La “SECESSIONE DEI RICCHI” è lo slogan che piace agli oppositori, amanti della Costituzione o presunti tali (tanto tempo fa tra di loro c’erano i Fratelli d’Italia) della AUTONOMIA DIFFERENZIATA, una definizione troppo anodina che non coglie la pericolosità costituzionale del progetto, mi ha dato fastidio, dalla prima volta che l’ho sentita da De Magistris, allora sindaco di Napoli, davanti a Montecitorio appena dopo i referendum sul tema di Veneto e Lombardia, vinti con larga maggioranza in Veneto 98,1% di Sì e 1,9% NO con un’affluenza del 57,2% e in Lombardia 96,02% di Sì e il 3,98% No, ma con un’affluenza del 38,21% degli aventi diritto, decisamente bassa, ma da far invidia all’Emilia-Romagna 2014 del 37,71%. Alle prime elezioni regionali, successive al referendum, lombarde del 4 marzo 2018 partecipò il 73,10% e la destra vinse con il 49,75%, mentre alle elezioni regionali del Veneto 2015 partecipò il 57,16% e a quelle del 2020 il 61,14% e la destra vinse con il 76,79%.
Nel 2023 le elezioni lombarde sono andate meglio per la destra ma solo in termini percentuali, ma hanno perso un milione di voti, se ripetono l’impresa nel 2025 vincerà il Majorino di turno, a capo di una coalizione più ampia e con una componente di sinistra non simbolica, come i rosso-verdi di questa volta, per di più dimezzata da una norma di sospetta costituzionalità, se non prevista nello Statuto della Regione, per la quale il candidato Presidente, secondo arrivato, entra in consiglio. In sé non è male come principio, vale anche per il candidato sindaco sconfitto, è un argomento contro la pretesa dei “governatori, che le regioni hanno una forma di governo presidenziale. Quello che è sbagliato è che entra sottraendo il seggio non al lista del Partito di appartenenza o a quella con il suo nome nel logo, ma a quella meno votata. È una specie di punizione, come se la sconfitta fosse colpa loro?
La mia fiducia in De Magistris non è mai stata elevatissima, ma è caduta sotto lo zero dopo la sua partecipazione alle elezioni calabresi del 2021 e soprattutto per la gestione di un’onorevole sconfitta del 17%. Una volta per tutte Demagistris non è Mélenchon., qualunque cosa creda e/o abbia fatto credere a chi ingenuamente l’ha scelto come leader di un‘improbabile NUPES in italico ragù: nelle salse, e nelle mobilitazioni popolari, i francesi sono ancora il meglio. Si sono opposti con forza e determinazione alla elevazione dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, noi, in poco meno di un decennio, siamo passati da 60 a 67 anni, che sarebbero stati presto 68, se grazie al COVID e alla privatizzazione della sanità, con la conseguente rinuncia alle cure dei più poveri, non si fosse abbassata l’aspettativa di vita.
Purtroppo lo slogan “la secessione dei ricchi” si è imposto, piace ai pauperisti di sinistra e ai meridionalisti da strapazzo, che di fronte all’occupazione piemontese sono arrivati a rimpiangere il Regno delle Due Sicilie, il pendant dei veneti del contado, che hanno dimenticato che la Serenissima Repubblica era tale per gli aristocratici, i commercianti e gli armatori veneziani, che sfruttavano l’altro veneto, costringendolo all’emigrazione.
Se l’opposizione all’autonomia differenziata diventa Sud contro Nord, hanno già vinto i suoi fautori, grazie a stereotipi apparentemente rimossi, ma annidati nel subconscio anche di persone “perbene”. I cittadini elettori lombardo-veneti (a proposito W l’imperatrice Maria Teresa d’Austria che riformò la tassazione agraria, per incentivare la produttività e fare della Pianura Padana uno delle zone agrarie più avanzate d’Europa) favorevoli all’autonomia ad essere tutti qualificati come ricchi nordisti, che vogliono affamare i poveri sudisti, reagirebbero incrementando il loro sostegno. Non dimentichiamoci, che molti sono stati sobillati da sindaci di centro-sinistra e da settori di un PD a guida renziana.
Francamente, sono rimasto sorpreso che lo sciagurato slogan abbia trovato credito anche in settori del CDC, pur fortemente impegnato per la difesa della Costituzione contro l’autonomia differenziata, più che contro la legge elettorale incostituzionale, che ha dato una maggioranza ampia, molto più ampia del consenso elettorale (60% vs 43%) a chi la farà approvare.
