Penso sia difficile nutrire dubbi sulle capacità professionali di Mario Draghi: il suo curriculum è ineccepibile. E’ però legittimo contestare la sua ispirazione politica, esplicitamente neo-liberista e evidente frutto di decenni di responsabilità nel mondo della finanza internazionale.
Il suo ruolo di capo di un governo espresso da un Parlamento con una maggioranza di centro-destra (centro?) è pertanto incontestabile, e non possono sorprendere decisioni che continuano a favorire di fatto il mondo della imprenditoria e a danneggiare l’ambiente, puntano alla privatizzazione dei servizi pubblici, aumentano ulteriormente le spese per armamenti, ecc…
Il Presidente della Repubblica invece, secondo il dettato della nostra Costituzione repubblicana e antifascista, deve essere il rappresentante di tutti/e gli italiani/e e non della maggioranza del momento, che nel corso del suo mandato può cambiare anche più volte.
Al Presidente spetta proprio il compito di garantire che i cittadini, attuando la Costituzione e il principio della separazione dei poteri, possano esercitare la loro sovranità scegliendo liberamente i loro rappresentanti e, conseguentemente, l’orientamento politico del Governo espresso dalla maggioranza.
Per questo motivo l’elezione del PdR dovrebbe avvenire con il massimo consenso, individuando una persona che abbia dimostrato correttezza personale e istituzionale, ma anche la capacità di porsi al di fuori e al di sopra degli schieramenti politici (perciò la candidatura di Silvio Berlusconi non poteva che apparire scandalosa).
Ma questa esigenza di ‘neutralità’ dovrebbe escludere che il capo del governo, rappresentante per definizione solo di una maggioranza, possa trasferirsi al Quirinale senza soluzione di continuità. Tanto più se si tratta di un leader particolarmente forte, che ha dimostrato uno spiccato decisionismo, contribuendo a ridurre il ruolo delle Camere a semplice sede di avallo delle sue scelte (con la complicità di una platea di parlamentari che non brillano per capacità e dignità).
In queste ore la candidatura di Draghi alla Presidenza appare particolarmente forte e il confronto, o meglio il mercato, sembra impegnato a definire piuttosto la spartizione dei posti nel futuro governo; in un teatrino inedito in cui il capo del governo, non eletto e mai stato parlamentare, tratta il nome del suo successore e dei ministri.
Non è ben chiaro se anticipando le consultazioni che dovrebbe attuare come futuro presidente, o in rappresentanza di un partito che non c’è. O forse c’è, ma non si presenta al corpo elettorale e si rende raramente visibile, come nel caso dell’attacco della J.P.Morgan alle Costituzioni ‘troppo democratiche’.
I prossimi sette anni saranno importanti per decidere il futuro del pianeta, minacciato dalla catastrofe ambientale e dall’espandersi di conflitti per la conquista delle fonti energetiche e delle materie prime; abbiamo bisogno come non mai di poter esercitare la nostra sovranità di cittadini, invertendo la scandalosa tendenza all’accentramento della ricchezza e del potere. Il requisito principale che dobbiamo pretendere dal futuro Presidente della Repubblica è il rispetto intransigente della Costituzione e l’impegno a favorire la restituzione ai cittadini del potere di scegliere i propri rappresentanti, che l’attuale legge elettorale nega.
Lasciamo a Draghi, alla sua competenza di ‘tecnico’ la guida del governo.