Nella crisi globale, l’Italia ha bisogno di democrazia diretta

di Massimo Villone - Ilfattoquotidiano.it - 21/03/2025
Il capogruppo leghista Molinari ha persino diffidato Meloni a non sostenere il ReArm EU, in quanto priva di “mandato”. Una frattura verticale su una questione cruciale per il Paese.

Perché Meloni ha cercato la rissa sul Manifesto di Ventotene? Non poteva certo ignorare il momento storico e la cultura in cui nasce il documento, che è prezioso nella memoria non per le citazioni da lei fatte, ma per l’anticipazione visionaria (nel 1941) di una Europa unita, terra di libertà, pace, giustizia sociale, eguaglianza. Ha voluto lanciare la palla in tribuna, per poi dileguarsi e lasciare i ragazzi a picchiarsi in campo. La ragione? Una risoluzione di maggioranza debole e perspicua nelle omissioni, in specie per lo scontro frontale tra FI e Lega sul piano Von der Leyen. Il capogruppo leghista Molinari ha persino diffidato Meloni a non sostenere il ReArm EU, in quanto priva di “mandato”. Una frattura verticale su una questione cruciale per il Paese. Una ragionevole normalità istituzionale avrebbe potuto aprire a uno scenario di crisi di governo, a un passaggio al Quirinale, a un voto di fiducia rinnovato. La frattura è stata invece malamente occultata giocando sulle parole nella risoluzione di maggioranza.

Rimane però il segnale di una debolezza grave delle istituzioni, per la vacuità del mantra della stabilità e governabilità recitato dall’esecutivo. Una debolezza su altro versante propria anche delle sei separate risoluzioni delle opposizioni, che fanno dubitare della capacità di offrire al Paese un’alternativa credibile. Parlamento e governo parimenti deboli. Meloni non accetta L’Europa di Ventotene, ma nemmeno l’Europa come è, e come potrebbe configurarsi. Felicemente soli? Il Parlamento è subalterno e afasico, e le opposizioni non sono in grado di incidere decisivamente. Così affrontiamo rivolgimenti radicali e pericolosi di portata globale, che fatalmente toccheranno anche l’Italia, e non saranno esorcizzati dalla rappresentazione di una inesistente centralità. Certo non verrà dal presunto rapporto personale di Meloni con Trump.

Una debolezza non rimediata dal trittico premierato, giustizia, autonomia differenziata proposto dalla maggioranza, che anzi la peggiora. Ma nemmeno sanata dalle riforme proposte in ordine sparso dalle opposizioni (legge elettorale proporzionale, legge sui partiti, finanziamento pubblico della politica). Proposte condivisibili, che però richiedono tempi lunghi per produrre effetti. Mentre le istituzioni in apnea hanno bisogno di ossigeno democratico ora. Per questo è utile rafforzare gli istituti di democrazia diretta. Per di più, nei tornanti della storia è giusto chiamare il popolo sovrano a pronunciarsi. Ecco alcuni suggerimenti.

Il primo. Introdurre nel reg. Camera una norma come l’art. 74 del reg. Senato, che apre alla proposta di legge di iniziativa popolare la via per giungere all’Aula senza finire in un cassetto. Si potrebbe anche pensare a un rafforzamento della norma per meglio garantire che la proposta non venga stravolta o fagocitata dalla maggioranza nel percorso parlamentare. Il secondo. Riprendere la proposta di revisione costituzionale avanzata nella XVIII leg. di una iniziativa legislativa popolare “rinforzata”. Si prevedeva che l’iniziativa firmata da almeno 500 mila elettori si tramutasse, in caso di rigetto o di modifica sostanziale, in un referendum propositivo. Uno schema apprezzabile, sia pure bisognoso di limature, come segnalai in audizione. Il terzo. Altro si può fare con legge ordinaria. Ad esempio, si può prevedere il voto online per i referendum. Le firme sì, e il voto no? E perché? Come è probabilmente possibile prevedere con legge ordinaria un referendum di indirizzo che non incida formalmente sul procedimento di formazione di atti normativi.
Sui dettagli ci tratterremo un’altra volta. Intanto, al minimo sospetto che Meloni voglia citare qualcuno o qualcosa, correte al riparo.

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