L’ipocrisia dei “riconoscimenti” dello stato di Palestina

di Lorenzo Guadagnucci - comune-info.net - 31/07/2025
Di fronte alla furia distruttrice di Israele parlare di Stato di Palestina è soltanto propaganda e crudele ipocrisia. Perché le classi dirigenti europee di fronte al genocidio non fanno quello che potrebbero fare, cioè interrompere immediatamente gli invii di armi e le collaborazioni militari con Israele?

Ancora una volta, l’improvviso attivismo diplomatico di alcuni paesi europei – per ora Francia e Gran Bretagna, altri forse si aggiungeranno – sul genocidio a Gaza è rivelatore della crisi profonda, della débâcle delle attuali classi dirigenti. Il riconoscimento dello stato di Palestina, peraltro rinviato a settembre e sottoposto a varie condizioni, è concepito nelle cancellerie europee come un passo coraggioso, uno scatto in avanti che finalmente rompe gli indugi. E invece non è niente. A genocidio in corso, e mentre procedono sia la pulizia etnica sia i piani israeliani di annessione della Cisgiordania, compiere “passi” del genere e declamare il consunto slogan “due popoli due stati” senza fare nulla di concreto, è un misto di crudele ipocrisia e di insopportabile insipienza.

I capi di stato e di governo europei non sono semplici attivisti o volenterosi intellettuali che possono limitarsi a fare enunciazioni di principio ché altri strumenti non hanno; capi di stato e di governo, se davvero hanno a cuore la sorte dei palestinesi, dello stesso popolo israeliano, della diplomazia internazionale, hanno il dovere di agire, di mettere in campo delle azioni concrete. Di fronte al genocidio occorre interrompere immediatamente gli invii di armi e le collaborazioni militari con Israele; devono essere introdotte sanzioni mirate contro il premier e i suoi ministri, contro i principali generali dell’esercito israeliano; le squadre sportive  israeliane devono essere escluse  dalle competizioni sportive internazionali; le forniture di materie prime utilizzabili militarmente devono essere interrotte; vanno intraprese azioni legali contro i dirigenti israeliani per crimini di guerra e contro l’umanità davanti alle corti internazionali; dev’essere programmato e preparato  – perché no? – l’invio di una forza di interposizione che separi l’esercito israeliano dai gazawi e che protegga la popolazione palestinese in Cisgiordania (Israele, che è alleato dell’occidente, non potrebbe dire di no a una coalizione europea).

Sono questi i provvedimenti che dobbiamo aspettarci, le misure che dovremmo chiedere ai nostri governi. Tutto il resto – i proclami, le lettere di lamentela, le dichiarazioni e gli annunci – è pura propaganda, un modo ben conosciuto per pulirsi la coscienza di fronte allo smisurato orrore di quel che avviene a Gaza e in Cisgiordania con la complicità delle cancellerie occidentali, le quali nel disastro di Gaza stanno perdendo ogni credibilità democratica; stanno distruggendo dall’interno non solo la forma ma l’idea stessa di Europa, un progetto nobile che affondava le sue radici – dobbiamo ricordarlo ancora una volta? – nel rifiuto della forza come regolatrice dei rapporti internazionali e nell’affermazione che la dignità della vita, di ogni vita, è il principio cardine della nostra civiltà.

La verità è che l’Europa sta collaborando al genocidio di Gaza, al punto che capì di stato e di governo europei, e anche i privati che forniscono l’esercito israeliano, potrebbero essere chiamati un giorno a rispondere in sede giudiziaria– se ancora esisterà un diritto internazionale con le sue Corti – della loro complicità. Le parole e gli annunci non bastano più, servono fatti concreti e servono subito.

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