Il disegno di legge Calderoli rischia di essere in qualche modo una arma di distrazione di massa, se non lo colleghiamo anche al percorso del federalismo fiscale: mentre tutte le energie sono concentrate sulla locomotiva della autonomia differenziata, singoli vagoni cominciano a formarsi per poter alla fine comporre il convoglio della frammentazione politica e costituzionale della Nazione
Sta andando verso la conclusione l’iter parlamentare del disegno di legge di delega al governo per la riforma fiscale (2): si tratta di un disegno complessivo di riscrittura dell’apparato impositivo, che per, per quel che ci interessa, mette i piedi nel piatto del ruolo degli enti territoriali nella partita fiscale. Tra l’altro c’è da dare compiuta attuazione al federalismo fiscale, deciso dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (3), che reca i criteri e principi direttivi per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione (4), conferendo apposita delega legislativa al Governo.
Il federalismo fiscale è un quadro normativo generale per l’assegnazione delle funzioni ai diversi livelli di governo e di adeguati strumenti fiscali per svolgere queste funzioni. Non deve applicarsi quindi esclusivamente alle forme istituzionali di Stato federale, ma è uno strumento per stabilire l’equilibrio tra poteri centrali e poteri locali. Chi lo collega ad una trasformazione del modello costituzionale ed organizzativo verso un assetto federale, o di autonomia differenziata, compie una torsione ideologica funzionale alla validazione di un disegno.
Chi collega il federalismo fiscale ad una trasformazione del modello costituzionale ed organizzativo verso un assetto federale, o di autonomia differenziata, compie una torsione ideologica funzionale alla validazione di quel disegno.
Gli accadimenti di oggi si collegano ad un disegno più vasto. Va sottolineato che il PNRR dell’Italia (5) prevede la “riforma del quadro fiscale subnazionale” (Riforma 1.14) che consiste nel “completamento del federalismo fiscale previsto dalla legge n. 42 del 2009, con l’obiettivo di migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo, assegnare le risorse alle amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi e incentivare un uso efficiente delle risorse medesime” (6). La riforma, da completare entro il primo trimestre del 2026 , dovrà definire in particolare i parametri applicabili e attuare il federalismo fiscale per le regioni a statuto ordinario e per le province e le città metropolitane.
Finora, l’attuazione della legge delega del 2009 è avvenuta solo in parte e il processo volto alla compiuta affermazione dei principi del federalismo fiscale è stato sinora caratterizzato da ritardi, incertezze, soluzioni parziali e reiterati differimenti: in particolare, la fiscalizzazione dei trasferimenti, diretta a superare il meccanismo della finanza derivata (7), è stata concretamente realizzata solo per il comparto comunale; la perequazione delle risorse basata sui fabbisogni e sulle capacità fiscali è stata avviata esclusivamente per i comuni delle regioni a statuto ordinario; la perequazione infrastrutturale e il percorso di convergenza ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (8) fanno registrare perduranti inadempienze. La legge delega ha avuto più completa attuazione, invece, con riferimento alla riforma della contabilità nell’ambito del processo di armonizzazione dei bilanci pubblici.
Il federalismo fiscale intende, nello scenario che si è venuto a determinare, attribuire agli enti più vicini al cittadino (come i comuni) maggiori funzioni e politiche di entrata e spesa. In parallelo, viene attribuita a questi enti maggiore autonomia finanziaria, in particolare nella possibilità di stabilire entrate e spese proprie.
Per la Lega, il governo delle risorse finanziarie è stato da sempre il cuore del percorso verso l’autonomia differenziata: del resto, senza soldi non ci cantano messe. Si è compiuta una implicita scelta di modello di federalismo fiscale dentro un quadro di autonomia differenziata, aggiungendo quindi un motore decisivo al percorso di frammentazione dello Stato che si è messo in moto nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione repubblicana (9).
Il disegno di legge Calderoli rischia di essere in qualche modo una arma di distrazione di massa, se non lo colleghiamo anche al percorso del federalismo fiscale: mentre tutte le energie sono concentrate sulla locomotiva della autonomia differenziata, singoli vagoni cominciano a formarsi per poter alla fine comporre il convoglio della frammentazione politica e costituzionale della Nazione.
In particolare, vale la pena di seguire con attenzione la discussione in corso sul disegno di delega fiscale al Governo, approvato a metà luglio alla Camera dei Deputati ed ora in corso di discussione al Senato (2). All’articolo 2, lettera f) , il testo attribuisce al Governo, nella predisposizione dei decreti delegati il compito di assicurare l’applicazione dei principi e criteri direttivi generali di cui alla legge sul federalismo fiscale e precisamente (legge 5 maggio 2009, n. 42) (3):
- del principio di cui all’articolo 2, comma 2, lettera t) che prevede l’esclusione di interventi sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non siano del proprio livello di governo:
nel caso in cui i predetti interventi siano effettuati dallo Stato sulle basi imponibili e sulle aliquote riguardanti i tributi degli enti locali e quelli propri derivati delle regioni, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni ovvero con riferimento alle addizionali regionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, essi sono consentiti a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota o attribuzione di altri tributi e previa quantificazione finanziaria delle predette misure nella Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (10).