Contro il Sud è chi ha approvato la legge costituzionale n. 1/2020 in prima e/o in seconda lettura (quest’ultima tutta la maggioranza giallo-rosacea del Governo Conte 2 + FdI). Infatti, approfittando del demenziale taglio dei parlamentari fortemente voluto dai 5 Stelle, si è stabilito in Costituzione che il Trentino-Alto-Adige/Südtirol con 1.029.00 abitanti abbia 6 senatori come la Calabria con 1.959.000 abitanti, un calabrese vale poco più della metà di un trentin-alto atesino e, comunque più di un lucano (3 senatori), di un abruzzese ( 4 senatori), di un sardo (5 senatori x circa 1.650.000 abitanti). Per punire il Sud hanno dovuto punire anche gli umbri, i friulani, i marchigiani e i liguri tutti con più abitanti e meno senatori dei trentini-sud tirolesi.
Nessuna reazione del Consiglio regionale calabrese, come pure al fatto che le minoranze linguistiche calabresi, per le leggi elettorali europea e nazionale, valgano meno dei francofoni della Valle d’Aosta, dei germanofoni della Provincia di Bolzano e degli sloveni del Friuli-Venezia Giulia, perché vivono in una regione a Statuto ordinario, come gli occitani delle valli piemontesi, più numerosi degli sloveni e dei franco-provenzali valdostani, tutte lingue, non dialetti, riconosciute dalla legge n. 482/1999, anche se gli albanofoni, se si contane quelli emigrati all’estero o in altre regioni italiane sono più dei germanofoni.
Vogliamo ridurre la questione a meridionali contro settentrionali, terroni contro polentoni o, per quanto un po’, ma non molto meglio, poveri contro ricchi. I ricchi non sono solo quelli che dichiarano tutto al fisco, fossero solo quelli, sarebbero una minoranza, i veri ricchi sono quelli che non pagano le tasse e si godono i profitti dello sfruttamento del lavoro in nero e precario e del crimine. Questi ricchi stanno al Nord e al Sud, come al Centro, non solo in Lombardia o nel Veneto. Parliamo di FdI come erede del MSI, questo partito non l’avrebbe mai permesso, magari per motivi sbagliati come conservare il fascistissimo monumento alla vittoria di Bolzano, quello su cui campeggia la scritta in latino, la lingua ufficiale dell’Impero romano “ Da questi confini civilizzammo gli altri”.
Un referendum o un dibattito politico pubblico basato su contrapposizioni geografiche e non su un’idea di Italia una e indivisibile come recita l’art. 5 Cost., che per la collocazione normativa è uno dei Principi Fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, sono persi, al Nord ci sono più abitanti del Sud. Differenziata è contro questo interesse
Sbaglia anche chi divide il popolo in base o condizione economica e sociale, addirittura per il luogo di residenza, ma l’idea di Repubblica da difendere è quella di democrazia fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo (art. 1), dei diritti inviolabili delle persone (art. 2), dell’uguaglianza e della rimozione degli ostacoli che di fatto l’impediscono (art. 3) e del lavoro come diritto e dovere di compiere “un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” (art.4).
Il Risorgimento è stato un fenomeno elitario, non popolare o di massa, ma nell’Italia prerisorgimentale le condizioni delle masse, specialmente contadine, era molto peggiore.
Come a un certo momento, visto che le politiche economiche erano le stesse, se la doccia era di sinistra (ecologica of course), mentre il bagno cado in vasca di destra, mi è capitato di sentire una discussione per cui chi si riferiva al Popolo era di sinistra, mentre la Nazione, espressione più frequente in bocca alla Presidenta (non sei il Presidente) del Consiglio, era di destra. Ebbene cari signori camerati e compagni, per la nostra Costituzione, il popolo, con la p minuscola in 4 articoli della Costituzione, e la Nazione, con la N maiuscola in tre articoli sono esattamente la stessa cosa perciò l’interesse supremo del popolo e della Nazione coincidono: l’autonomia (sempre con la a minuscola in altri 4 articoli costituzionali) è contro questo interesse perché divide il popolo e la Nazione Italia, Repubblica democratica una e indivisibile. Pertanto i partiti rappresentati in Parlamento, “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.), dovrebbero essere contro.
Tuttavia sorge un problema, che è venuto alla luce quando un parlamentare eletto nella circoscrizione Estero, si è candidato nelle elezioni federali brasiliane, perché, se fosse stato eletto, avrebbe dovuto giurare fedeltà al e alla Costituzione brasiliana: era compatibile? Assolutamente sì, perché un nostro parlamentare è che con il Parlamento Europeo, con un Consiglio regionale, addirittura con essere sindaco di una città Brasile superi un certo numero di abitanti e se è senatore non può essere deputato e viceversa, ma non c’è divieto di essere membro di un parlamento di un altro Stato, come di avere più nazionalità, come me e il direttore di incompatibile questa rivista, che siamo italo-svizzeri, o come la segretaria del PD, che ne ha tre.
