Il Viminale investe 7,2 milioni di euro per noleggiare un drone e pattugliare le frontiere marittime “esterne” e “contrastare l’immigrazione clandestina”. Nessun accenno alla ricerca e soccorso dei naufraghi. Una sola offerta pervenuta, quella di Leonardo (ex Finmeccanica). Intanto il governo nega l’accesso ai verbali della cooperazione Italia-Libia
Noleggiare un drone aereo al costo di 7,2 milioni di euro per poter “estendere la sorveglianza delle frontiere marittime esterne” fino a 560 chilometri dalle coste siciliane e quindi “contrastare l’immigrazione clandestina” nel Mediterraneo. È la nuova strategia del ministero dell’Interno che a metà ottobre 2020 ha visto pervenire una sola offerta da parte di Leonardo Spa (ex Finmeccanica). Si chiude così il cerchio della esternalizzazione delle frontiere e dei respingimenti delegati alle milizie libiche equipaggiate dall’Italia e dall’Unione europea.
È quanto emerge dagli atti di gara a cura della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere, organo del Viminale che si è mosso al fine di “incrementare il patrimonio di conoscenze” in capo al Centro nazionale di coordinamento del Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Ncc/Eurosur) sotto l’egida dell’agenzia Frontex.
Come riconosciuto dallo stesso ministero, il noleggio di un drone a pilotaggio remoto per 12 mesi, alla cifra di 5mila euro per un’ora di volo e comprensivo di servizi di supporto tecnico logistico e di addestramento di quattro piloti, costituisce una “innovazione di rilievo”. L’appalto, finanziato da qui al giugno 2022 con le risorse del Fondo sicurezza interna 2014-2020 (Isf), risponde all’ossessione del controllo e della sorveglianza e segue alla sostanziale eliminazione di un sistema istituzionale di ricerca e soccorso in mare.
Il capitolato tecnico dà l’idea della portata della fornitura, inizialmente pari a 8,8 milioni di euro (Iva inclusa), poi rettificata dal ministero il 22 ottobre a 7,2 milioni poiché esente Iva. Le ore di volo per le “missioni” del drone dovranno essere come minimo 1.200 spalmate su 12 mesi con la possibilità di estenderle a 1.800 su 18 mesi. Il “bacino d’interesse” è quello del Mediterraneo centrale coprendo un’area localizzata a una distanza massima di 300 miglia nautiche (560 chilometri) dagli aeroporti di partenza (Trapani, Lampedusa, Ragusa-Comiso). Verrà svolta la “sorveglianza di aree predefinite alla ricerca di punti specifici”, la “rilevazione e identificazione degli oggetti di interesse”, il loro “tracciamento”, la “correlazione tra le tracce”, il “monitoraggio del comportamento di oggetti d’interesse senza essere individuati”. Il tutto verrà videotrasmesso in tempo reale al Ncc/Eurosur e a un portale per l’accesso “web sicuro”.
Il drone opererà di giorno e di notte, con un’autonomia di almeno 12 ore, non rilevabile “visivamente o acusticamente” ad almeno 6.000 piedi di quota e in grado di identificare oggetti di due metri di grandezza a una distanza di quattro chilometri. Nessun accenno al contributo per la ricerca e soccorso in mare dei naufraghi. Come detto Leonardo Spa è la sola azienda ammessa alla “fase due” della gara in quanto unico operatore economico ad aver formulato un’offerta.
La nuova strategia del Viminale per il contrasto ai flussi nel Mediterraneo centrale si inserisce in un quadro caratterizzato da una scarsissima trasparenza, in particolare per ciò che riguarda le relazioni tra l’Italia e le cosiddette “autorità libiche” per la cooperazione in materia migratoria.
Il 16 ottobre 2020 il ministero dell’Interno si è infatti rifiutato ancora una volta di rendere accessibili ad Altreconomia i verbali delle riunioni bilaterali tra gli “esperti” di Italia e Libia svolte a seguito della firma del Memorandum d’intesa tra Roma e Tripoli del febbraio 2017. “Un’eventuale pubblicazione di informazioni attinenti a strutture, equipaggiamenti e servizi delle istituzioni di Stati esteri, ottenute attraverso rapporti operativi, sarebbe contraria ai principi di correttezza che usano caratterizzare le relazioni internazionali”, ha scritto il direttore centrale della Dg immigrazione e Polizia delle frontiere, Massimo Bontempi, nell’atto di diniego alla nostra istanza di accesso civico. Niente “disclosure”, quindi.
A chiudere questo cerchio sono invece i dati inediti della Guardia costiera sulle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale che, finalmente, il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto ha deciso di trasmettere ad Altreconomia dopo mesi di resistenza (ancora non sono fruibili online). Tra gennaio e settembre 2020 sono state soccorse sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana 3.780 persone a bordo di 75 imbarcazioni. Un dato fortemente inferiore rispetto ai 21.045 sbarchi nello stesso periodo, il che significa che la Guardia costiera continua a classificare una minima parte dei naufraghi come “persone soccorse” e una gran parte invece come persone intercettate nel corso di operazioni di polizia. Inoltre non è dato sapere quali assetti abbiano compiuto i soccorsi -se navi delle organizzazioni non governative o mezzi istituzionali- e quanti naufraghi siano stati invece catturati dalle milizie libiche.