- del principio di manovrabilità dei tributi di cui all’articolo 7:
l’articolo 7, comma 1, lettera c), della legge sul federalismo fiscale dispone in relazione ai tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni, che le regioni, con propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria; per le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, le regioni, con propria legge, possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale. La lettera e) del medesimo comma precisa che il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali sono senza vincolo di destinazione (10).
- del principio di flessibilità dei tributi di cui all’articolo 12:
l’articolo 12, comma 1, lettera a), dispone che la legge statale stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale per i tributi propri di comuni e finanze (10).
Il comma 3 dispone che per la predisposizione dei decreti legislativi l’Amministrazione finanziaria si coordina con la Segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP (11) a tal fine supportata dal Nucleo PNRR Stato-Regioni per la cura dell’attività istruttoria con le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali, nel contesto della riforma del quadro fiscale subnazionale prevista dal PNRR.
Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio per il 2023 ha previsto l’accelerazione del processo di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (11), in vista, in particolare, dell’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione) (12) .
A tal fine è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia per la determinazione dei LEP, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituita dai Ministri competenti nelle materie coinvolte, dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dal presidente dell’UPI e dal presidente dell’ANCI. Nel caso in cui la Cabina di regia non riesca a concludere le proprie attività nei termini stabiliti, si prevede la nomina di un Commissario (legge n. 197 del 2022, commi 791-798).(11)
Il successivo comma 799 ha istituito, presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, una Segreteria tecnica quale struttura di supporto della Cabina di regia per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (11).
Il Nucleo PNRR Stato-Regioni è stato istituito dall’articolo 33 del decreto-legge n. 152 del 2021 (13) al fine di fornire al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie il supporto tecnico per la realizzazione delle attività di competenza volte ad attuare le riforme e gli investimenti previsti dal PNRR. Si segnala che il decreto legge n. 13 del 2023 (14) (in corso di conversione al Senato) prevede la riorganizzazione con D.P.C.M., da emanare entro sessanta giorni dalla conversione, di determinate strutture della Presidenza del Consiglio, tra le quali anche il Nucleo PNRR Stato Regioni (art. 1, comma 3).
Il comma 4 stabilisce infine che il Governo assicura, nella predisposizione dei decreti legislativi piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali.
Insomma c’è un incastro tra legge delega di riforma fiscale e disegno di legge sulla autonomia differenziata, che si scioglierà nella articolazione temporale con la quale questi provvedimenti andranno compiutamente in porto, sempre che ci riescano. Il governo avrà due anni di tempo per esercitare la delega di riforma fiscale, dal momento del varo del disegno di legge delega.
Se nel frattempo diverrà legge il ddl Calderoli, inevitabilmente il contenuto della delega sarà condizionato dal contenitore della autonomia differenziata. In caso contrario, invece, la delega fiscale dovrà restare nel perimetro dei rapporti istituzionali che oggi caratterizzano gli equilibri tra potere centrale e potere regionale nell’ambito del Titolo Quinto della Costituzione.
L’emendamento Tajani, Misiani e Boccia entra con i piedi nel piatto della questione della autonomia differenziata.
Nella discussione in Senato del disegno di legge delega fiscale, e veniamo proprio a questi ultimi giorni, nel corso delle votazioni sugli emendamenti ne è stato approvato uno che merita specifica riflessione, che porta tre firme del Partito Democratico, Tajani, Misiani e Boccia (15). Lo riportiamo nella sua integrità perché entra con i piedi nel piatto della questione della autonomia differenziata. Usiamo il carattere grassetto solo per evidenziare alcuni passaggi strategicamente chiari per comprendere l’operazione politica di questo emendamento.
