Un tempo, neppure troppo lontano, i tentativi di guardare al mondo con l’intenzione se non di capirlo tutto, per lo meno di diradare qualche nebbia, c’erano, erano parte di un esercizio quotidiano, sentito come doveroso. Da qualche tempo l’esercizio continua in modo intermittente. Non è venuta meno la volontà, dura a morire. È fortemente incrinata la capacità di comprendere quello che il mondo ci sta mostrando. E alla difficoltà di comprendere segue la difficoltà di mettere in parole ciò che si intravede.
In queste ultime settimane c’è stato un rincorrersi di storie, situazioni, affermazioni che rendono difficile trovare un focus su cui soffermarsi. Ribaltamenti che, se tornasse in vita chi ha abitato il mondo fino a pochi decenni fa, ma ora non più, li riterrebbe un incubo, sognato, ma non reale. Non vogliamo pensare – ma un forte timore esiste – che la qualità dell’anno da poco iniziato si veda dal mattino delle settimane appena trascorse. Non riusciamo convincerci che siano i paradossi a condurre la storia, come non di rado, da molti anni ormai, la realtà sembra suggerire.
Il nostro ultimo ABC si è mosso fra spettacoli di portata planetaria e vicende di pertinenza del minuscolo palcoscenico italiano e cittadino. Minuscolo su scala globale. Ma a grandi caratteri per noi che qui viviamo. Alcuni esempi italiani, che ci occuperanno nei prossimi mesi, per non dire anni. La Corte Costituzionale non ha ammesso, dopo che la Corte di Cassazione ne aveva dichiarato l’ammissibilità, il nostro quesito per la totale abrogazione della legge Calderoli. Con una motivazione che non abbiamo compreso. Molto era già stato cancellato, della legge, con una precedente sentenza della Corte, a seguito di ricorsi di alcune Regioni (Campania, Puglia, Sardegna, Toscana), ma qualcosa della legge era ancora in piedi. La Corte spiega così la non ammissibilità. Il popolo italiano non sarebbe in grado di comprendere ciò che resta del quesito. Risposta incomprensibile. Il nostro quesito era chiarissimo. Vogliamo cancellare tutta la legge. Proposta chiara, netta, del tutto politica.
Si teme un popolo minorenne, che non ha le idee chiare e per questo compie imprudenze? Non è un buon segnale. Potrebbe indebolire – un timore che mi auguro risulterà infondato – la voglia di partecipazione che il grande successo nella raccolta delle firme ha messo in luce?
Resta invece viva la necessità di osservare ciò che Calderoli e le “sue” Regioni stanno allestendo. Fare rientrare dalla finestra ciò che siamo riusciti a cacciare dalla porta. Quindi, vigilare. Il Parlamento, in primis, e noi popolo non minorenne ma ostinatamente partecipante. A questo proposito una buona notizia ci è arrivata. Il presidente della Regione Emilia Romagna De Pascale ha annunciato che intende ritirare le richieste di autonomia avviate dal suo predecessore. È stato un errore – ha detto – che va riconosciuto. Abbiamo apprezzato non poco questa decisione. La consideriamo, soprattutto, l’esito di una grande campagna di informazione, opposizione, raccolta firme, lettere inviate, senza mai avere ricevuto risposte, che più di una associazione ha promosso, in particolare nella nostra Regione.
Un esercizio di partecipazione continuo, avviato dal 2019 e mai interrotto. Anche se in modo indiretto, e non detto, in Emilia Romagna siamo stati ascoltati. Non sarebbe fenomeno nuovo che l’incidere nella storia sia dovuto più a una minoranza che parla e agisce che a una maggioranza silenziosa, ripiegata su se stessa. Osservare e partecipare, anche se nel caso del referendum nazionale ci è stata negata l’urna, lo richiede la nostra Costituzione.
Restano in piedi, però, altri cinque importantissimi referendum, sul lavoro e la cittadinanza. Saremo accanto alla CGIL e alle associazioni che li hanno promossi. Ma c’è anche molto altro.
