La Lega di Matteo Salvini si è posta – con parole e opere – fuori dalla Costituzione, e davvero ai limiti della democrazia: se non già fuori. E la storia è piena di esempi di democrazie spazzate via da risultati elettorali “democratici”. Come uscire, dunque, da questa letale aporia del sistema? Per quanto formalmente legittimi, passi come il rinvio del voto, la costituzione di nuove maggioranze parlamentari o di nuovi governi tecnici avrebbero un costo politico altissimo: e, in ultima analisi si rivelerebbero dei boomerang, consentendo a Salvini di cavalcare (impropriamente, ma non per questo meno efficacemente) la retorica del “ribaltone”.
L’impressione – infondata, ma poco importa – sarebbe quella di una stretta contro la democrazia. Dunque, la domanda decisiva di queste ore non è se votare o no: ma come votare. Con quale legge elettorale. Ebbene, da passaggi stretti e insidiosi come questi si esce solo con più democrazia: anzi, con la massima democrazia possibile. E non c’è nulla di più democratico di una legge elettorale puramente proporzionale, senza sbarramenti e premi di maggioranza.
Un’Italia così profondamente divisa ha bisogno di un Parlamento che rispecchi fedelmente l’articolazione delle opinioni presente nel Paese. Una legge elettorale proporzionale garantirebbe tutti, invitando a tornare a votare anche coloro che non lo fanno da molto tempo. Quella legge darebbe a ciascuno il suo: a partire dalla Lega, probabilmente il primo partito italiano. Un partito a cui nessuno vuole togliere nemmeno un capello: ma nemmeno dare un capello in più di potere rispetto ai voti effettivamente conquistati.
È possibile che anche con un proporzionale puro la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e annessi e connessi possano raggiungere la maggioranza in Parlamento. Benissimo (anzi, malissimo): che governino, assumendosi la responsabilità dell’esercizio provvisorio e di tutti gli atti di Salvini. Ma c’è un limite, invalicabile: non devono poter cambiare le regole del gioco, modificando unilateralmente la Costituzione. Né un partito da solo deve poter eleggere l’arbitro, cioè il prossimo presidente della Repubblica (che comunque, dal quarto scrutinio, sarà nella disponibilità della maggioranza).
Finora l’estrema debolezza politica di Movimento 5 Stelle e Partito Democratico ha permesso a Salvini di fare tutto ciò che voleva con il 17% dei voti: una follia di cui gli elettori dovranno chiedere conto. Ma ora si tratta di evitare danni irreversibili.
Tutto il sistema delle garanzie interne alla Carta (a partire dalle procedure previste nell’articolo 138) funziona solo in un sistema proporzionale. Una scellerata politica “multipartisan” ha spezzato da tempo questo congegno giusto ed efficiente: ora è venuto il momento di rimetterlo in funzione. Lo strumento più adatto sarebbe un governo “del presidente” – cioè voluto e garantito dal garante della Costituzione, il presidente Sergio Mattarella – che abbia come unico, trasparente scopo la sollecita sostituzione dell’indegno Rosatellum con una legge elettorale proporzionale. Con i voti di 5 Stelle e Pd lo potrebbe fare in pochissimi giorni.
Si tratterebbe non solo di una (necessaria) messa in sicurezza della democrazia in Italia di fronte a un pericolo mai così oggettivo e incombente. Sarebbe anche la chiusura di una lunga stagione di “corruzione” del nostro sistema parlamentare e politico, e la ricostruzione di un parlamento finalmente capace di rappresentare gli italiani. Il Movimento 5 Stelle potrebbe, dopo la sua disastrosa esperienza di governo, darsi un senso e un futuro, e il Partito Democratico avrebbe l’occasione di riparare a una fatale sequela di errori. Ma soprattutto avremmo difeso l’unica cosa a cui non possiamo rinunciare: la democrazia.