Migranti in Albania, ecco perché il decreto del governo Meloni sarà un altro fallimento

di Carlo Di Marco - strisciarossa.it - 31/10/2024
Se il migrante chiede asilo nelle acque territoriali italiane, non può essere mandato in Albania. Il Governo Meloni crea l’Italia in Albania. Geniale!

Con la consueta affannosa velocità di questo Governo, il Decreto-Legge (D.L.) 23 ottobre 2024, n. 158, recante “disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”, approvato dal Governo con tanto risentimento verso la magistratura, è arrivato presso la Prima Commissione Affari costituzionali della Camera. È il disegno di legge (d.d.l.) di conversione, Atto Camera (AC) 2113. Inizia pertanto l’iter di conversione in legge che deve durare, come tutti sanno, al massimo sessanta giorni.

Per ora, è la prima tappa di una corsa contro il tempo del Governo Meloni per avvalorare, sul piano nazionale ed europeo, un “modello” preoccupante e pericoloso in materia di asilo, sul sangue di tanti disperati che lottano per la vita. Ma andiamo con ordine.

La questione emerge sul tavolo delle relazioni fra diritto interno e diritto dell’Unione Europea e, in primis, sembra necessario rammentare alcuni principi costituzionali sui rapporti fra la nostra Repubblica e le istituzioni trans-nazionali. L’art. 10 della Costituzione contiene principi incontestabili e chiarissimi:

  1. le norme internazionali (quindi anche quelle europee) quando generalmente riconosciute si impongono nel nostro ordinamento. La legge nazionale non può contrastare le norme dei trattati internazionali che riguardano le condizioni giuridiche dello straniero;
  2. quest’ultimo, se in fuga da un Paese d’origine in cui sono negate le libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione, ha diritto d’Asilo nella nostra Repubblica, secondo le leggi che disciplinano l’istituto.

Nell’art. 117.1 Cost, inoltre, si fissa il principio della limitazione della potestà legislativa statale e regionale in ossequio ai “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Ne discende che gli atti normativi europei si impongono e non possono essere elusi, anzi, se sono direttive, devono essere recepiti con atti interni ai fini dell’adeguamento.

In secundis, esiste un Sistema Comune di Asilo (SECA), per fortuna, avviatosi con il Consiglio europeo di Tampere nel 1999; transitato poi all’interno del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (in particolare, art.78 come modificato dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona); perfezionato fra la fine del 2011 e giugno del 2013. Entravano in vigore, infatti, 1) – la nuova Direttiva Qualifiche (2011/95/UE); 2) – la nuova Direttiva Accoglienza (2013/33/UE); 3) – la nuova Direttiva Procedure (2013/32/UE); 4) – il Regolamento Dublino III (n° 604 del 2013); 5) – il Regolamento Eurodac (UE n° 603 del 2013). Le direttive sono state tutte recepite dall’ordinamento italiano.

In questo quadro si evidenziano norme “generalmente riconosciute” che, come tali, si impongono nel nostro ordinamento: i migranti provenienti da paesi dove sono negate le libertà garantite dalla nostra Costituzione hanno diritto di richiedere protezione nella nostra Repubblica; la procedura di verifica dello status di “rifugiato” deve essere svolta dal Paese destinatario della richiesta di protezione; chi richiede asilo, secondo la Direttiva 2013/32/UE, trovandosi nelle acque territoriali italiane, deve essere sbarcato per l’esame della sua domanda ai sensi della Direttiva stessa. Il migrante ha diritto di restare sul territorio italiano per l’intera durata delle procedure di verifica. Ebbene, il punto è proprio questo: se il migrante chiede asilo nelle acque territoriali italiane, non può essere mandato in Albania. Il Governo Meloni crea l’Italia in Albania. Geniale!

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