È in corso di approvazione il decreto sicurezza. Se diventerà legge, la nostra forza e la nostra voce saranno indebolite. Molte forme di partecipazione e di protesta diventeranno reato. Partecipare sarà pericoloso per chi intende comunque farlo. Ma c’è altro ancora. La indipendenza della Magistratura. È uno dei pilastri imprescindibili delle democrazie liberali. La si vuole addomesticare. Il progetto della P2 e di Berlusconi, fermato all’inizio degli anni 2000, ricompare. Sarà nostro dovere fare di tutto per, di nuovo, fermarlo, accanto alla
Associazione Nazionale Magistrati.
È interessante notare che tutto – indebolimento della partecipazione, ostilità per i diritti e per le leggi a sostegno dell’uguaglianza, ostilità alla divisione di poteri – sta dentro un’unica cornice, che disegna una società autoritaria regolata dalla forza. Sarà, per chi non intende seguire questa china, una passeggiata non tranquilla, ma doverosa. Sono i DOVERI che il rispetto della nostra Costituzione ci impone, per
disinnescare paradossi che potrebbero fare della nostra Repubblica l’opposto di ciò che la Costituzione ha disegnato. Paradossi inspiegabili? O è la storia che li spiega? Se non sono i paradossi a muovere la storia – filosofi della storia, primo fra tutti Hegel, avrebbero orrore solo a sentire questa ipotesi – allora, cosa la muove? Marx diceva che erano le strutture economiche. Altre scuole, “l’idea”, la propria. La natura umana? Ne esiste una sola? Le grandi personalità? Il caso? Di fronte a ipotesi e interrogativi di improbabile soluzione, la difficoltà di mettere in parola ciò che si intravede mi sta orientando verso la più tradizionale delle forme di riflessione. Forse, riusciamo ad abbozzare solo qualche pagina di diario.
11 febbraio 2025
Nessi paradossali si trovano, fra il nostro vivere e il vivere di chi è altrove, a conferma di spettri che, con nostra inquietudine, si aggirano nello spazio mondiale, che è sempre più UNO, come ci racconta il battito di farfalla che scatena dall’altra parte del globo tempeste e tsunami. Le scene si vedono e le parole si ascoltano in tempo reale – questa è la novità che ci differenzia dalle generazioni precedenti – e ci mostrano linee che connettono politiche, culture, immaginario. Tutto scorre molto più velocemente dei secoli precedenti. Emergono situazioni un tempo impensabili. La più clamorosa, la evidente simpatia e sintonia fra Trump e Putin. E alleanze internazionali che intendono disporre del mondo a modo proprio. Nulla di nuovo, da questo punto di vista, per quanto riguarda l’Europa. Per centinaia d’anni alleanze si facevano, si disfacevano, si rimescolavano, con terre che passavano da una mano monarchica all’altra, con popoli rassegnati o inconsapevoli, spesso convinti che nulla per loro cambiasse. Le numerose terre di confine in Europa ne sanno qualcosa.
L’Italia moderna, ne sa qualcosa, prima di raggiungere una difficilissima unità. Dopo la grande ventata di Liberté, Égalité, Fraternité, fu fra Ottocento e Novecento che la scena della storia sembrò cambiare. Idee di libertà, di giustizia, di uguaglianza uscirono dai libri e divennero, in molti luoghi, popolo. Rivoluzioni e controrivoluzioni, fra prove ed errori. Guerre tremende cercarono poi di cancellare le idee uscite dai libri e di cancellare donne e uomini che parlavano di libertà, di giustizia, di democrazia. Ma, ovunque c’erano guerre, e servitù, ci furono anche movimenti popolari di resistenza, tanti nuovi Spartaco, alcuni di condizione sociale bassa, altri di ceto elevato, e intellettuali, uomini e donne, al servizio di idee di uguaglianza e giustizia.
