Quando un’impresa avvia lavori di manutenzione straordinaria, restauro o risanamento conservativo di un appartamento o di un edificio, deve presentare la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) al Comune di riferimento. Se invece intende realizzare progetti immobiliari di grande entità deve richiedere il Permesso a Costruire, con relativo “piano attuativo”, che prevede, assieme all’edificazione, la dotazione di standard (servizi pubblici, verde, fognature etc), finanziati attraverso gli oneri di urbanizzazione in carico al costruttore. Questo prevede la normativa vigente.
Ma se volete costruire nel Comune di Milano – la città del futuro, inclusiva, sostenibile, secondo il verbo del Sindaco Giuseppe Sala; il fiore all’occhiello della buona amministrazione di centro-sinistra, secondo la vulgata in uso nell’area progressista- come per magia tutto cambia e può passare come semplice ristrutturazione -quindi presentando l’autocertificazione Scia e non pagando alcun onere di urbanizzazione- l’abbattimento di un edificio di tre piani per sostituirlo con un grattacielo di 24 piani, alto 82 metri, con 102 appartamenti per 320 persone (è il caso della Torre Milano in via Stresa, che ha portato al rinvio a giudizio della società Opm).
Attualmente sono 14 i progetti immobiliari finiti sotto inchiesta giudiziaria, ma si calcola che siano oltre 150 gli interventi immobiliari che potrebbero essere dichiarati fuorilegge.
Le indagini riguardano la violazione delle norme urbanistiche, ma anche il danno provocato alla collettività dal mancato introito degli oneri di urbanizzazione e dei relativi servizi che con questi sarebbero stati finanziati e realizzati.
Un calcolo approssimativo, basato su una delle inchieste in corso relativa alle due Park Towers (grattacieli di 23 e 16 piani affacciati sul Parco Lambro), dove l’impropria monetizzazione degli standard ha provocato un mancato introito di 4,5 milioni per il Comune di Milano, porterebbe, calcolando le centinaia di interventi immobiliari e il mancato adeguamento degli oneri di urbanizzazione dell’ultimo decennio, ad una cifra di mezzo miliardo di risorse sottratte alla collettività.
Vista da questa angolazione, diventa più chiara la cifra del “modello Milano”: il paradiso fiscale dei grandi fondi finanziari che investono nel mattone, traendone una rendita abnorme.
Milano è infatti la prima città europea per investimenti nell’immobiliare (28 miliardi, come somma fra quelli già spesi dal 2014 a oggi e quelli previsti fino al 2029) destinati a “rigenerare” oltre 10 milioni di metri quadri di territorio, con un ritorno enorme di valore per la rendita immobiliare e un ritorno irrisorio per gli abitanti della città.
Ne fa fede la drammatica impennata dei costi della casa, sia in vendita sia in affitto, che, oltre al progressivo esodo delle fasce popolari dalla città, sta provocando il paradosso di un’impasse nel funzionamento dei servizi, perché i vincitori di concorsi per scuola, trasporto pubblico, sanità etc, tendono a rinunciare all’incarico dato l’altissimo costo della vita in città.
Se a questo quadro si aggiunge il progetto “Società Casa” attraverso il quale il Comune di Milano intende consegnare tutto il patrimonio edilizio pubblico a fondi immobiliari privati gestiti da Invimit Sgr, società che fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quadro è completo: Milano non è più una città per tutte e tutti, bensì un moderno lunapark per ricchi e turisti. La Milano col cuore in mano del secolo scorso è diventata la Milano con la carta di credito in tasca del nuovo millennio.
Le inchieste della magistratura hanno ovviamente creato un enorme problema, inceppando le magnifiche sorti e progressive della narrazione dominante e bloccando cantieri su cantieri, al punto che gli stessi investimenti, dato lo stallo in corso, rischiano di approdare a nuovi lidi.
È per questo che il Sindaco Sala e la giunta milanese hanno reagito con un livore “berlusconiano” alle iniziative giudiziarie, spergiurando sulla ferrea linea della legalità da sempre intrapresa e seguita dall’amministrazione pubblica, difendendo a spada tratta quanto realizzato e quanto in progetto, fino a garantire le spese legali ai funzionari incappati nell’azione delle toghe.
Ma se tutto è stato portato avanti secondo la normativa vigente e secondo l’interesse generale della città, perché il Sindaco Giuseppe Sala assilla da mesi il governo, chiedendo all’arci-nemico Ministro Salvini di inserire nei provvedimenti di condono una norma ormai divenuta celebre come “Salva Milano”?
Un maxi condono che liberi il Sindaco Sala dalle pastoie attuali e possa fargli intraprendere con serenità il futuro politico di federatore del campo largo del centro-sinistra; un maxi-condono che rischia di essere esteso a tutte le città e di far diventare lo scempio di Milano la nuova legge urbanistica nazionale.