Salva-Milano, il cemento del Pd che spiana Berlinguer

di Tomaso Montanari - Ilfattoquotidiano.it - 30/12/2024
Mentre al cinema i vertici del partito si commuovono per “La grande ambizione”, nel frattempo stravolgono le norme per piacere dei soliti speculatori

In un intervento al comitato centrale del partito, il 4 giugno 1974, il segretario Enrico Berlinguer sottolineava la necessità di mettere fine “al sistematico sacrificio degli interessi pubblici più sacrosanti (la salute, la difesa del paesaggio e del patrimonio artistico, l’ordinato sviluppo urbanistico, l’onesto rispetto della legge e dell’equità) agli interessi privati, di parte, di corrente, di gruppi e uomini nella lotta per il potere”. Cinquant’anni dopo, i vertici del Partito democratico, che piangono al cinema di fronte a La grande ambizione, si apprestano a fare esattamente il contrario di ciò che diceva Berlinguer, sacrificando “l’ordinato sviluppo urbanistico” sull’altare degli “interessi privati”. È questo, in estrema sintesi, il senso ultimo del cosiddetto ‘Salva Milano’, che più correttamente andrebbe chiamato ‘salva amministratori di Milano’. Si tratta di un upgrading del concetto di condono edilizio: avendo sistematicamente aggirato (come minimo) le vigenti leggi urbanistiche, e temendo le conseguenze delle inchieste che sono inevitabilmente state aperte, si prova ora a cambiare quelle leggi.

Non basta, insomma, aver manipolato il passato: ora tocca al futuro. Quattro urbanisti del Politecnico di Milano (Elena Granata, Arturo Lanzani, Antonio Longo e Alessandro Coppola) hanno spiegato con esemplare chiarezza come si sia potuto arrivare a tanto: “A Milano, da dieci anni era divenuta prassi che si realizzassero importanti trasformazioni di isolati e parti di città con la stessa procedura di certificazione con effetto immediato (SCIA) – sebbene nella forma rafforzata ‘alternativa al permesso di costruire’ – con cui si autorizza normalmente una modifica interna di un appartamento o un inizio o conclusione di attività produttive. Questi interventi, il più delle volte di demolizione di un edificio preesistente e di ricostruzione di un nuovo e diverso edificio, erano considerati ristrutturazioni edilizie, con il vantaggio di ottenere una riduzione fino al 60% degli oneri di urbanizzazione altrimenti dovuti, e una sostanziale riduzione dei tempi delle procedure… Milano ha visto spuntare grattacieli all’interno degli isolati, a ridosso di edifici e giardini esistenti, al posto di piccoli capannoni industriali”. Una manna per la speculazione edilizia, e un formidabile volano per uno sviluppo selvaggio della città: una prassi in cui la collettività perde, in un colpo solo, la possibilità di governare la crescita urbana secondo criteri di equità e sostenibilità, e gli introiti che permettano di compiere quelle opere di urbanizzazione (per esempio, il verde pubblico) che trasformano una somma di architetture private in una città. Ebbene, il disegno di legge fortemente voluto dal sindaco Beppe Sala (passato alla Camera con i voti di Pd, Fdi, Forza Italia e Lega, e ora all’esame del Senato) propone di estendere questa prassi a tutta l’Italia: e lo fa dichiarando il falso, e cioè sostenendo che questa sarebbe l’interpretazione autentica di due leggi, in realtà chiarissime nell’escluderla. Con altri 140 studiosi, ho firmato un appello che sottolinea come questa non sia affatto “una misura ‘di interpretazione autentica’, perché questa è possibile soltanto quando la legislazione su cui interviene sia davvero contraddittoria e di difficile interpretazione, mentre sono chiarissimi i principi fondamentali della legislazione statale, più volte confermati da pronunce della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte costituzionale. Questa è invece una riscrittura delle norme urbanistiche, con una evidente intromissione del potere legislativo volta a vanificare le inchieste giudiziarie in corso”.

La filosofia che anima il Salva Milano non è certo nuova: si tratta solo di una via più ipocrita per raggiungere una mèta ben nota, che è la deregolazione urbanistica. Dalla Legge obiettivo al Piano casa di Silvio Berlusconi, allo Sblocca Italia di Matteo Renzi, il fine era identico, ed era ben riassunto dallo slogan ricorrente di queste leggi: “padroni in casa propria”. Un’idea texana della libertà di mattone che mette al primo posto la proprietà privata, e travolge l’interesse pubblico. Come notano ancora i quattro colleghi del Politecnico milanese, “la legge in discussione … rappresenterebbe, nei modi e nel merito, una sconfitta della politica, una rinuncia al buon amministrare, cedendo il passo ad una concezione elementare del mercato e ad un’economia estrattiva e dissipativa di beni comuni”. È proprio questo il punto: se la città delle pietre (e del cemento) è lo specchio più diretto della polis (cioè della città come progetto politico) il Salva Milano svela una drammatica eclissi di politica intesa come arte del “sortirne insieme”, e un trionfo dell’avarizia del salvarsi da soli (per usare una celebre immagine di don Lorenzo Milani). Anche su tutto questo, nei prossimi giorni, Elly Schlein dovrà decidere da che parte sta il suo Pd: con Renzi, o con Berlinguer?

Questo articolo parla di:

archiviato sotto: