Sull’autonomia il premier Conte notifica ai governatori che non possono avere tutto quello che chiedono. Sulla scuola, il sottosegretario Giuliano (M5S) informa che «tutto il personale e quindi anche il curricolo, quello che si farà a scuola, rimane di competenza nazionale». Zaia, “basito”, afferma: «Noi veneti ne abbiamo le tasche piene di tutta questa storia … è una autentica presa in giro (copyright Bonaccini, NdA) … a nome dei 2 milioni 328 mila veneti che hanno votato per il sì all’autonomia dico che siamo stanchi, stanchissimi. La misura è colma». Fontana segue a ruota con gli insulti sui “cialtroni” al governo.
Dopo il ceffone, Conte scrive (Corriere della sera, 21 luglio) un – troppo – accorato appello ai cittadini lombardo-veneti. L’aggressività degli aspiranti secessionisti testimonia la loro voglia di farsi Stato. Zaia e Fontana schiumano di rabbia perché con la regionalizzazione integrale del personale della scuola, ora cancellata, già pregustavano una succulenta polpetta di governo di decine di migliaia di docenti e 8 o 10 miliardi in più. Ma non è finita. Sopravvive la disposizione che smantella la potestà legislativa statale in materia di “norme generali sull’istruzione”? Se così fosse, l’intesa rimarrebbe inaccettabile.
Oggi segniamo un piccolo punto per l’unità della Repubblica, ma i rischi per il Sud e il paese sono ancora molti e gravi, dalle risorse all’ambiente, alle infrastrutture, al lavoro, alla sanità e altro ancora. Come sempre, le carte sono nascoste da una fitta nebbia e al popolo sovrano non è dato sapere.
Preoccupa, poi, la bellicosa Stefani: «Chi riesce a garantire servizi efficienti riuscendo a risparmiare dovrà gestire come meglio crede queste risorse. … Premiare e stimolare l’efficienza e punire gli incapaci, sono questi gli obiettivi della Lega per far crescere il Paese» (Libero, 20 luglio). Il mondo della Stefani si divide in incapaci al Sud e virtuosi al Nord, secondo i luoghi comuni – ormai smentiti ampiamente – che hanno inquinato il dibattito. Si vuole o no giungere preliminarmente alla definizione di lep e fabbisogni standard, superando la spesa storica che è in danno del Sud? O si punta al privilegio sulle risorse per le tre regioni, certificato da fonti non sospette come pericoloso per la finanza pubblica e la coesione nazionale? Prepari le armi De Luca, senza illudersi di essere un giorno trattato alla pari.
La Stefani dovrebbe vergognarsi. Se gli stracci volano, è colpa sua e della sua segreta e privatissima trattativa con le regioni. Come ministro della Repubblica avrebbe potuto e dovuto aprire la fase preparatoria alle altre regioni, a esperti, studiosi, organi indipendenti, forze sociali, associando per tempo e non a cose fatte i ministri competenti per materia, informando periodicamente le Camere sugli stati di avanzamento, verificando in corso d’opera gli equilibri realizzabili e i limiti costituzionali e finanziari. Invece, ha consentito, o favorito, che in segreto le bozze di intesa gonfiassero a dismisura i pre-accordi Bressa-Gentiloni, andando ben oltre il richiamo nel “contratto” di governo.
L’errore della Stefani va corretto, riconducendo la discussione sull’autonomia su binari di serietà scientifica, di dati affidabili, di rispetto della Costituzione. Per questo, il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università Federico II terrà lunedì 29 luglio la prima riunione dell’osservatorio permanente sul regionalismo differenziato, il cui obiettivo è seguire con continuità e con analisi ragionate i lavori nelle sedi istituzionali. Introdurrà il direttore Staiano, parteciperanno Giannola, Viesti, Esposito, Cerniglia e io stesso. Interverrà Di Maio, con il quale si cercherà una interlocuzione lontana da qualsiasi tifoseria.
Presidente Zaia, la smetta di marciare su Roma con il mantra che 2.328.000 veneti hanno votato sì all’autonomia. Ci rammenta che circa 45 milioni di altri italiani aventi diritto al voto non hanno mai avuto occasione di parlare. Nessuno ha chiesto a loro – invero, nemmeno ai lombardo-veneti – se si dovesse o potesse regionalizzare la scuola, quel che resta del servizio sanitario nazionale, l’ambiente, le sovrintendenze, beni culturali vanto dell’Italia nel mondo, o ancora infrastrutture – pagate con i soldi di tutti gli italiani e poste a garanzia del debito sovrano – che lei vorrebbe ora trasferite al demanio regionale. Anche quei 45 milioni di italiani sono stanchi, stanchissimi. Anche noi ne abbiamo le tasche piene. Anzi, a esser sinceri, lei, con la sua allieva ed emula Stefani, ce le ha proprio sfondate.