Oltre 220 realtà associative e di movimento e oltre 800 persone attive individualmente stanno dando gambe a un percorso di convergenza, nato già durante il primo lockdown, con l’obiettivo di trarre i dovuti insegnamenti dettati dall’arrivo dell’epidemia da Covid19, dichiarando l’insostenibilità di una società basata sull’economia del profitto e proponendo l’orizzonte alternativo di una società della cura .
Partendo dalla constatazione di come l’epidemia non fosse un evento esogeno, bensì interno a un modello socio-economico che ha connotato ogni realtà produttiva, sociale, relazionale sulla base dello sfruttamento e della mercificazione, sono state espresse la volontà di “non voler tornare alla normalità, perché la normalità era il problema” e la necessità di un salto di qualità per connettere lotte, solidarietà e mutualismo dentro l’orizzonte di un’alternativa di società.
Una società della cura, capace di porre il “noi” al posto della solitudine competitiva dell’”io”, l’interrelazione di genere al posto del domino patriarcale, l’interdipendenza con la natura al posto dell’estrattivismo predatorio. Il virus ha determinato il collasso di un modello basato su una folle crescita, interamente dettata dalla velocità dei flussi di merci, capitali e persone (quelle legate alla produzione di valore, non quelle costrette alla migrazione) dai quale estrarre profitti, scaricando effetti sociali e ambientali sulla collettività e sui territori.
Si sono aperte importanti faglie dentro la narrazione del pensiero unico del mercato e si è aperto un conflitto fondamentale su come uscirne e verso quale direzione.
Non vi è dubbio di quale sia la scelta da parte dei ceti ricchi, del mondo delle imprese, dei grandi interessi finanziari: richiudere nel più breve tempo possibile quelle faglie dietro lo slogan del rilancio dell’economia, accaparrandosi i fondi pubblici messi a disposizione e ridisegnando la società dentro un modello di liberismo autoritario.
Non vi è parimenti alcun dubbio su quale debba essere la strada da intraprendere per immaginare un futuro diverso: far diventare fratture quelle faglie e affrontare, con approccio sistemico, tanto la crisi climatica e ambientale quanto l’enorme diseguaglianza sociale che attraversano il pianeta.
Di fronte a un modello che, dentro la drammaticità della seconda ondata di epidemia, punta solo alla propria sopravvivenza, mettendo in contraddizione reddito e salute e dividendo le esistenze in vite degne e vite da scarto, il percorso di convergenza dei movimenti afferma come nessuno possa essere lasciato indietro, garantendo a tutt* reddito e aiuti per tutta la durata dell’emergenza sanitaria, e massicci investimenti per sanità, scuola e trasporti; prelevando le risorse laddove si trovano, attraverso una tassa sugli alti redditi e patrimoni, la drastica riduzione delle spese militari, il blocco delle Grandi Opere, il ritiro dei sussidi ambientalmente dannosi. E predisponendo da subito un piano di conversione ecologica della produzione agricola e industriale, della gestione dei beni comuni e del territorio, e di conversione sociale e culturale attraverso il diritto al reddito e la costruzione di un nuovo welfare universale.
Sabato 21 novembre in decine di piazze (reali o virtuali a seconda della specifica situazione epidemiologica) il percorso per la società della cura invita tutte le donne e gli uomini, le realtà associative e di movimento, le forze sociali e sindacali ad essere presenti con le loro lotte, vertenze, proposte, pratiche di mutualismo e solidarietà.
Siamo di fronte al bivio di sempre, scegliere fra la Borsa e la vita.
Si tratta semplicemente di scegliere la vita. Tutt* assieme, la vita.