L’annunciata formazione di un nuovo governo sulla base di un accordo programmatico di lungo respiro può fornire le condizioni per sventare il colpo di mano tentato dalla Lega, che Salvini ha trasformato in un coacervo reazionario e pericoloso, e se sarà in grado di avviare un processo per fare uscire il nostro paese dalla grave crisi economica, politica, morale ed istituzionale aggravata da 14 mesi di governo dominato dalla Lega con orientamenti palesemente avversi ai principi e ai valori costituzionali.
E’ necessario operare per un governo che si fondi e si ispiri alla Costituzione e che ripristini gli equilibri democratici; che garantisca e fortifichi la separazione dei poteri e l'autonomia della magistratura; che salvaguardi l’unità della Patria respingendo il progetto secessionista dell’autonomia differenziata; che recuperi il rapporto con i corpi sociali intermedi; che rispetti i trattati e gli accordi internazionali, compresi quelli riguardanti i soccorsi in mare, e riprenda una dialettica corretta con le istituzioni comunitarie; che intervenga per risolvere la crisi umanitaria del Mediterraneo; che rimetta al centro dell'azione di governo il lavoro e la sua tutela e l’ambiente, ripudiando l’idea della flat tax, chiudendo la fase dei condoni comunque mascherati e approvando un piano straordinario di lotta all'evasione, da realizzare anche con il concorso delle parti sociali.
Per questo condividiamo e facciamo nostro l’appello: dieci punti per un governo che riparta dalla Costituzione, osservando, in particolare, che la prevista riduzione del numero dei parlamentari, se attuata, renderebbe palesemente incostituzionale la nuova legge elettorale, che ha modificato il rosatellum per adeguarlo alla nuova geografia parlamentare. L’effetto combinato della riduzione dei parlamentari e della quota maggioritaria comporterebbe una distorsione inaccettabile della volontà popolare espressa dal corpo elettorale, con grave sacrificio del pluralismo e della rappresentatività delle assemblee parlamentari.
In questo modo resterebbe gravemente pregiudicata la centralità del Parlamento che deve piu' che mai essere luogo di rappresentazione, mediazione e composizione delle domande sociali presenti nella società italiana. Un indebolimento della centralità del Parlamento porterebbe allo snaturamento della nostra democrazia, con la possibilità di derive preoccupanti.
Invece è proprio dalla centralità del Parlamento che bisogna ripartire per ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e garantire l’universalità dei diritti fondamentali.
Massimo Villone, Pietro Adami, Francesco Baicchi, Mauro Beschi, Antonio Caputo, Sergio Caserta, Domenico Gallo, Alfonso Gianni, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Vincenzo Palumbo, Antonio Pileggi