Il vertice sulle riforme ha confermato la cacofonia di maggioranza. Il voto regionale incombente ha avuto un peso decisivo. La proposta di legge di attuazione Calderoli (da qui in poi legge Calderoli) arriverà presto in consiglio dei ministri, per una approvazione “preliminare”, forse dopo un editing altrettanto “preliminare”. Non sappiamo cosa entrerà in consiglio. Ma sappiamo che ancora non uscirà un disegno di legge di iniziativa governativa per le camere. Può darsi che Calderoli non se ne preoccupi più di tanto. Qualche domanda per capire meglio.
La legge Calderoli è la legge che concede la maggiore autonomia ai sensi dell’art. 116, terzo comma?
No, perché riguarda solo il procedimento di formazione delle intese in base alle quali l’autonomia sarà concessa con successiva legge, una per ogni regione richiedente, approvata a maggioranza assoluta in base all’intesa stipulata con quella regione. Quindi, la legge Calderoli non è quella che concede la maggiore autonomia ai sensi dell’art. 116.3 della Costituzione. È una legge ordinaria contenente una disciplina generale e astratta riferibile a tutte le regioni richiedenti, mentre la legge che concede la maggiore autonomia è una legge “rinforzata” speciale che definisce per ogni singola regione l’autonomia ad essa spettante.
Quali sono le differenze nel regime giuridico applicabile alle due leggi?
La legge Calderoli può essere modificata o abrogata da una legge ordinaria successiva, ed è sottoponibile a referendum abrogativo ex art. 75 della Costituzione. La legge che concede la maggiore autonomia in base a intesa può essere modificata o abrogata solo attraverso lo stesso procedimento, e cioè a seguito di iniziativa della regione e in base a nuova intesa. È altresì sottratta a referendum abrogativo per la giurisprudenza della corte costituzionale. Per tali caratteristiche la maggiore autonomia una volta concessa può rivelarsi irreversibile se la regione non è d’accordo.
Esiste un rapporto tra le due leggi?
Non esiste alcun rapporto. Ad esempio, se anche la legge Calderoli fosse abrogata tramite referendum, rimarrebbe del tutto possibile concedere la maggiore autonomia a sensi dell’art. 116.3. Non sarebbe infatti impedita l’intesa tra lo stato e la singola regione, né verrebbe ostacolo alla concessione di maggiore autonomia con legge approvata a maggioranza assoluta in base all’intesa raggiunta.
Ma la legge Calderoli potrebbe porre limiti o modificare l’autonomia poi concessa con legge in base all’intesa?
No. La legge Calderoli non è sovraordinata rispetto alla legge che concede la maggiore autonomia in base a intesa. Se adottata prima, non può porre limiti giuridicamente invalicabili da parte della legge poi approvata in base a intesa, e se adottata dopo non può modificarla essendo quella una legge “rinforzata” modificabile solo in base a nuova intesa. Ad esempio, se la legge di attuazione stabilisse che non ci può essere maggiore autonomia per la scuola, questo non ne impedirebbe o limiterebbe la regionalizzazione. Del resto, se anche il limite fosse posto nell’intesa stessa, potrebbe poi essere superato da intesa diversa.
Ma allora a che serve la legge di attuazione?
In realtà a nulla, come già la legge-quadro di Boccia e Gelmini. Il ministro Calderoli ne è ben consapevole, avendo sostenuto in passato che era possibile giungere alle intese senza la legge-quadro.
Perché ha cambiato idea?
Potrebbe non averla cambiata affatto. È possibile stia usando la legge di attuazione come specchietto per le allodole, per indurre le opposizioni ad esaurirsi in una inutile battaglia, per scoprire alla fine che tutto è ancora possibile puntando direttamente alle intese. Per di più, la legge Calderoli sembra dare un messaggio rassicurante di eguale trattamento per tutti, che peraltro sarebbe un ossimoro in tema di autonomia differenziata. Quel che conta non è come si tratta tra stato e le regioni, ma cosa esce a valle della trattativa tra lo stato e la singola regione.
Per questo, accento sui Lep?
Un’altra scatola vuota, come dimostreremo.
Tutta colpa di Calderoli?
No. Il problema risale alla pessima riforma del Titolo V del 2001, figlia del clima politico degli anni ’90 pesantemente influenzato dalla Lega dichiaratamente secessionista. Per questo chiediamo di firmare la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116.3 e 117 della Costituzione, anche online con lo SPID su www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.