Se arriveremo alle prossime tornate elettorali con la situazione attuale la probabile larga vittoria della destra cancellerà definitivamente la nostra Repubblica, nata dall’antifascismo e dalla convergenza di culture diverse ma compatibili, per riportarci all’incubo dell’uomo (o della donna) solo/a al comando, che il nostro Paese ha conosciuto e pesantemente pagato un secolo fa.
Continuando così l’attuale frattura fra opinione pubblica e politica non può che ampliarsi, di fronte a un sistema che non è più in grado di garantire la rappresentatività delle Istituzioni, con una conseguente crescita dell’astensionismo nell’area democratica.
D’altronde la nostra sciagurata legge elettorale (che nessuno sembra voler cambiare) penalizza, fino a stravolgere la volontà degli elettori, le liste che si presentano separate, anche in presenza di programmi fortemente simili.
Le scelte dell’attuale governo, che dispone del 60% del Parlamento avendo ottenuto meno del 30% dei voti potenziali e circa il 40 di quelli espressi, puntano esplicitamente a screditare l’intero sistema istituzionale: dal tentativo di impedire il funzionamento del sistema giudiziario (‘riforme’ Nordio), allo strangolamento finanziario dei servizi pubblici fondamentali, che si cerca di paralizzare facendo loro mancare i finanziamenti indispensabili e favorendo in tutti i campi la speculazione privata.
Il prossimo passo sembra possa essere il tentativo di passare a un sistema presidenzialistico fortemente centralizzato, sul modello dei Comuni e delle Regioni, il cui esito in questi anni è stato una crescita verticale degli sprechi e della corruzione, fino all’assalto alla diligenza rappresentato dalla pretesa di frazionare a livello regionale le principali scelte politiche, cancellando l’unità nazionale con la pretesa di ‘autonomie differenziate’.
Di fronte a questa prospettiva l’opposizione, pur in presenza di una ampia area della opinione pubblica che dimostra quotidianamente di non condividere le scelte governative su temi fondamentali (come le politiche per la salute, il sostegno alla scuola publlica, l’invio di armi a Paesi in guerra, ecc...) non riesce a trovare una posizione condivisa.
Continuano così le polemiche identitarie, i personalismi, la incapacità di rinnovarsi presentando volti nuovi e proposte radicali per far fronte ai problemi del Paese. Il PD, teoricamente maggiore forza di opposizione, non riesce a liberarsi della pesante eredità renziana che condiziona le scelte di una segretaria eletta non si sa bene da chi, e osteggiata da gran parte della organizzazione che dovrebbe guidare.
In questa situazione prevedere un disastro elettorale non è pessimismo, e chiedere ai cittadini e alle cittadine di buona volontà impegnati nell’associazionismo civico di esprimere quella unità che le forze politiche tradizionali non riescono a concepire è forse l’unica speranza di salvare la nostra democrazia.
Continuando così l’attuale frattura fra opinione pubblica e politica non può che ampliarsi, di fronte a un sistema che non è più in grado di garantire la rappresentatività delle Istituzioni, con una conseguente crescita dell’astensionismo nell’area democratica.
D’altronde la nostra sciagurata legge elettorale (che nessuno sembra voler cambiare) penalizza, fino a stravolgere la volontà degli elettori, le liste che si presentano separate, anche in presenza di programmi fortemente simili.
Le scelte dell’attuale governo, che dispone del 60% del Parlamento avendo ottenuto meno del 30% dei voti potenziali e circa il 40 di quelli espressi, puntano esplicitamente a screditare l’intero sistema istituzionale: dal tentativo di impedire il funzionamento del sistema giudiziario (‘riforme’ Nordio), allo strangolamento finanziario dei servizi pubblici fondamentali, che si cerca di paralizzare facendo loro mancare i finanziamenti indispensabili e favorendo in tutti i campi la speculazione privata.
Il prossimo passo sembra possa essere il tentativo di passare a un sistema presidenzialistico fortemente centralizzato, sul modello dei Comuni e delle Regioni, il cui esito in questi anni è stato una crescita verticale degli sprechi e della corruzione, fino all’assalto alla diligenza rappresentato dalla pretesa di frazionare a livello regionale le principali scelte politiche, cancellando l’unità nazionale con la pretesa di ‘autonomie differenziate’.
Di fronte a questa prospettiva l’opposizione, pur in presenza di una ampia area della opinione pubblica che dimostra quotidianamente di non condividere le scelte governative su temi fondamentali (come le politiche per la salute, il sostegno alla scuola publlica, l’invio di armi a Paesi in guerra, ecc...) non riesce a trovare una posizione condivisa.
Continuano così le polemiche identitarie, i personalismi, la incapacità di rinnovarsi presentando volti nuovi e proposte radicali per far fronte ai problemi del Paese. Il PD, teoricamente maggiore forza di opposizione, non riesce a liberarsi della pesante eredità renziana che condiziona le scelte di una segretaria eletta non si sa bene da chi, e osteggiata da gran parte della organizzazione che dovrebbe guidare.
In questa situazione prevedere un disastro elettorale non è pessimismo, e chiedere ai cittadini e alle cittadine di buona volontà impegnati nell’associazionismo civico di esprimere quella unità che le forze politiche tradizionali non riescono a concepire è forse l’unica speranza di salvare la nostra democrazia.