Divennero una forza internazionale e aprirono una strada mai vista prima. Chi furono? Faccio pochi nomi, ne dovremmo fare migliaia – da Rosa Luxemburg a Piero Gobetti a Gramsci a Gandhi a Lumumba a Martin Luther King a Mandela a Jan Palach a Gorbaciov alle Madri di Plaza De Majo alla Politkovskaja alle donne di Vita Terra Libertà a Navalnj. Una Internazionale di vari colori, mai vista prima. Credo di avere toccato tutti i continenti. Mi scusino gli infinti nomi che ho tralasciato. Sono nomi che appartengono a Resistenti, di varie epoche e diverse storie, a rivoluzionari, a politici e a teorici della non violenza. Quale filo li connette? La ricerca di libertà e giustizia. In alcuni casi, con ideali socialisti, in altri, religiosi, in altri, semplicemente democratici. Semplicemente?
Democrazia liberale, diritti e doveri, trasparenza. Anche Gorbaciov a questo mirava. Democrazia liberale, tutto fuorché semplice. La vita stessa – e in molti casi la morte – di chi prima ho citato, dimostra che giustizia e libertà, insieme, è la più difficile delle strade
Interrogativo. Nella storia che stiamo vivendo l’esperimento democratico è già spezzato? Il filo rischia di spezzarsi?
L’interrogativo riguarda, forse, solo l’Occidente, dove l’idea democratica è nata e dove numerosi sono stati gli esperimenti democratici. Studiosi stanno scrivendo di post democrazia in transito. Verso dove? Un forte allarme, in tal senso, è venuto da parole dette il 13 febbraio da Emma Ruzzon, rappresentante del Consiglio degli studenti dell’Università di Padova, in occasione della inaugurazione dell’Anno Accademico. Con parole forti, ha descritto le condizioni di vita e di studio della sua generazione, condizioni brutte, per chi studia, ma non ha denaro per la casa e per tutto quello che serve per vivere. Di fronte all’autorevole pubblico di Accademici e, fra questi, della Senatrice Elena Cattaneo, non ha fatto sconti, richiamando alla responsabilità di dire come stanno le cose, senza ipocrisia. Ha elencato le ragioni per le quali la nostra democrazia ha deluso e sta deludendo. Per concludere ha invitato, partendo da lei stessa, a togliersi la camicia nera. La forza delle immagini ne è uscita confermata. Vedendo questo gesto, ho pensato a Concetto Marchesi, che nella stessa aula, a Padova, inaugurando lui, Rettore, l’anno accademico del 1943, cacciò fuori dall’aula fascisti neri della neonata Repubblica di Salò. Poche settimane dopo fuggi e entrò in clandestinità, per scampare ad una morte certa.
14 e 15 febbraio
La Germania e Berlino sono attraversate da manifestazioni, presidi, incontri. Le elezioni del prossimo 23 febbraio non sono attese con inerzia. C’è movimento. Donne e uomini, di ogni generazione, spesso con bambini. Bandiere e messaggi, che riguardano i molti fili che attraversano il presente. Pace, ambiente, basta guerre.
In un grande telo, portato da donne e uomini, si intrecciano alcune parole, che dicono no a patriarcato, fascismo, guerra. Altre grandissime bandiere sventolano, di colore giallo dorato. Brillano. Chiedo. Cosa significano? Sono i teli con i quali vengono avvolti i migranti salvati dal mare, per proteggerli dal freddo. C’è molta Europa, nelle piazze berlinesi di questi giorni.
La prima piazza, la Pariser Platz, di fronte alla Porta di Brandeburgo, che, nel tempo, ne ha viste tante di cose, di ogni colore. La seconda piazza, la Bebel Platz, di fronte alla Humboldt-Universität. Bebel, chi era? Era August Bebel, una figura centrale nella storia del Partito Socialdemocratico Tedesco. Ancora viva è una sua frase, scritta a fine Ottocento, e in polemica con l’antisemitismo che circolava anche all’interno del suo partito: “L’antisemitismo è il socialismo degli imbecilli”. Morì nel 1913, ma il suo nome fu dato alla piazza nel 1947. Piazza che ha anche un’altra storia, assai contigua. Fu la piazza scelta per il nazista falò di libri, nel 1933, di fronte all’Università, una delle più importanti della Germania, dove Hegel diede una definizione indimenticabile della storia quale “mattatoio dello spirito”. Hegel dice quello che vede – guerra e sangue – ma non dispera.
