Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace
L’osceno regalo con cui Trump vuole premiare Putin per la sua aggressione all’Ucraina, e punire il popolo ucraino per la sua eroica resistenza di quasi tre anni alla ferocia del despota del Cremlino, costituisce una tragedia per la democrazia, una catastrofe per l’Europa, e la vergogna e la decomposizione per la sinistra.
La democrazia ucraina avrebbe potuto ricacciare l’invasore, se il governo americano e i governi europei avessero dato al paese aggredito tutte le armi necessarie per difendersi, fin dal primo momento. In realtà potrebbero farlo perfino adesso, dopo che tre anni di aiuti col contagocce, senza aerei e missili a lungo raggio, hanno pregiudicato la situazione militare a vantaggio dell’aggressore. Una dittatura, oltretutto, non dimentichiamolo, un regime dove i giornalisti che non fanno serenate al regime ma riportano notizie finiscono in Siberia oppure assassinati (pratiche che il despota somministra allegramente anche ai suoi oligarchi al minimo sospetto di obbedienza non sufficientemente perinde ac cadaver).
Una disfatta per la democrazia, questo è per il momento l’unico “piano di pace” fatto trapelare da Trump: la resa dell’Ucraina alle condizioni di Putin. Il “piano Trump” impone alle democrazie di tutto il mondo che alla sanguinaria prepotenza di un despota l’unica risposta “giusta” è lo spirito di Monaco. Ma una “pace” contro ogni giustizia, una “pace” che premia il crimine e l’oppressione, è una pace illusoria.
Per almeno due motivi.
Una pace illusoria
In primo luogo perché il violentatore premiato viene potentemente allettato a tentare nuove violenze, visto il felice esito della prima. E Putin aveva già dichiarato urbi et orbi, reiteratamente, che la sua missione storica è restaurare il Russkij Mir, riportare alla Madre Russia tutti i territori dove il “da” suona. L’Ucraina perciò costituisce solo la prima impresa del suo destino di nuovo zar, il cui successo incoraggia l’autocrate a credere che Gott mit uns. E perciò potranno seguire Moldavia, Georgia, Paesi baltici …
In secondo luogo è che un popolo schiacciato e deriso per la viltà dei governi americano ed europei dopo due anni di eroismo e sangue, coverà per generazioni il risentimento e affiderà la sacrosanta volontà di riscatto al nazionalismo più bieco, fino a nuovi fascismi, pur di sperare di rovesciare i verdetti. Un’altra democrazia che tracolla fornendo alimento alle forze antidemocratiche che in Europa vanno dilagando.
Una catastrofe per l’Europa
Questa tragedia per la democrazia sarà anche catastrofe per l’Europa. Il regalo di Trump a Putin viene fatto a spese dell’Europa, al prezzo della sua disintegrazione. Non solo l’Europa viene tenuta fuori dalla “trattativa per la pace”, cioè dal patto leonino che Trump e Putin stipuleranno sulle macerie dell’Ucraina (“hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”), ma le divisioni a causa della “soluzione Trump” non faranno che acuirsi: tra i paesi scandinavi e baltici più la Polonia, che per lucidità da memoria storica prendono sul serio la minaccia e volontà imperial-neo-zarista di Putin, i paesi già filo putiniani come l’Ungheria di Orbán, la Slovacchia e (secondo i sondaggi per le vicine elezioni) la Romania, e la palude del “ciascuno per sé” che di fatto ha guidato la politica di Francia, Germania, Spagna, Italia…
La guerra dei dazi di Trump non fa che accentuare e accelerare questo processo di disintegrazione, poiché punta a trattative e trattamenti separati paese europeo per paese europeo, e le otterrà, visto che ahimè non esiste nessuna Europa in un ambito che sia strategico: non sul piano militare, non sul piano della tassazione (le due premesse per l’esistenza di una entità politica), meno che mai dei diritti sociali, e analogamente dei diritti civili quali aborto, fine vita, matrimonio omosessuale. Della banca e della moneta, si dirà, ma è falso, solo alcuni dei paesi dell’Unione europea hanno adottato l’euro e i diktat della sua banca.
La sinistra indecente
La vergogna e la decomposizione della sinistra, infine. Che in grande maggioranza, spesso schiacciante, certamente a livello di opinione, elettorato, portavoce intellettuali, si è manifestata (anche nel senso di scendere in piazza) contro l’invio di armi alla resistenza ucraina, dunque per spostare i rapporti di forza militari a vantaggio dell’invasione di Putin e dei suoi massacri (o vogliono farci credere di non essere consapevoli di questa elementare verità materiale, che se non dai armi a una parte in conflitto rafforzi l’altra?).
