Più referendum popolari per battere Meloni e soci

di Massimo Villone - Ilfattoquotidiano.it - 23/02/2025
Lo stravolgimento del Paese e della Costituzione non si blocca solo con la battaglia in assemblea. La sinistra deve scegliere. Timidezze e – più o meno – fraterne gelosie portano alla sconfitta, lasciando l’iniziativa alla destra. È il tempo di fare di più, e meglio.

La temperatura delle istituzioni è salita, da malessere strisciante a febbre conclamata. Conoscevamo l’eccesso di decreti legge, i maxi-emendamenti, il bicameralismo di fatto unicamerale. Si aggiunge una presidente del Consiglio che fugge dall’aula parlamentare e parla al Paese dai social. La segue un governo che cade in piena confusione o afasia per le devastanti novità geopolitiche seguite all’insediamento di Trump, mentre si segnala per complottismo e invettive contro i magistrati che applicano leggi e Costituzione per ministri e sottosegretari. A Palazzo Chigi c’è una Lega di lotta oltre che di governo. Fragilità e debolezza accomunano in modi diversi assemblee elettive ed esecutivo. Quale medicina di pronto intervento può contenere la febbre?

Bisogna guardare alla partecipazione democratica. Referendum e iniziativa popolare delle leggi richiedono oggi un’attenzione privilegiata. Un progetto di riforme alternative a quelle della destra potrebbe utilmente riaprire una riflessione, che al tempo del Conte I fu avviata, giunse all’approvazione in prima lettura alla camera e fu poi abbandonata (AC 1173 e AS 1089). Dissi allora in audizione che l’idea era perfettibile, ma comunque buona. Lo penso ancora. Come ritengo che per il referendum abrogativo si debba oggi puntare all’online per il voto oltre che per le firme. Ne viene da ultimo prova dall’Emilia-Romagna, che ritira l’adesione al pre-accordo di autonomia differenziata (AD) firmato da Bonaccini il 28 febbraio 2018. Ha certo pesato l’arrivo con seimila firme in Consiglio di una proposta di legge regionale di iniziativa popolare volta a tal fine. Il presidente De Pascale pensa a un’attuazione dell’AD sul piano amministrativo e non legislativo. Per una vera correzione di rotta potrebbe piuttosto guardare alla legge costituzionale di iniziativa popolare (AS 764), recante alcune modifiche agli artt. 116.3 e 117 della Costituzione. Su iniziativa mia e del Coordinamento per la democrazia costituzionale e sostenuta da 106 mila firme giunse in Senato e fu respinta dalla maggioranza, in sostanza rimasta in silenzio, il 24 gennaio 2024. L’AD è un buon esempio. Il campo referendario aveva preso l’iniziativa e guadagnato un grandissimo avviamento con le firme (quasi 1.300.000) raccolte in piena estate su un quesito referendario totalmente abrogativo della legge Calderoli. L’inammissibilità per mancanza di chiarezza decisa dalla Corte costituzionale con sent. 10/2025 ha prodotto un danno grave, cancellando l’avviamento e restituendo l’iniziativa alla maggioranza e al governo. Danno però riparabile ripartendo con un nuovo quesito, come ho proposto su queste pagine.

Nell’ordinanza del 12.12.2024 la Corte di cassazione aveva validato il quesito referendario aggiungendo un generico richiamo agli effetti della sent. 192/2024 della Corte costituzionale sulla legge Calderoli. Il richiamo andrebbe riscritto con riferimento specifico alla legge “come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 192/2024, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli articoli 2, comma 2; 3, commi 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10; 8, comma 2; 11, comma 2; e parzialmente illegittimi gli articoli 1, comma 2; 2, comma 1, primo e terzo periodo; 3, comma 3; 4, comma 1, primo periodo; 9, comma 4”. La formulazione proposta cancellerebbe la mancanza di chiarezza che la Consulta ha richiamato, e che trae origine dalla sua stessa pronuncia. Non viene altra modificazione del testo legislativo dalla sent. 192/2024, essendo le altre parti della pronuncia rivolte al futuro interprete o legislatore, mentre un quesito referendario ha a oggetto la legge nel testo vigente al momento della richiesta di voto popolare. Testo che formalmente risulta dalle sole dichiarazioni di incostituzionalità.

Il venir meno del referendum sull’AD reca un danno collaterale ai cinque ancora in campo, che comunque vanno sostenuti al meglio. Mentre, per il futuro, non si prospetta un ritiro della legge Calderoli, o una complessiva riscrittura in osservanza della sent. 192/2024. L’intenzione della destra è procedere con una nuova legge solo per una delega legislativa sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Che peraltro, richiedendo per l’effettività un costo, cadono sotto l’orizzonte oggi prevedibile, soprattutto in uno scenario di aumento delle spese militari e di dazi trumpiani. In tale contesto è giusto chiedere alle opposizioni parlamentari tutto l’impegno possibile, ma è inutile aspettarsi di più di quello che possono oggettivamente dare. Lo stravolgimento del Paese e della Costituzione non si blocca solo con la battaglia in assemblea. La sinistra deve scegliere. Timidezze e – più o meno – fraterne gelosie portano alla sconfitta, lasciando l’iniziativa alla destra. È il tempo di fare di più, e meglio.

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