Tanto sangue ma lo spirito procede. Un mattatoio molto attivo anche nel tempo presente. Sangue che cola da tutte le parti. Sangue di corpi che contano, almeno fino ad oggi, quelli ucraini, e di corpi che non contano, quelli palestinesi. Nel punto esatto del falò, è stato costruito un museo sotterraneo. Una luce illumina scaffali bianchi, tutti vuoti. Un forte messaggio, in ricordo del disprezzo dei nazi per i libri, quelli degenerati. I libri sono pericolosi, le parole lo sono. Possono cambiare il mondo. Nel bene e nel male. Certo, allora, il Mein Kampf non fu bruciato. Diede una grossa mano a distruggere in buona parte dell’Europa la democrazia. Oggi, nei paesi ancora democratici, il Mein Kampf, è disponibile nelle librerie e, direi, è una lettura da fare, da fare leggere, da discutere. Perché Hitler in quel libro parlò chiaro e fece innamorare generazioni di tedeschi. La supremazia della razza bianca, incarnata da creature alte, bionde, occhi celesti. Nessuno si accorse che Hitler non era alto, ed aveva capelli neri.
Le passioni troppo spesso accecano. Parole suprematiste di stampo nazi hanno fatto irruzione anche nella campagna elettorale tedesca in pieno svolgimento. In realtà, tutta l’Europa, di fronte al parlar chiaro di Trump, è da qualche settimana tramortita, attonita. Quasi rimasta senza voce. In ogni caso incapace di dire parole forti come quelle di Trump. E come quelle di Vance, presente alla conferenza di Monaco sulla sicurezza, proprio in questi giorni. Chi è nato in Europa dopo la guerra mondiale ha esperienza di un linguaggio pubblico dei detentori dei poteri opposto a quello di Trump e di Vance. Linguaggi che a volte erano/sono rivestiti di savoir faire, non sempre chiari, non di rado suadenti, alla ricerca del consenso, per una ricercata captatio benevolentiae. Certo, una prima incrinatura ci fu, dalle nostre parti, con il linguaggio dirompente di Bossi, con le sue urla, il suo italico “celodurismo”. Ma poi lo stesso Berlusconi usò altre parole, per chi scrive del tutto indigeste, come “l’Italia, il paese che amo”. In realtà amava le sue aziende e la sue immensa ricchezza, da salvare. Ipocrisia e menzogne dette con garbo. Ma il linguaggio di Trump e di Vance è altro.
Ai miei occhi, hanno un unico merito. La chiarezza. È chiaro il disprezzo che hanno per l’Europa e per ogni forma di alterità. Alterità rispetto a cosa? Rispetto a tutto ciò che non rientra nel sistema misurato dal loro indiscutibile metro. L’Europa che disprezzano non è ciò che dell’Europa anche noi, sinceramente europeisti, critichiamo, perché poco politica, e soprattutto di mercato. Ma siamo con l’Europa che ha tentato di rendere esigibili i diritti universali scritti nelle nostre Costituzioni, per l’Europa che riconosce le libertà, civili, politiche e, con troppa timidezza, sociali. Vance non nasconde il disprezzo per questa nostra Europa, unico spazio di democrazia liberale, nel mondo, anche se spesso deludente. Gli USA lo sono? L’India lo è? Vance ha parlato sì di libertà. Quale? Quella che ognuno di noi deve avere, di fare quello che gli pare. Come bruciare un Corano in Piazza. Perché no? Chi lo fa deve essere libero di farlo. Questa è libertà. Come la accoglienza ai migranti. Gli europei non li vogliono. Questa è la libertà, rifiutarli, altro che accoglierli. Un tratto delle brutali parole di Vance – uomo di bell’aspetto, più biondo che bruno, occhi blù – va invece ascoltato bene, perché fondato. Non avete ascoltato i vostri popoli, le loro paure, come invece AfD, qui in Germania, ha fatto e per questo merita di vincere. Mentre Kissinger intimoriva Moro in privato per le sue aperture al Partito Comunista di Berlinguer, Vance, vice presidente degli USA, mentre è in Germania, fa campagna elettorale, esplicita, per un partito neo nazi, a pochi giorni dal voto. Diritti e leggi che regolano e pongono limiti, sono totalmente assenti dalle parole di Vance.