Eppure, a differenza di quanto sostiene Alessandro Manzoni, che “la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto che ogni parte abbi soltanto dell’una o dell’altra”, il conflitto russo-ucraino è un esempio da manuale dove il torto sta tutto da una parte, dove tra carnefice e vittima non vi è ombra di dubbio o zona d’ombra.
Infatti.
L’esercito più potente d’Europa, al servizio di un dittatore efferato che ha sbandierato in tutti i proclami la sua vocazione imperial-neo-zarista, invade un piccolo paese di recentissima indipendenza (proprio per il crollo dell’impero sovietico in cui era stato inglobato) e ancor più recente democrazia.
Sinistra marrana contro giustizia-e-libertà
In un caso del genere la reazione di ogni democratico, massime se poi di sinistra o addirittura con aspirazioni rivoluzionarie, dovrebbe essere automatico, pavloviano, addirittura. Perché la stella polare della sinistra non può che essere giustizia-e-libertà, e dunque condanna per l’aggressore e solidarietà con l’aggredito, e ogni aiuto alla resistenza contro l’oppressore. Con le armi, ovviamente, perché con le giaculatorie nessuna resistenza ha mai ricacciato l’invasore (Leone Magno che ferma le orde unne di Attila solo con una croce? Davvero?). Con tutte le armi necessarie, e innanzitutto con il controllo dello spazio aereo (l’ho sostenuto nel primo articolo per questo sito, immediatamente dopo l’invasione). Per ricacciarlo entro i propri confini.
Una sinistra che non reagisce così ha già cessato di essere sinistra, si è più o meno consapevolmente consegnata al “realismo” geopolitico, dove contato solo i rapporti di forza tra potenze e libertà, giustizia, verità sono vuote parole di anime candide. Una sinistra marrana.
Ma questo semmai è riaffiorare staliniano, che di sinistra non ha nulla se non affossare una rivoluzione. Una sinistra tradita (già con Lenin e Trockij, del resto, quando reprimono Kronstadt che chiede potere al soviet, dopo che hanno preso il Palazzo d’Inverno con la parola d’ordine “tutto il potere ai soviet”). E non si torna certo a sinistra solo perché ci si ricopre della veste talare bianca di Sua Santità.
Pur di sfuggire a questa logica, tassativa dell’“essere a sinistra”, qualcuno (troppi) farfuglia che in realtà ad aggredire non è stato Putin, il Cremlino è stato costretto a difendersi, si è limitato a rispondere alla aggressione della Nato. Aggressione della Nato? Dove? Quando? Qualcuno sa dire di eserciti Nato che hanno violato le frontiere della Russia di Putin. Nessuno, naturalmente. Perché non è avvenuto.
Aggressione della Nato?
Ma l’aggressione c’è stata, si arrampica sugli specchi lo stalinian-papista (più o meno consapevole), non nel senso di invadere la Russia ma di averla cinta d’assedio (il che comunque farebbe una ciclopica differenza!), la famosa e famigerata “espansione della Nato”. Sfugge che la Nato non è una entità che possa espandersi, ma un’alleanza a cui si può aderire e da cui si può uscire (lo fece al novanta per cento De Gaulle per la Francia, or non è guari). La Nato non si è “espansa”, non ha invaso nessun paese per costringerlo ad aderirvi. Al contrario: alcuni paesi, dopo il crollo dell’Urss e che continuavano a sentirsi minacciati anche dalla nuova Russia e da possibili rigurgiti neo-imperiali (dagli torto!), una volta indipendenti e con parlamenti democraticamente eletti, hanno chiesto di aderire alla Nato. Un paese che non potesse scegliere se entrare o meno in un’alleanza non sarebbe una democrazia ma un paese a sovranità amputata (alla fine ha chiesto l’adesione anche la Svezia, rompendo una secolare tradizione di neutralità, tanto la minaccia putiniana di “allargamento”, questo sì, è incombente).
Antidoti: Orwell, Arendt
La volontà di aderire alla Nato da parte di un numero crescente di paesi può essere spacciata come “allargamento” della Nato solo trattando il significato delle parole come fa “Il Grande Fratello” di 1984 di Orwell. Violentandole, e violentando le “modeste verità di fatto”, senza il riconoscimento e la cura delle quali secondo Hannah Arendt iniziava il processo totalitario. Negazione dell’essere a sinistra e dei suoi valori costitutivi che più negazione non si può e che pure viene praticata da tanti che di sinistra, financo rivoluzionari, si spacciano (e magari ci credono). Solo una sinistra illuminista, e per la quale “la verità è rivoluzionaria”, potrà far rinascere la sinistra.