I principi europei, in tema di diritti umani, spesso enunciati con enfasi in occasioni di discorsi o celebrazioni ufficiali, si frantumano drammaticamente nella realtà delle frontiere interne ed esterne del Vecchio Continente. Una realtà violenta, ingiusta, spietata, che si accanisce sui diritti di esseri umani costretti a sopravvivere ai margini e a bramare una giustizia che viene costantemente negata dai governi. È quello che emerge leggendo i dati e le conclusioni del rapporto di “Protecting Rights at Borders” (PRAB), una rete di organizzazioni europee presenti in 8 Paesi, di cui fanno parte, per quanto riguarda l’Italia, ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Diaconia Valdese e Danish Refugee Council (DRC) Italia, e che monitora le violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’UE. Il rapporto del PRAB, giunto alla nona edizione, documenta le pratiche di respingimento illegale, la negazione del diritto d’asilo e le violenze subite dai migranti ai confini europei.
Il quadro è terrificante: emerge infatti che, tra gennaio e ottobre 2024, i respingimenti sono stati oltre 46.000. Ed è perfino un numero parziale, sottostimato, perché molti respingimenti avvengono in zone remote, lontano dalle frontiere ufficiali. Esiste quindi uno sconcertante universo di violazioni, operate dai governi e taciute dalla politica, per quel che riguarda i movimenti delle persone e la possibilità di chiedere e ottenere protezione e asilo in Europa. La guerra ai migranti, agli ultimi, annunciata e perseguita praticamente da tutti i governi degli Stati membri dell’UE, la scelta stessa di considerare ufficialmente la migrazione una minaccia per la sicurezza (come indicato dalla Commissione Europea a fine 2024), hanno rotto ogni argine e fatto tracimare le volontà, tanto care ai conservatori, ai reazionari e ai sovranisti in ascesa, di limitare o negare diritti riconosciuti dalle norme internazionali e da gran parte delle carte costituzionali dei singoli Paesi.
Così, migliaia di persone si trovano tragicamente sottoposte a violenze di ogni sorta, ad atti di sopraffazione fisica, pestaggi, furti, estorsioni e trattamenti disumani, come l’abbandono o il trattenimento in luoghi privi di riparo, cibo, acqua e servizi essenziali. Nella rotta balcanica, ad esempio, il rischio di violenza fisica e psicologica è molto più elevato e si unisce alle rigide condizioni climatiche: ricordiamo bene le immagini dei migranti costretti a stare al freddo, senza un riparo, senza alcun bene primario. Il rapporto del PRAB, inoltre, anche attraverso testimonianze dirette, racconta che i migranti vengono costretti a firmare documenti incomprensibili, non vengono informati nella loro lingua sui propri diritti, sono abbandonati in zone impervie, mentre le loro richieste di protezione vengono volutamente ignorate. Come dimostrano peraltro le sentenze della CEDU, che hanno sanzionato diversi Stati per violazione dei diritti umani. Un destino atroce, dunque, quello che il continente europeo riserva a un numero ben più grande di quello contenuto nel rapporto, un trattamento in contrasto con i valori dell’Unione Europea.
A tal proposito, il PRAB evidenzia le criticità del Patto europeo sulla Migrazione e sull’Asilo del maggio 2024: esso, infatti, prevedeva meccanismi di monitoraggio indipendenti, in modo da tutelare i diritti dei migranti, ma questo monitoraggio si limita in verità alle sole strutture ufficiali, cioè senza considerare le violazioni che avvengono altrove, in quelle che sono definite “frontiere verdi”. Lì, lontano da occhi indiscreti e da registri ufficiali, in mezzo a un silenzio nebbioso e crudele, negare un diritto con violenza e indifferenza è la regola. Qualcosa che le organizzazioni non governative, i volontari e gli operatori delle associazioni conoscono e provano ad arginare e a portare alla luce, subendo però sempre più ritorsioni da chi governa. È il caso delle tante azioni di contrasto contro le Ong, con le infami politiche di criminalizzazione della solidarietà, come ad esempio è avvenuto in Grecia e Polonia, dove gli operatori sono stati perseguiti per aver fornito assistenza ai migranti in cerca di protezione e di diritti.
E l’Italia? Il nostro Paese non è da meno e, in questo scempio umanitario, compie il suo sporco dovere. Il governo Meloni, quello della strage di Cutro e della guerra ai migranti, usa la mano dura lungo i suoi confini. Le organizzazioni italiane ASGI e Diaconia Valdese che, insieme al Danish Refugee Council (DRC) Italia, da anni monitorano e documentano queste violazioni e che hanno collaborato alla stesura del rapporto PRAB, confermano le violazioni dei diritti umani, i respingimenti alla frontiera e le riammissioni illegali, segnalando situazioni molto critiche ai confini con la Francia e con la Slovenia. Le situazioni variano da frontiera a frontiera, ma alla base di tutto c’è la stessa visione crudele della gestione del fenomeno migratorio. Al confine con la Slovenia, ad esempio, l’Italia ha reintrodotto i controlli il 21 ottobre 2023 e da allora le persone fermate sono state allontanate senza che fosse valutata la loro situazione e il loro diritto di richiedere la protezione internazionale, impedendo così l’accesso all’asilo.
Situazione simile si registra al confine con la Francia, dove le autorità francesi, nel tempo, hanno adottato strumenti burocratici diversi per respingere i migranti. Dopo l’iniziale uso del “Refus d’entrée”, dichiarato illegale, sono stati introdotti altri due documenti: l’“Arrêté” e il “Proces Verbal”. Queste due misure formalizzano il respingimento senza un esame individuale delle richieste d’asilo. In questo modo vengono respinte anche persone provenienti da Paesi con alti tassi di riconoscimento dell’asilo, come Eritrea e Sudan. Oltre a ciò, esiste un fenomeno ancora più insidioso e meno ufficiale alle frontiere italiane: le riammissioni informali. In poche parole, le persone vengono respinte lontano dai valichi ufficiali, spesso nelle stazioni ferroviarie o degli autobus, o addirittura in zone remote, rendendo difficile qualsiasi monitoraggio delle violazioni subite. A peggiorare il quadro è anche la totale assenza di vie legali di ricorso. In molti casi, le persone respinte non hanno alcuna possibilità di contestare la decisione, rimanendo intrappolate in un ciclo di espulsioni illegali.
Questa mancanza di tutela giuridica aumenta la possibilità ai governi di negare il diritto alla protezione internazionale, in un clima di totale impunità e in spregio ai diritti umani e alle forme di tutela riconosciute. Una situazione inaccettabile che, se non fosse per le organizzazioni sociali, per i volontari e gli operatori che forniscono assistenza legale e umanitaria, resterebbe probabilmente nel silenzio più assoluto e troverebbe ancor meno spazio in un’opinione pubblica indifferente o drogata da una distorta narrazione politico-mediatica. Nel caos delle questioni geopolitiche ed economiche, interrotte di tanto in tanto da episodi poco interessanti di costume politico, i governi mantengono un perfetto e funesto ordine per quel che riguarda la guerra ai diritti e la strategia di criminalizzazione e di annichilimento dei migranti. Un ordine violento, che silenziosamente e vigliaccamente si scatena sulla pelle, sui bisogno e sulle speranze degli ultimi. Con buona coscienza dell’incattivito popolo europeo.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org