Questa brutale chiarezza sta portando in piazza, in tutta la Germania, chi si oppone ai neo nazi e al nuovo corso di Trump. Sicurezza? Dice Vance agli europei, non la Russia, non la Cina sono causa per voi di insicurezza. Voi siete causa a voi stessi di insicurezza. Quindi, armatevi. E datevi una ripulita. Se il popolo non vuole immigrati, disfatevene. Chi si oppone a Vance e a tutto ciò che Trump e Vance rappresentano, è andato in piazza anche per dire no a tutte le guerre, per l’ambiente, per i diritti. Lo vedremo fra pochi giorni, se queste piazze andranno al voto, e come. Oggi, 22 febbraio, il giorno prima delle elezioni tedesche, Musk ha di nuovo parlato. Votate AfD! Sarà la vostra salvezza.
25 febbraio
La Germania ha votato. A mio avviso, luci e ombre. Le ombre per me più inquietanti, abitano nell’Est, dove, un tempo, intere generazioni erano convinte di dare vita all’ “uomo nuovo”, portatore del gene, che sarebbe diventato in tempi brevi ereditario, della solidarietà, quello che avrebbe finalmente aggiunto a libertà e uguaglianza, la fraternità. Cioè, la sostanza della uguaglianza. Che non è amore, ma solidarietà. Un pensiero kantiano vestito di socialismo. La storia ha dimostrato che fraternità e uguaglianza senza libertà non funzionano. L’“uomo nuovo” dell’Est, il 23 febbraio, ha prevalentemente dato fiducia a AfD. Perché? A mio avviso la risposta non è semplice. Può bastare vedere nel divario economico che ancora esiste fra Est e Ovest l’unica spiegazione? Una delle cause, sicuramente. Ma l’unica? L’immigrazione? Non direi. Pochissimi sono gli immigrati all’Est, e non risultano eventi violenti come invece il recente, a Monaco. Nostalgia della DDR, forse, perchè dava sicurezza sociale. Sugli aspetti psicosociali e culturali dovremmo sempre soffermarci, e questo non vale solo per l’Est della Germania.
Ma ho visto anche luci, negli esiti elettorali tedeschi. La prima, una altissima partecipazione al voto. Entusiasmante. Questa è salute per la democrazia. La seconda, egualmente importante, ha confermato il grande fermento visto nella campagna elettorale. Le persone hanno scelto prevalentemente partiti europeisti e, in qualche caso, di esplicito motto “solidarietà”. In sintesi. La grande maggioranza del “volk” – parola che, sentita in Germania, emoziona forse più del nostro “popolo” – ha fatto una scelta chiaramente antifascista e antinazista. Non escludo che Musk abbia più tolto – comunque piccoli numeri –, che aggiunto, voti a AfD.
Nel frattempo, Trump sta governando, in modo chiarissimo e altrettanto veloce. In rotta di collisione con molti magistrati, che, o disobbediscono, o si dimettono. Trump ha graziato gli energumeni che invasero Capitol Hill. Una decisione estrema, graziare violenti eversivi. Ma erano suoi compari. Taglia i fondi sociali. Toglie finanziamenti a chi, nelle scuole o negli Istituti di ricerca, si occupa di differenze. Non mi obbedite? Fate cose che non mi piacciono? Allora niente soldi. Ucraina? O terre rare a noi, o la guerra continua. L’Europa? È stata fondata per impoverire gli USA. Cavatevela da soli. Come? Armatevi di più. Per difenderci da chi? Dal suo amico Putin? O per fare grande gli USA, comprando armi da loro fabbricate?
