Come era facilmente prevedibile le conseguenze del risultato elettorale dello scorso settembre vanno ben al di là della semplice alternanza fra forze politiche, fisiologica nei sistemi democratici.
L’obiettivo almeno di una parte della attuale maggioranza parlamentare è la distruzione del modello etico-sociale delineato nella Costituzione repubblicana e antifascista del 1948.
Per questo non c’è da stupirsi se ai temi tradizionali della destra (controllo della magistratura e della informazione, indulgenza verso i reati dei colletti bianchi, politica fiscale favorevole ai più ricchi, nazionalismo più o meno becero, ecc….) si affianca lo spettro dell’uomo ‘forte’, che decide e comanda da solo.
Argomento che d’altronde non è del tutto estraneo nemmeno a alcuni partiti della minoranza che pure nella Costituzione si riconoscono.
L’approvazione delle riforme istituzionali minacciate dalla Meloni (e già in corso), che potrebbero non essere nemmeno sottoposte alla valutazione degli elettori grazie alla convergenza di forze non esplicitamente parte della maggioranza (Renzi, Calenda e altri), significherebbe il definitivo abbandono di fatto del modello rappresentativo parlamentare su cui è costruita la nostra Repubblica. Un modello nel quale gli Italiani si sono riconosciuti in occasione di due referendum (2006 e 2016) a larga maggioranza.
Non possiamo però non prendere atto che negli ultimi anni l’attenzione della opinione pubblica sui temi istituzionali si è molto allentata; per l’aggravarsi dei problemi della vita quotidiana, la nuova attenzione alle tematiche ambientali e la drammaticità della crisi ukraina, ma soprattutto per la frustrazione derivante dalla perdita di credibilità del Parlamento, ridotto a funzioni di mera conferma delle decisioni dell’esecutivo e sempre più lontano dai problemi reali della cittadinanza; come dimostra fra l’altro, il tentativo di frazionare il Paese in venti repubblichette iper presidenziali, amministrate da ‘governatori’ dotati di pieni poteri, che tratterebbero da pari a pari col governo nazionale.
La impossibilità per i cittadini di scegliere i loro rappresentanti, a causa di una legge elettorale scandalosamente sbagliata e difesa di fatto trasversalmente da quasi tutte le forze politiche, e la conseguente caduta della qualità etica e intellettuale del dibattito parlamentare costituiscono il pericolo maggiore e facilitano il percorso verso il presidenzialismo o il premierato (che pure sono cose ben diverse) le cui conseguenze appaiono meno gravi in una situazione di disaffezione per l’impegno politico dimostrata dalla crescita esponenziale dell’astensionismo.
Non può dunque esistere una reale opposizione al miraggio della elezione diretta del ‘capo’ presentata da questo governo, che non comprenda un impegno concreto per una nuova legge elettorale e una campagna di moralizzazione della vita pubblica.
Su questi temi è urgente che si formi un ampio schieramento che vada ben al di là della attuale opposizione parlamentare e mobiliti tutti quei cittadini che stanno dimostrando la loro voglia di partecipare alle scelte con senso civico operando nel mondo variegato dell’associazionismo.