Devo confessare che mi sento confusa: fino a due giorni fa pensavo che il tempo di quarantena da doversi osservare fossero almeno 14 giorni, cioè due settimane, e che questo valeva non solo per ciascuna persona, ma anche per i centri abitati contagiati. Lo stesso governatore Fontana ha cercato di dare il buon esempio – sia pure maldestramente – e si è messo in autoquarantena indossando la mascherina in diretta video. Sui TG ci hanno fatto vedere i posti di blocco che vieterebbero ingressi e uscite dai paesi della “zona rossa”, peccato però che la troupe del programma Rai “Chi l’ha visto?” (ironia del nome) l’altro giorno abbia dimostrato che i posti di blocco non c’erano proprio da nessuna parte, compreso nei centri considerati “focolai” del virus, che dunque avrebbero dovuto essere maggiormente controllati. E che ci sia davvero poco controllo è indirettamente testimoniato dal fatto che i casi positivi a Palermo, a Caserta e nel Lazio sono collegati a persone provenienti dalle zone infette della Lombardia.
Questa comunque era la situazione fino all’altro ieri: paesi e città vuoti, gente in quarantena, teatri, gallerie d’arte, negozi e perfino chiese serrati, e i bar chiusi alle 18,30 (ma perché: il coronavirus infetta solo dopo le 7 di sera? Mah….)
e adesso invece - e non è passata nemmeno una settimana intera - si vuole riaprire tutto, i ragazzini devono tornare a scuola, le imprese e gli uffici debbono riaprire e Zaia dice che dal 2 marzo in Veneto si ricomincia a vivere normalmente. Scusate, ma forse mi sono distratta un attimo e mi son persa il momento in cui hanno detto che è passato il peggio! Dite che non mi sono persa niente? Già, era quello che pensavo. Ma allora, cari amici e compagni, siamo davanti a una alternativa inquietante: o fino ad ora ci hanno riempito di balle e hanno drammatizzato la situazione - ma gli 888 contagi di cui 21 morti e 46 ufficialmente guariti sono dati ufficiali e non frutto di fantasia e ci dicono che qualcosa è successo, eccome! - oppure l’unica altra possibilità è che le borse andate a picco e la perdita continua di denaro ogni giorno che passa in isolamento, siano state più importanti della sicurezza dell’intero paese. E questo sarebbe ancora più demenziale che aver esagerato nelle precauzioni. Sarebbe peggio: sarebbe criminale. E forse anche inutile e controproducente, perché il fatto che noi riapriamo tutto non vuol dire che gli stranieri abboccheranno e rischieranno di venire in un paese che appare così contraddittorio e poco credibile.
Nessuno ci fa più entrare nei propri paesi: i croceristi italiani in Giamaica non hanno potuto lasciare la nave e mettere piede a terra, anche se stavano tutti benissimo. In Grecia hanno fermato alla dogana tonnellate di forme di grana padano per paura di un qualche contagio, anche se la commissione europea ha stabilito che "Non vi è alcuna trasmissione di coronavirus tramite alimenti, pertanto misure" restrittive sul commercio "di prodotti alimentari non sarebbero giustificate". Ma la gente ha paura lo stesso. Negli Stati Uniti l’allerta nei riguardi di persone provenienti dal nostro Paese è salita a livello 3 e vengono sconsigliati viaggi nel Bel Paese. Ovunque ci trattano come appestati e del resto abbiamo contagiato diversi paesi. E questo ostracismo non è piaciuto alle borse, ai profitti e a chi si è sempre creduto il sale della terra, dunque cosa dobbiamo pensare davanti a questo cambio di fronte? Che qualche padano ha pensato che fosse meglio “nascondere la spazzatura sotto il tappeto” come si dice, e far finta che tutto va ben madama la marchesa? La cosa oltretutto sta cominciando ad avere degli effetti collaterali paradossali: iniziano infatti a spuntare dei cartelli nel sud in cui è detto “Non si affitta a settentrionali”, una sorta di risposta postuma e irridente ai cartelli che un tempo si trovavano, per esempio, in alcune case di Milano: “non si affitta a meridionali”. E quelli non erano scherzosi.
E la Basilicata ha messo in quarantena chi arriva dal nord Italia: l’ordinanza del presidente della Regione coinvolge infatti chi ha soggiornato nelle ultime due settimane in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Liguria.
Allora, riassumendo, dobbiamo pensare che sia una questione di orgoglio, o di profitto, che si pensa di bruciare le tappe e “tornare alla normalità” prima del tempo? Anche se questo potrà essere molto pericoloso per tutti?
Va bene che noi siamo famosi per “aggiustare” le cose che non ci piacciono, ma il virus che i virologi hanno individuato, il “nostro” tipo di virus, che hanno definito “ceppo italiano”, ancora non si sa bene quali siano le sue caratteristiche e dunque francamente non capiamo che fretta ci sia di riaprire i varchi! Dopo tutto si tratta di aspettare per qualche settimana, non è la fine del mondo! Ma forse potrebbe diventarlo, se dopo averlo sopravvalutato, adesso lo sottovalutassimo. E’ vero, è un virus italiano, ma non è un ridicolo “pazzariello”…
Barbara Fois