I voti per Mattarella sono cresciuti parallelamente all’incapacità dei leaders di indicare una nuova candidatura per la Presidenza della Repubblica. Certo, c’è chi ha dato l’indicazione di Mattarella, ma la novità è che ha convinto i parlamentari e i voti sono cresciuti fino ad indicare ai leaders la via d’uscita dal tracollo istituzionale che si stava profilando. Per fortuna Mattarella ora è di nuovo Presidente, ma la crisi della democrazia italiana resta seria.
Da destra e non solo verranno assalti per cambiare la Costituzione, puntando su estrema personalizzazione e presidenzialismo. Bisogna rendersi conto che in gioco non c’è solo il modo per eleggere il Presidente della Repubblica ma il suo ruolo e la sua funzione. Mattarella ha dimostrato di essere garante dell’unità nazionale e del rispetto della Costituzione e quindi dell’equilibrio tra i poteri. Ad esempio dell’autonomia della magistratura di cui presiede il CSM, del ruolo della Corte Costituzionale di cui nomina 5 componenti, ecc. Un Presidente eletto direttamente non può essere un garante perchè è il capo di una maggioranza che ha vinto. Quindi per definizione è di parte.
L’elezione diretta del Presidente porterebbe a cambiare la Costituzione perché investirebbe i poteri e i loro contrappesi, indispensabili in democrazia. Troppi strappi sono stati fatti alla Costituzione e per invertire la rotta occorre tornare ai suoi fondamenti.
Due presupposti si sono rivelati falsi. Il primo è che la sera occorre sapere chi ha vinto le elezioni, il secondo è che il maggioritario aiuta a governare.
In Germania hanno costruito in 2 mesi programma e coalizione e ora hanno un governo destinato a durare sulla base di scelte coraggiose.
Il maggioritario in Italia non ha aiutato né sinistra né destra a governare. Prodi ha vinto nel 2006 ma è andato in crisi nel 2008. Berlusconi ha vinto con una maggioranza bulgara nel 2008, ma è andato in crisi nel 2011.
Il maggioritario ha spinto a prendere più voti possibili, ma le coalizioni allargate allo spasimo erano fragili dentro, mentre maggioranze costruite dopo il voto sulla base di un accordo politico possibile hanno buone probabilità di reggere. Il maggioritario porta con sé la convinzione che occorre imporre alla minoranza le scelte di chi ha vinto e per questo risultato occorre che i parlamentari siano soldatini fedeli al capo. Dal porcellum fino al rosatellum i parlamentari sono stati nominati dall’alto, dai capi, lodevoli eccezioni confermano che la loro autonomia e qualità è caduta. Ormai non abbiamo solo cambi di casacca di singoli parlamentari ma di interi partiti, vedi Italia Viva, i cui parlamentari infatti debbono l’elezione a Renzi.
Nuovi regolamenti parlamentari possono mettere ordine, ma la questione di fondo è approvare una nuova legge elettorale che ripristini un rapporto di fiducia tra eletto ed elettore.
Per di più il prossimo parlamento sarà ridotto a 400 deputati e 200 senatori. La pretesa del M5Stelle e la subalternità degli altri partiti ha portato a questa assurda modifica, che renderà molto difficile una rappresentanza dei territori, delle opinioni politiche e culturali, soprattutto al Senato. Questo taglio ha portato un forte colpo al ruolo del parlamento, purtroppo con la complicità degli stessi parlamentari.
L’unico intervento in tempo utile prima delle prossime elezioni è approvare una legge elettorale proporzionale, tenendo presente che il taglio dei parlamentari porta l’attuale soglia di sbarramento del 3% per eleggere un parlamentare di fatto verso il 5%. In molte regioni per il senato ci saranno soglie reali oltre il 30%.
Non basta la proporzionalità. Occorre ristabilire un rapporto diretto eletto/elettori per ricreare fiducia e credibilità. Questo non basterà a ridare slancio alla democrazia in crisi, occorre attuare l’articolo 49 sui partiti e i partiti debbono cercare di non essere solo comitati elettorali. Tuttavia ricostruire un rapporto diretto eletto/elettore è una chiave fondamentale.
Parlamentari rappresentativi, scelti direttamente dagli elettori possono aiutare il parlamento a riconquistare la sua centralità costituzionale, rimettendo su binari corretti il rapporto con i Governi, oggi capovolto, di questo si è avvertita una fiammella nel ruolo svolto nell’elezione del Presidente della Repubblica.La democrazia in Italia non può perdere anche questa occasione.
Alfiero Grandi