La propaganda di Meloni, tra il flop Albania e l’assalto ai giudici

di Massimiliano Perna - ilmegafono.org - 09/02/2025
Nel nostro Paese il dissenso non trova molto spazio, le piazze sono sfilacciate o vuote. Sarebbe ora di seguire l’esempio tedesco e riprenderci le strade della democrazia.

L’ennesima figuraccia di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi e della maggioranza di governo sulla vicenda dei trasferimenti di migranti in Albania, non ferma la destra e la sua sete di proseguire in questa orrida esibizione di muscoli e propaganda. Dopo le forzature, a suon di decreti, finalizzate ad aggirare le norme nazionali e internazionali, svuotando peraltro sensibilmente il diritto di asilo riconosciuto dalla Costituzione, l’esecutivo italiano continua a sbattere contro la legge. Una legge che smonta i fragili meccanismi sui quali si fondano quei trasferimenti, disponendo il rientro in Italia dei migranti, rimbalzati da una parte all’altra del mare a causa della ottusa e perversa ostinazione della destra sovranista e xenofoba italiana. L’ennesimo stop, arrivato nonostante il governo, dopo i primi provvedimenti contrari, avesse sottratto la competenza ai giudici della sezione immigrazione per trasferirla alla Corte d’Appello, non arresta la brama propagandistica e accende ancora di più lo scontro con la magistratura.

Uno scontro voluto, cercato, alimentato dalla destra, per criminalizzare il lavoro dei magistrati, in modo da renderli sempre più impopolari e creare al contempo consenso per gli aggressivi tentativi di riforma che mirano, alla fine della storia, a schiacciare l’autonomia e l’indipendenza di uno dei principali poteri dello Stato. Un vero e proprio assalto a quello che è anche un fondamentale contrappeso democratico, sul quale nessuno è mai riuscito a mettere le mani. In tale direzione, va letto allora il probabile nuovo tentativo (al quale il governo starebbe pensando) di forzare la mano sulla questione dei trasferimenti in Albania, restringendo sempre di più le competenze e, di fatto, andandosi a scegliere quei giudici che possano decidere in direzione della volontà del governo.

Tentativo che, qualora venisse realmente messo in atto, sembra destinato a essere un altro passo maldestro, proprio perché nessun magistrato potrebbe mai agire contro ciò che è previsto dalle leggi e dalle sentenze in materia, in attesa peraltro della decisione della Corte di Giustizia per quel che concerne l’elenco dei Paesi da ritenere sicuri. Il governo, però, pur di non rinunciare alla sua propaganda antimigranti, utile anche a distrarre da situazioni molto scomode (come il caso Almasri o la vicenda della ministra Santanchè), insiste nel suo piano, perseguito attraverso comportamenti autoritari, accompagnati da una campagna mediatica tesa ad agitare i fan, tra vittimismo, complottismi, distorsioni della realtà e retorica securitaria. Non è un caso che Meloni e i suoi sodali non parlino mai di legge, ma preferiscano riferirsi ai magistrati, in modo da personalizzare lo scontro, trasformare le toghe nel nemico pubblico numero uno, nell’ostacolo allo sviluppo dell’idea di Paese dell’attuale destra, a quel processo di restaurazione che punta a riportare indietro la storia e a ridiscutere o perfino cancellare diritti ormai acquisiti.

Un copione già visto, in Italia e non solo, ma che questa volta non assume i toni quasi cialtroneschi del periodo berlusconiano, delineando piuttosto la minacciosa fisionomia dell’eversione democratica, la stessa che unisce le spinte fasciste che l’internazionale nera promuove in Europa e negli USA. Un assalto pericoloso che va fermato con quei meccanismi sani di cui la democrazia ancora dispone. A partire, nel nostro Paese, dal Capo dello Stato, che presiede il CSM (Consiglio superiore della magistratura) e che forse dovrebbe uscire da questa sterile moderazione o da richiami garbati che, alla fine, come è evidente, cadono nel vuoto. L’attacco ai magistrati, di cui il presidente Mattarella è rappresentante supremo, non può essere accettato e richiede un intervento duro, che arresti questa vocazione al conflitto e alla relativa criminalizzazione dei magistrati da parte della premier, tra complottismi e menzogne di infimo livello.

Sia chiaro che chi scrive non appartiene alla schiera di coloro i quali difendono a spada tratta e acriticamente la magistratura o non riconoscono le distorsioni del sistema, ma ciò non vuol dire accettare che si possa identificare la magistratura come un nemico, un potere da conquistare e sottomettere alla volontà della politica. Perché pensare questo, o addirittura sognarlo e cercare di realizzarlo politicamente, significa avere una visione dittatoriale, autoritaria, fascista. La stessa che si rintraccia nelle parole di un ministro, Nello Musumeci, che dichiara candidamente che gli attacchi ai magistrati piacciono agli italiani, come rivelerebbero alcuni sondaggi riservati. Insomma, menare ai giudici fa crescere il consenso. E, aggiungiamo, aiuta a distrarre il popolo dalle vergogne e dalle gravi mancanze del governo. Tutto ciò dimostra che siamo giunti a uno dei punti più bassi della nostra storia repubblicana. Ecco perché il Capo dello Stato deve intervenire e riportare il governo e il parlamento sulla retta via, indicando la strada del rispetto nei confronti della magistratura e soprattutto dei diritti e delle leggi che li tutelano.

Anche perché, peraltro, tutta la vicenda dei trasferimenti, o meglio delle deportazioni, in Albania, ha risvolti negativi molteplici. Sul piano giuridico, perché l’attuazione di questo progetto è piena di falle in materia di tutela dei diritti umani (come ha spiegato spesso e bene l’ASGI), ma anche sul piano economico, perché questa penosa e inutile esibizione di muscoli e propaganda è costata tanti soldi, oltre un miliardo di euro, che potevano essere destinati ad altre priorità (ad esempio la sanità). Uno spreco di risorse e di personale, un danno nei confronti dello Stato e dei cittadini, attraverso cui il governo e le forze di destra che lo compongono hanno indirettamente finanziato la propria campagna elettorale permanente sulla pelle dei migranti, di gente che ha la sola colpa di essere scappata per andare in cerca di un futuro migliore in Europa. Una scelta, quella del governo, che è dunque insensata e dannosa, ma che evidentemente non toglie il sonno agli italiani, fagocitati dalla retorica della guerra agli ultimi (pompata dalle forze politiche, da giornali e direttori scodinzolanti e da tante ignobili trasmissioni televisive).

Non c’è resistenza, non c’è un’opposizione reale, quella che invece c’è ad esempio in Germania, dove 250mila persone sono scese in piazza, a Berlino, per protestare contro la scalata al potere dell’Afd e contro il leader (e candidato cancelliere) della Cdu, Friedrich Merz, che con l’ultradestra dell’Afd ha votato e fatto approvare in parlamento una mozione (non vincolante) contro l’immigrazione. Una prova di alleanza che, pochi giorni fa, ha conosciuto, per fortuna, una sonora sconfitta, sempre al Bundestag, dove la proposta di legge voluta da Merz e contenente ulteriori restrizioni (in questo caso vincolanti) è stata respinta dal resto del parlamento. Insomma, non sappiamo quale sarà l’esito delle ormai prossime elezioni in Germania, ma di sicuro i cittadini tedeschi non si arrendono al tentativo di riportare indietro la storia. E gli italiani? Nel nostro Paese il dissenso non trova molto spazio, le piazze sono sfilacciate o vuote. Sarebbe ora di seguire l’esempio tedesco e riprenderci le strade della democrazia. 

Massimiliano Perna -ilmegafono.org

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