procura, Giovanni Melillo, nella conferenza stampa dopo l’arresto di diversi esponenti dei clan Contini, Mallardo e Licciardi disse: “Gli uomini dei clan controllavano il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali. L’ospedale era diventato la base logistica per numerose trame delittuose”. Tutto l’iter per lo scioglimento è stato già definito da tempo ma non è stato ancora emesso il decreto. Non credo che De Luca abbia tanto potere da condizionare un ministro serio come Lamorgese. Allora chi ha chiesto di procrastinare il tutto a dopo le elezioni?
Ma è ancora più grave ciò che sta avvenendo nella predisposizione delle liste. Ben 14! I nomi degli intramontabili uomini del potere meridionale ci sono tutti. Non manca nessuno all’appello. E chi non ha potuto inserire il proprio nome per impedimenti della magistratura o di altro tipo si è fatto sostituire dai figli o da parenti stretti. È la più estesa “coalizione familistica” della storia politica meridionale, il più massiccio spostamento di personale politico da uno schieramento all’altro che si riscontri nella storia elettorale italiana. Alcune liste sono fatte quasi esclusivamente da candidati già presenti prima nel centrodestra: esponenti di FI, Lega ed ex consiglieri di Msi e FdI. Alcuni transfughi hanno sostenuto a spada tratta uomini coinvolti in rapporti con clan camorristici. Succede che si cambi idea, ma almeno poi si prendono le distanze dalle persone che prima si sostenevano. Invece si passa da uno schieramento all’altro parlando ancora bene di Cosentino, di Cesaro e di tutti i politici del centrodestra implicati in relazioni con i clan. Questo non è semplice trasformismo, è trasformismo menefreghista della legalità. De Luca vuole umiliare chi voleva sostituirlo. Perciò sta rafforzando le liste che portano il suo nome per dimostrare che può vincere senza che il Pd sia decisivo.
Dulcis in fundo. A compilare le liste civiche c’è Nello Mastursi, già capo della segreteria di De Luca nel 2015. È stato condannato a 18 mesi per aver promesso al marito di una magistrata un incarico in un’Asl che poi fece una sentenza favorevole a De Luca che stava rischiando la decadenza da presidente della Regione in base alla legge Severino. La sentenza alla fine arrise a De Luca, che salvò la sua carriera; il giudice fu trasferito; il marito rinviato a giudizio (e poi arrestato in un altro scandalo relativo ad appalti nella sanità) e Mastursi condannato con rito abbreviato. Ora è tornato alla grande, partecipa alle riunioni e tratta con i potenziali candidati. De Luca lo aveva allontanato sostenendo che aveva agito a sua insaputa. Anche adesso compila le liste di De Luca all’insaputa di De Luca? Quali sono le regole del Pd? Nessun “impresentabile” nelle proprie liste, ma si accetta che a fare le liste alleate ci sia un condannato? Tutto ciò è degno dello Sciascia di Todo Modo. Ma per non scomodare un maestro, accontentiamoci di Cetto La Qualunque.