“Dopo il TITOLO III aggiungere il seguente:
TITOLO III-bis
Fiscalità degli enti locali
Art. 18-bis
(Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema fiscale dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province)
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, nel rispetto dei principi costituzionali, in particolare di quelli previsti dall’articolo 119 della Costituzione, il Governo osserva, altresì, i seguenti principi e criteri direttivi per la revisione del sistema fiscale dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province:
a) mantenere il principio della progressività fiscale e, in ogni caso, escludere la doppia imposizione tra Stato ed enti locali, fatte salve le addizionali degli enti sui tributi statali;
b) consolidare il sistema dell’autonomia finanziaria nell’ambito della potestà regolamentare degli enti locali in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione;
c) assicurare la piena attuazione del federalismo fiscale, attraverso il potenziamento dell’autonomia finanziaria, garantendo tributi propri, compartecipazioni a tributi erariali e meccanismi di perequazione, in grado di assicurare l’integrale finanziamento delle funzioni fondamentali attribuite, nonché di superare le differenze territoriali per gli enti locali con minore capacità fiscale, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
d) modernizzare, al fine di ridurre i fenomeni di evasione ed elusione fiscale e aumentare la capacità fiscale degli enti locali, il sistema di rilevazione dei dati prevedendo strumenti idonei a facilitare la circolazione delle informazioni per accelerare l’aggiornamento sistematico degli elementi informativi mancanti;
e) razionalizzare e riordinare i singoli tributi locali, con particolare riferimento ai soggetti passivi, alla base imponibile, al numero delle aliquote, alle esenzioni e alle agevolazioni fiscali, salvaguardandone la manovrabilità a garanzia del mantenimento della dimensione complessiva dei gettiti e degli equilibri di bilancio;
f) prevedere, in linea con i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 14, 15, 16 e 18, anche i seguenti:
1) la semplificazione degli adempimenti dichiarativi, delle modalità di versamento a carico dei contribuenti, estendendo la possibilità di adempiere mediante la compensazione, con facoltà di introdurre forme di cooperazione che privilegiano l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari, con sistemi premiali di riduzione delle sanzioni, prevedendo in tutti i casi anche l’utilizzo delle tecnologie digitali;
2) la revisione del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali anche attraverso forme di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali, pure mediante incentivazioni non onerose per il bilancio dello Stato, per rendere più efficienti le attività di gestione delle entrate degli enti locali con particolare riferimento alle attività dirette all’individuazione di basi imponibili immobiliari non dichiarate. La revisione deve riguardare anche il sistema di vigilanza sui soggetti abilitati ad effettuare l’attività di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, nonché sui soggetti che svolgono esclusivamente le relative funzioni e attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate;
3) la revisione del sistema sanzionatorio, con particolare riguardo al miglioramento della proporzionalità delle sanzioni tributarie;
g) attribuire agli enti locali la facoltà di prevedere direttamente, in virtù della autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all’articolo 119 della Costituzione, tipologie di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali, in materia di entrate di spettanza degli enti locali, attraverso l’esercizio della potestà regolamentare, di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
h) razionalizzare le entrate anche di carattere patrimoniale, prevedendo l’eliminazione di quelle che hanno elevati costi di adempimento per i contribuenti a fronte di un gettito trascurabile per gli enti locali e assicurando le opportune compensazioni di gettito nell’ambito dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge.
1-bis. Al fine di garantire la separazione in due distinti comparti, relativi rispettivamente alle province e alle città metropolitane, i decreti legislativi di cui all’articolo 1, in attuazione dei principi del federalismo fiscale, prevedono:
a) per le province un tributo proprio destinato ad assicurare le funzioni fondamentali con adeguata manovrabilità e una compartecipazione ad un tributo erariale di carattere generale, anche in sostituzione di tributi attualmente esistenti, nonché la previsione di un fondo perequativo ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione;
b) per le città metropolitane un tributo proprio destinato ad assicurare le funzioni fondamentali con adeguata manovrabilità e una compartecipazione ad un tributo erariale di carattere generale, anche in sostituzione di tributi attualmente esistenti, nonché la previsione di un fondo perequativo ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione.”
In sintesi, si prevede la piena attuazione del federalismo fiscale, il rispetto del principio di tassazione proporzionale con meccanismi perequativi, ma senza maggiori oneri per lo Stato, e il conferimento della autonomia regolamentare in materia fiscale agli enti locali. A me sembra di sentire le mani di Calderoli che si sfregano vigorosamente. Una sintonia maggiore di questa verso l’autonomia differenziata dal punto di vista fiscale credo che non l’abbia nemmeno mai sperata.
A me sembra di sentire le mani di Calderoli che si sfregano vigorosamente. Una sintonia maggiore rispetto a questo emendamento di federalismo fiscale verso l’autonomia differenziata credo che il Ministro non l’abbia nemmeno mai sperata.
Vedremo quale sarà il testo conclusivo della legge di delega al governo per la riforma fiscale, e poi vedremo come l’esecutivo declinerà questi principi nei decreti legislativi che sarà a quel punto abilitato ad emanare. A Bocce ferme, per così dire, la battaglia ferma della opposizione contro l’autonomia differenziata esce lesa nella sua coerenza da quanto sta maturando nel disegno di delega fiscale al Governo. Speriamo di sbagliare, ovviamente. Lo scopriremo solo vivendo.