Interrogativi che restano, ingigantiti, dopo l’incontro fra Zelenksy e Trump. Una prima stranezza, un incontro con le televisioni presenti. È normale? Forse doveva essere, l’incontro, uno spettacolo da mostrare al mondo, Zelensky ridicolizzato e cacciato. Non ho memoria di un precedente del genere. Chiedo a chi ha visto in Trump un messaggero di pace, se questo è un giudizio da confermare. Il popolo ucraino che, in buona misura, e comprensibilmente, teme Putin, ha un nuovo nemico da fronteggiare. Mostrare disprezzo per l’Europa, è aiutare la pace?
A volte, per resistere allo sconforto, o all’orrore, mi rifugio sulla Luna, e dall’alto guardo quello che si muove nel nostro pianeta. Quando sono lassù, ho a disposizione solo la bussola femminista. Mi è chiaro che la guerra – qualunque guerra – è assurda e non trovo nessun argomento che la giustifichi. Mi è chiaro che qualunque forma di dominio è di matrice patriarcale e che chi vi ricorre è, per usare un termine contemporaneo, e nato in Italia, fascista. Per essere chiara, Putin è fascista, Trump è fascista. Senza mezzi termini. Poi quando, malvolentieri, rientro nel pianeta Terra, inevitabilmente il pensiero si fa più articolato.
In Europa molte cose non vanno, l’essersi fatta fortezza, il non avere avuto intelligenza e coerenza con i proclamati principi, nel respingere e, di fatto, condannare a morte tanti umani come noi, l’hanno compromessa di fronte alla storia. Tutto questo ha rafforzato l’Europa? Chi perde l’anima esce indebolito. L’Europa ha pensato che l’Ucraina si potesse aiutare solo con le armi. Nessuna concreta azione di pace è partita dall’Europa, un nostro fallimento. E ora, dovremmo rimediare armandoci di più? Ho trovato convincente una affermazione di Romano Prodi, “esperto” di Europa. Difesa comune e meglio organizzata, bene. Le armi servono per difenderci, non per fare guerre, dice la nostra Costituzione. E i fondi europei già destinati alle armi sono sufficienti. Anzi, mettendo insieme tutte le armi europee, siamo più forti della Russia. Confesso che è una informazione che mi ha stupito. Poco ci è noto di come stanno veramente le cose. Ho detto qui, e lo dico da europeista, tutta la mia scontentezza per l’Europa. Aggiungo però che, fino ad ora, l’Europa non è fascista, anche se qualche personaggio come Orban lo è. Il popolo ungherese? Non credo.
L’amicizia fra i fascisti Trump e Putin stanno mettendo nel conto la terza guerra mondiale. A cosa si riferiscono? Perché la terza guerra mondiale a pezzi è già in atto. All’uso della atomica? Una conferma. La principale arma fascista e totalitaria è sempre stata la paura. Terrorizzare il mondo minacciando l’atomica. Chiaro? All’insediamento del suo governo, Trump aveva accanto, fra gli altri, il nazista Musk e il pastore Scott Turner, che ha un importante incarico nel governo. All’inizio dell’insediamento, il pastore ha guidato la preghiera, dicendo, fra l’altro, di ringraziare Dio che ha donato Trump all’America. GOT MIT UNS. Che sia un esorcismo? Intanto, un grande interrogativo ci attraversa. Quando il partito democratico americano darà un segno di vita? In attesa, ci conforta vedere che, da qualche giorno, numerose manifestazioni contro Trump e di solidarietà con gli ucraini si stanno vedendo in molte città americane.
Studiosi, appunto, si stanno interrogando. Siamo già nella post democrazia? C’è chi ne è convinto. Gianfranco Pasquino dice che non è così. Solo un PASSO dopo l’ALTRO può tenerla viva, il che vuole dire che non è morta. Chi può farlo? Chi ritiene la democrazia liberale, quella della nostra Costituzione, migliore di ogni forma di autocrazia. Chi lo ritiene – non siamo in piccolo numero – ha una grossa quotidiana responsabilità. Quella, per esempio, di avere scelto di essere accanto, il 27 febbraio scorso, a ANM, mobilitata per la propria libertà e per la nostra. Una responsabilità che abbiamo visto attivarsi in moltissime città. Lavori democratici, quindi, sono in corso.