Non si è riusciti a convincere i partiti non di destra a un accordo fondato sulla Costituzione per candidature comuni nei collegi uninominali. Le destre unite da un patto di potere ora sono favorite. La legge elettorale avvantaggia chi si coalizza nell’uninominale. Due volte la legislatura aveva rischiato le elezioni anticipate, alla terza sono arrivate e si voterà con una legge elettorale pessima, quasi certamente incostituzionale.
La legge elettorale decide la composizione del parlamento, può garantire o negare rappresentanza proporzionale delle opinioni politiche e dei territori. In questo caso potrebbe consentire di cambiare la Costituzione sfruttando norme pensate quando la legge elettorale era proporzionale.
Bisognava farci i conti. Troppi hanno sottovalutato la trappola in cui si stavano infilando, per di più dopo il taglio dei parlamentari. Questa legge elettorale garantisce la cooptazione dall’alto e i capi dei partiti hanno già deciso chi verrà eletto.
Ogni partito poteva mantenere il suo profilo politico nel proporzionale contribuendo ad eleggere nel maggioritario sulla base di un patto costituzionale, usufruendo nel proporzionale dei risultati nel maggioritario. E’ stato fatto un regalo alle destre che puntano alla modifica della Costituzione, a partire dal presidenzialismo (Berlusconi ha anticipato lo sfratto a Mattarella) e dall’autonomia regionale differenziata, destinata a spaccare l’Italia tra aree forti e deboli, diminuendo il nostro peso in Europa.
I risultati delle elezioni peseranno sul futuro delle aree più deboli, abbandonate ad una crescente disuguaglianza. Le destre rafforzeranno i più forti, per questo vogliono distruggere il reddito di cittadinanza.
Il clima elettorale è condizionato dalla faccia feroce e guerrafondaia che accetta la guerra invece di concentrarsi su un percorso di pace e coesistenza tra sistemi diversi. Preoccupano le conseguenze della guerra, con una torsione verso l’energia fossile, e problemi come lavoro, diritti, ambiente, emarginazione sociale, povertà in crescita, che presuppongono proposte, lotte e soluzioni innovative.
Fisco: la tassa piatta è far pagare meno chi ha di più, continuando a lasciare il carico del fisco su lavoratori dipendenti e pensionati. La gara a favorire i più forti è aperta, in sintonia con le destre nel mondo.
Malgrado i pericoli per la democrazia Letta e il Pd hanno scelto di insistere sulle sul discrimine delle responsabilità del M5Stelle nella caduta di Draghi, malgrado FI e Lega siano i veri protagonisti della crisi e abbiano impedito l’approvazione di leggi innovative, seminato norme pericolose in vari provvedimenti.
Cingolani alla transizione ecologica è stato un disastro e nell’inverno sommeremo le difficoltà nel gas e nelle energie rinnovabili.
L’inflazione non ha trovato ostacoli e ora la rincorsa redditi/aumento dei prezzi è aperta. Se il reddito disponibile diminuirà, continuerà una competitività fondata sulla contrazione dei salari reali.
La fine anticipata del governo Draghi non doveva sancire una rottura tra chi non è di destra. A meno che non sia la conseguenza di un neoatlantismo senza autonomia, che fa risaltare il ruolo della Turchia anziché dell’Europa. Inoltre Draghi, come scrive Cassese, ci ha messo del suo.
Tra un mese si vota. Ciascuno voterà come ritiene, ma chi punta al voto utile si illude. Le rotture nelle “non destre” sono state verticali, con polemiche roventi, desideri di rivalsa. Inoltre Renzi sta candidandosi a interlocutore del governo delle destre.
L’esito finale delle elezioni è di difficile previsione, ma è evidente che la destra potrebbe fare cappotto nei collegi uninominali.
Nel 2001, dopo la sconfitta, il centro sinistra è stato a lungo incapace di opporsi alla maggioranza di destra. Nel 2008 una destra tronfia arrivò a forzare su nucleare e privatizzazione dell’acqua (esperienza che avrebbe dovuto consigliare di bloccare le privatizzazioni proposte da Draghi) bloccati solo da due referendum abrogativi. Berlusconi ci riprova inventando un inesistente nucleare sicuro e dimenticando che il mondo guarda con terrore alla centrale ucraina che potrebbe diventare una nuova Chernobyl.
Il referendum non è una via agevole, né può essere usato a sproposito come dimostra il fallimento di quelli voluti da Lega e radicali.
Dopo il voto la parola potrà tornare alla società, a quanti non accettano i diktat delle destre e sono pronti a impegnarsi in tutti i modi, compresi i referendum. Si dovrà fare sintesi tra lavoro e ambiente, troppe volte divisi. Bisognerà convincere che il No all’autonomia regionale differenziata è interesse dell’Italia e sostenere da settembre la proposta di legge per cambiare gli articoli 116 e 117.
Decisivo è rilanciare il valore e l’attualità di questa Costituzione, dei suoi principi, del suo orizzonte sociale avanzato.