Questo è un appello, cari Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti. Un appello che speriamo colga nel segno e vi convinca a fare quell’ultimo passo che fino a poche settimane fa sembrava impossibile, quello di un’alleanza di governo tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle. Sappiamo che è sfida molto difficile, che bisogna superare molti mal di pancia, che è necessario fidarsi di politici famosi per la loro inaffidabilità, che entrambi guidate movimenti politici deboli e frammentateri, che l’esperienza del governo gialloverde è talmente vivida e divisiva da richiedere parecchia capacità di passare oltre, da parte di entrambi, che ve ne siete dette talmente tante da poter passare i prossimi cinque anni a rinfacciarvele.
Eppure, cari Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, questo è il momento di provarci per almeno dieci buone ragioni.
La prima: è il momento di provarci perché bisogna approfittare degli errori altrui. E Matteo Salvini ne ha fatti parecchi in questa lunga estate caldissima, offrendovi una possibilità di riscossa su un piatto d’argento. Pensateci: se dopo il voto sulla Tav - dove ha vinto il braccio di ferro coi Cinque Stelle - si fosse limitato a prendere atto dell’ennesimo trionfo, oggi avremmo l’autonomia delle regioni del Nord, avremmo una legge di bilancio incardinata sulle riduzioni fiscali ai ricchi, avremmo un decreto sicurezza ter, pure, figlio dei ricorsi (vinti) al Tar dalle Ong come Open Arms contro il sicurezza bis. E invece - ops! - abbiamo un governo dimissionario, una strana congiunzione astrale che ha sorprendentemente (quasi) appianato divisioni che sembravano fino a poco tempo prima insormontabili. E Salvini che arriva addirittura a pregare Di Maio di tornare assieme, dopo essere stato lui a lasciarlo, per il timore di essere spedito all’opposizione.
La seconda: perché c’è una legge di bilancio da approvare, e l’Italia non ha bisogno di guerre con l’Europa, né di meno tasse per i più ricchi, né di spread a 500. Ha bisogno di una rivoluzione energetica, di tempo pieno per tutti, di un vero fondo per l’innovazione alla francese, di un salario minimo fatto come si deve, del superamento di un welfare fondato sulla tutela del posto di lavoro, con un welfare fondato la tutela della persona, come in tutti i Paesi del mondo, come sia il reddito d’inclusione sia il reddito di cittadinanza suggeriscono di fare. Insomma, c’è abbastanza convergenza per fare del prossimo esecutivo il governo dello sviluppo sostenibile, della scuola, dell’innovazione e del nuovo sostegno alle povertà, italiane e straniere.
La terza: perché anche solo la prospettiva che si possa passare dall’emergenza migranti all’emergenza clima nel giro di un’estate è roba da fare i monumenti al barman del Papeete, o a chiunque abbia consigliato Salvini di aprire una crisi di governo. Ma pure dall’emergenza Tav all’emergenza scuola. O dall’emergenza condono fiscale all’emergenza degli inventivi all’innovazione. Insomma, è l’occasione perfetta per cambiare l’agenda del Paese. Per cambiare i titoli ai giornali. Per occuparsi di problemi reali e non di quelli percepiti, per non farsi dettare più il programma dai talk show di Retequattro, almeno per un paio d'anni buoni.
La quarta: perché i vostri elettorati sono con voi. Lo dicono i sondaggi, che hanno certificato una crescita di Pd e Cinque Stelle dall’inizio della crisi, e il primo calo della Lega da un anno e mezzo a questa parte. Lo dicono le rilevazioni secondo cui sei elettori su dieci del Pd e dei Cinque Stelle vedrebbero con favore un alleanza di giallorossa. Lo dicono i venti e rotti mila commenti del blog di Beppe Grillo, quasi tutti favorevoli all’accordo. Lo dicono quasi tutti i rappresentanti di quell’elettorato, che dell’alleanza con la Lega non ne potevano più.
La quinta: perché c’è da eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, auspicabilmente autorevole abbastanza da non sottostare ai diktat di un Presidente del Consiglio come Matteo Salvini, che ha dimostrato da Ministro degli interni di voler piegare le leggi ai suoi bisogni, nel nome di quei presunti sessanta milioni di italiani che lo sosterrebbero, del cuore immacolato di Maria e magari pure di qualche potenza straniera - sarà la magistratura a dirlo - desiderosa di destabilizzare l’Europa, usando uno dei suoi anelli deboli.
La sesta: perché l’Italia ha bisogno di un briciolo di umanità. E della disumanità che abbiamo dimostrato con l’Aquarius, con la Diciotti, con la Mare Jonio, con la Open Arms, con gli occhi chiusi di fronte alle torture nelle carceri libiche, chiamando sicuri porti che non lo sono, usando le vite disperate di bambini e donne incinte come armi di ricatto contro gli altri Paesi europei, non ne vogliamo più sentir parlare, almeno per un po’. Né vogliamo esserne responsabili.
La settima: perché non c’è ragione per non farlo. Perché l’unico modo per essere sicuri che Salvini governi indisturbato per i prossimi vent’anni è regalargli qui e ora la maggioranza assoluta del Parlamento - grazie a una legge elettorale suicida e folle che andrebbe cambiata tutti assieme, una volta per tutte - e fargli eleggere un Presidente della Repubblica compiacente, che gli permetta di fare ciò che vuole. E se il problema si chiama Conte Bis, davvero, alziamo le mani.
L’ottava: perché quel che vuole Salvini, per sua stessa ammissione, è insediare in iIalia un regime di democrazia illiberale sul modello della Polonia e dell’Ungheria, o della Russia, Perché i decreti sicurezza, uno e due, raccontano questo. Perché l’alleanza con l’ala più reazionaria della Chiesa racconta questo. Perché l’ammirazione per personaggi com Viktor Oban e Vladimir Putin, Donaldq Trump e Jair Bolsonaro racconta questo.
La nona: perché non potete permettervi che vada male. Che una volta partiti prevalga chi ve l’aveva detto, o chi aspetta il vostro cadavere lungo il fiume. E questa è la miglior assicurazione per sperare che possa andare bene, o meno peggio.
La decima: perché siete la prima e la seconda forza del parlamento italiano. E questa è una repubblica parlamentare. Non c’è accordo più legittimo di questo, E Salvini può portare in piazza tutta la gente che vuole, ma non può negare l’evidenza.