Mi sono innamorata dell’Inghilterra attraverso i libri di P.G.Wodehouse, quando ero ancora una ragazzina: adoravo il maggiordomo Jeeves e il suo stralunato principale Berto Wooster, e zia Dalia Travers, appassionata di caccia alla volpe, che aveva una voce che pareva strillasse sempre “Tally-ho! Tally-ho!”, come quando si avvista il povero animale. E l’impareggiabile cuoco Anatolio? E Onoria Glossop la cui risata ricordava il galoppo di un cavallo su un ponte di ferro? Personaggi straordinari quelli dei racconti di Wodehouse, che popolavano un mondo pacifico, con piccoli problemi sempre risolti dal geniale maggiordomo, sullo sfondo di una verdeggiante e serena campagna inglese.
Nonostante da adulta sia stata in Inghilterra almeno una dozzina di volte, non so perché, ma l’immagine astratta che ne ho è ancora quella che vedevo nella mia fantasia di bambina. Adoravo l’Inghilterra, dove ho numerosi amici e amiche, ho vissuto dunque come un tradimento il voto favorevole alla Brexit, come un rifiuto, un ripudio, un rinnegamento offensivo e inspiegabile. Ho pianto, ho sperato che si potesse recuperare, che si rifacesse un referendum, che la “perfida Albione” non se ne andasse via dall’Europa. Invano. Adesso penso che dovranno sbattere il muso su questo errore di valutazione, frutto di una sciocca e ingiustificata spocchia britannica.
Boris Johnson ha chiuso questa disgraziata vicenda, iniziata da uno sconsiderato e codardo David Cameron, che dopo aver lanciato il sasso del referendum nascose la mano e si dileguò. Johnson, mastodontico, volgare primo ministro inglese ha trovato buona questa idea di fuga, forse nel fondo di uno dei suoi numerosi bicchieri di wisky, e ne ha fatto un cavallo di battaglia. Sarà forse per questo che persino sua sorella e suo fratello lo hanno abbandonato, eppure ha un suo seguito nell’UK, evidentemente presso chi lo conosce meno bene di loro. Col suo ridicolo ciuffo e il suo eloquio pedestre ed elementare, cerca miseramente di assomigliare a un altro miserabile spacciatore di fake news, il presidente americano Donald Trump. Entrambi campioni e idoli di tutti i rednecks, campesinos, sempliciotti paesani di lingua inglese, stanno trascinando il mondo in un baratro di imbecillità, ignoranza, pochezza e razzismo, che promette solo guai futuri, per tutto il mondo.
Ma l’UK ha qualche problema in più: questa Brexit sta dilvidendo il paese in mille pezzi dolorosi: i voti raccolti da entrambi i fronti, disegnano delle differenze notevoli fra le grandi città, come Londra o Manchester, o Liverpool, e le campagne, ma questo scontro di opinioni potrebbe anche riaprire un contenzioso fra l’ Ulster (Irlanda del nord, sotto il Regno Unito) e l’EIRE (l’europeista Repubblica d’Irlanda) e fra la Scozia e l’Inghilterra.
Da un sondaggio, pubblicato dalla BBC in un articolo, emergono alcuni elementi molto interessanti: dai dati si evince infatti che le variabili socio-demografiche che spiegano maggiormente la distribuzione dei voti tra favorevoli e contrari all’uscita dalla UE sono, in ordine decrescente di importanza: il livello di istruzione, l’età e l’etnia.
Secondo l’articolo “Nelle aree in cui la maggior parte della popolazione ha dei bassi titoli di studio il voto è stato più favorevole al Leave, mentre nelle zone con molti laureati ha prevalso il Remain. Perché? Le ipotesi principali sono due: da un lato è presumibile che i lavoratori poco qualificati si sentano minacciati dalla globalizzazione e dall’immigrazione; dall’altro lato, molte ricerche evidenziano che i non laureati hanno posizioni più conservatrici, rispetto alla popolazione generale, su alcune tematiche come il multiculturalismo e la pena di morte. Questo spiegherebbe perché gli elettori con un titolo di studio inferiore abbiano preferito il Leave in maggior misura rispetto ai laureati anche quando sia gli uni che gli altri appartenevano alla stessa classe sociale o svolgevano lo stesso lavoro.”
Anche l’età degli elettori è uno dei fattori che spiegano il voto alla Brexit. Gli anziani hanno preferito il Leave e i giovani il Remain.
Conclude l’articolo “Da una panoramica dei vari distretti del Regno Unito si evince che tra le roccaforti del Leave vi sono in prevalenza quartieri periferici e con residenti autoctoni, con alti livelli di povertà e disagio sociale e con bassa scolarizzazione. Specularmente, le zone con una netta affermazione del Remain sono perlopiù aree ricche, con una forte presenza di giovani (per esempio gli studenti delle università più prestigiose), o con un’integrazione riuscita tra britannici e residenti di altre etnie.”
La situazione che si è creata è comunque l’ immagine netta di una dicotomia inconciliabile: il paese è diviso a metà e su posizioni antitetiche rispetto a qualsiasi argomento, tematica, scelta politica. Come si evolveranno tutte queste divisioni è da analizzare man mano nel tempo. Qualcuno dice che l’Irlanda del nord tornerà ad essere un paese sconvolto da divisioni antiche e che forse rivedremo risolgere l’IRA. Altri dicono che la Scozia finirà per andarsene, mollando la pesante convivenza con gli odiati inglesi. Ma a tagliare la corda non sarà solo la Scozia o l’Irlanda: a lasciare l’Inghilterra saranno in molti.
Intanto l’Australia ha già detto che resterà nel Commonwealth solo fino a che Elisabetta regnerà, ma poi se ne andrà per conto suo. Il 1° gennaio 2018, infatti, il Primo ministro australiano, Malcolm Turnbull, ha più volte espresso l’auspicio di veder diventare l’Australia una repubblica alla fine del regno di Elisabetta II. In questo modo si è espressa anche la Nuova Zelanda. Nel 2016, infatti, un sondaggio sembrava indicare un aumento dei pareri dell’opinione pubblica a favore della repubblica. Infatti il 60% dei neozelandesi ha manifestato la sua preferenza per un ipotetico capo a scapito del principe Carlo. Solo il 30% era favorevole al futuro re. Stessa posizione anche per il Canada: secondo un sondaggio realizzato da Ipsos per Global News, oltreoceano una gran parte dei canadesi pensa che «la regina e la famiglia reale, che non sono altro che delle celebrità, non dovrebbero rivestire alcun ruolo ufficiale nella società canadese» La metà dei canadesi si dichiara a favore dell’abbandono dei legami con la monarchia alla fine del regno della regina Elisabetta.
Beh, a proposito di fughe: lo stesso principe Herry e sua moglie Megan se ne sono già andati per i fatti loro, o come si dice: se la sono filata all’inglese…
E allora, per dirla con Agatha Christie, poi non rimase nessuno…?
Barbara Fois
Approfondimenti
Per chi volesse conoscere tutta la storia del referendum Brexit-Remain si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_sulla_permanenza_del_Regno_Unito_nell%27Unione_europea