Soprattutto un parlamentare italiano non deve giurare fedeltà alla Repubblica, né di osservarne la Costituzione, a differenza del Presidente della Repubblica (art. 91 Cost.), dei membri del Governo (art. 92) e, ovviamente i giudici della Corte costituzionale (art. 135), tutti membri di organi costituzionali. Non solo devono prestare giuramento, se previsto dalla legge (art. 54.2) tutti i cittadini, cui sono affidate pubbliche funzioni e tutti i cittadini, quindi anche i parlamentari, “hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”, ma senza giurare.
Venir meno a un giuramento non è reato, se non nel caso di un Presidente della Repubblica messo in stato d’accusa, ai sensi dell’art. 90 Cost. per “attentato alla Costituzione”. Fosse un reato i parlamentari non potrebbero essere incolpati perché “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni “ (art. 68.1 Cost.).
Tuttavia venire meno alla parola data nella solenne formula di un giuramento significa non adempiere le funzioni pubbliche con “disciplina e onore” come impone l’art. 54.2 Cost.).
Potrebbe essere un problema se i cittadini avessero il potere di scegliere i parlamentari, man tale diritto gli è stato tolto nel lontano 2005 con il Porcellum e mai più restituito, tutti d’accordo, sempre, per i vertici dei partiti è meglio nominarli: il Porcellum era un’iniziativa di centro-destra (ora non c’è più sostituito dalla Destra) con Berlusconi Presidente del Consiglio- il Rosatellum ha la paternità del CSX con Gentiloni a capo del Governo.
Mandare questa legge in Corte Costituzionale è il primo avvertimento da dare, anche se un accoglimento dei 7 ricorsi pendenti non modificherebbe i risultati del 25 settembre 2022, ma sarebbe un severo avvertimento al Governo Meloni, di non abusare di maggioranza artificiale e incostituzionale, che in caso di crisi della maggioranza non beneficeranno del premio nascosto di maggioranza.
Inoltre questa legge di attuazione dell’art. 116 Cost. è chiaramente una legge “in materia costituzionale” e quindi non può essere approvata a colpi di voti di fiducia senza violare l’art. 72.4 Cost., sempre che si attenga al Lodo Iotti, la prima donna e compagna Presidente della Camera dei Deputati, del 1981, che con chiarezza aveva escluso che in caso di voto di fiducia la procedura di approvazione della legge fosse ancora una procedura normale, come prescritto dalla Costituzione per i disegni di legge “in materia costituzionale ed elettorale”. Quel divieto è stato gravemente indebolito da un precedente incautamente e spero non intenzionalmente creato dalla terza donna Presidente della Camera, l’on. Boldrini, che non ha saputo resistere alle pressioni del Presidente del Consiglio Renzi e del PD al tempo della approvazione di un’altra legge elettorale dichiarata incostituzionale, la legge n. 52/2015, l’Italikum. Questo precedente non sarebbe così negativo se fosse stato utilizzato una sola volta come il voto di fiducia sulla legge truffa, del Presidente del Senato, Paratore, che lo verbalizzò, come non precedente, e per coerenza si dimise, cosa, che la Boldrini non farà mai, anche perché non servirebbe a nulla.
Infatti, 2 anni dopo nel 2017 il voto di fiducia su legge elettorale è stato ripetuto ben 8 volte sulla terza legge elettorale incostituzionale, il Rosatellum, che è servito a rieleggere nel 2018, quelli che l’hanno votato.
Conclusione chi è contro l’autonomia differenziata deve essere contro la legge elettorale hanno in comune il problema di norme costituzionali incostituzionali: la legge elettorale i Senatori attribuiti in deroga alla regione T-A.A./S in deroga agli artt. 57.1, 3, 48.2, 51, 56.1 e 58.1 Cost. e la legge di attuazione dell’art. 116 perché non ha differenziato il trasferimento delle materie di esclusiva competenza dello Stato (art. 117.2 Cost.) da quelle dell’art 117.3 Cost. a competenza concorrente del terzo comma dello stesso articolo. Se nelle norme generali sull’istruzione, la lettera n) del secondo comma, lo Stato non si è riservato “la determinazione dei principi fondamentali”, verrà meno la funzione dell’istruzione, compresa quella pubblica generale e obbligatoria, che ha creato la Nazione italiana, più delle imprese militari dell’esercito sabaudo e dei garibaldini, viene meno un tassello importante dell’unità, quindi è violato l’art. 5 Cost., oltre che l’articolo 3 nel suo complesso, che sono principi supremi del nostro ordinamento, che non possono essere violati nemmeno da norme di rango costituzionale, secondo i principi enunciati nella sentenza costituzionale n. 1146/1988.
Felice Besostri