L’eccidio di Buggerru e il primo sciopero generale in Italia

di Barbara Fois - liberacittadinanza.it - 02/09/2024
Il numero di morti sul lavoro che quotidianamente aumenta in modo esponenziale, ci dice che quei disperati operai sardi del 1904 e i poveri morti sul lavoro di questo 2024, nonostante siano passati 120 anni, non sono poi così lontani.

“Il diritto allo sciopero è oggi sancito dall’articolo 40 della Costituzione, ma la strada per ottenere questo importante riconoscimento è stata lunga e tortuosa ed è partita da un piccolo paese della Sardegna.”

Il paese è Buggerru, un centro minerario della Sardegna sud-occidentale, in provincia di Iglesias, con un movimento operaio molto attivo ai primi del ‘900 e un partito Socialista vivace e operativo, sotto la guida di Giuseppe Cavallera. Ha detto di lui lo scrittore sardo Giuseppe Dessì: “«I battellieri erano stati i primi a organizzarsi in leghe sotto la guida di un socialista piemontese, un medico povero fra i poveri……il dottor Cavallera, il pioniere del socialismo in Sardegna». Ma non solo dei battellieri di Carloforte si occupò Cavallera: ebbe anche un ruolo determinante nell'organizzare le Leghe dei minatori, associazioni operaie che fondevano gli obiettivi politici dei circoli socialisti con quelli sindacali. Mio nonno Salvatore Fois, classe 1892, fu uno dei giovani di Cavallera. Lui, nato ad Alghero ma trasferito ad Iglesias, figlio di un anarchico, abbracciò il socialismo da giovanissimo, ma certo nel 1904 aveva solo 12 anni, ne fu dunque solo un testimone, non un protagonista e tuttavia di quel terribile 4 settembre 1904 aveva ricordi fortissimi, come mi raccontò mio padre.

I fatti

Il 2 settembre del 1904 una circolare della dirigenza della miniera informava i minatori che, a partire dal giorno successivo la pausa fra i due turni di lavoro (quello mattutino e quello pomeridiano) era ridotta di un’ora. Sembrava uno sberleffo, una presa in giro, una crudele risposta alle insistenti richieste di turni più corti e meno pesanti da parte degli operai. La reazione fu immediata e cominciò lo sciopero. La domenica 4 settembre 1904, mentre la delegazione sindacale era in trattative, gli operai si erano radunati davanti alla Direzione, a sostegno della delegazione sindacale. I titolari della ditta che gestiva la miniera chiamarono l’esercito che fece fuoco sugli operai, ne uccise 3 e ne ferì altri 13. Ma perché tutto questo? Cos’altro era successo per provocare questa reazione esagerata? Il fatto è che la direzione aveva stabilito che i locali della falegnameria della miniera fossero allestiti per ospitare i militari dell’esercito e che a fare questi lavori fossero gli stessi operai della miniera. Che si rifiutarono. Alcuni tuttavia aderirono alla richiesta e appena costoro cominciarono a lavorare furono investiti da una sassaiola da parte degli altri e fu allora che l’esercito aprì il fuoco sui minatori.

Credo che molti di noi ricorderanno a questo punto il bellissimo struggente film di Monicelli “I Compagni”. Sembra incredibile che tutto questo potesse accadere impunemente. Lo pensarono anche gli operai di tutta Italia, che in nome di quei poveri morti organizzarono manifestazioni in tutta la Penisola e poi uno sciopero generale, che si protrasse dal 16 al 21 di settembre e a cui aderirono i lavoratori italiani di tutte le categorie. Fu il primo sciopero generale del nostro Paese.

Ha scritto Sergio Atzeni, scrittore sardo morto precocemente:

Il 16 settembre 1904 viene proclamato uno sciopero generale che paralizza ogni attività in tutto il territorio nazionale: è il riconoscimento operaio al sacrificio dei Sardi.

Quei morti in quel piccolo e sconosciuto paese della Sardegna riescono quindi a mettere in primo piano e a far conoscere le condizioni inumane  dei lavoratori e le prepotenze dei padroni.

Convincono il governo Giolitti che la classe operaia è diventata una realtà della nazione dalla quale non si può prescindere, anzi si deve arrivare a patti per sperare in una moderna industrializzazione dell’Italia. Purtroppo, solo per il settentrione della nazione, ci saranno dei miglioramenti, lì la forza dei lavoratori è temibile e quindi è opportuno accontentarli, nell’isola invece l’economia agro-pastorale fa della classe operaia una ristretta minoranza  circoscritta al solo Sulcis-Iglesiente, che è lontano dalle leve del potere e non esiste, in quel periodo, nessuna forza politica che sposi la causa di quei poveracci che in maggioranza non hanno diritto di voto e che non possono interessare chi tiene solamente al potere e  alla sua  poltrona in parlamento.

( il link dell'intero articolo lo trovate in allegato. )

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Ormai le miniere dell’Iglesiente sono state tutte chiuse e le vecchie strutture fanno parte di un tour dedicato all’archeologia industriale, inserito nel flusso turistico storico-culturale, di grande successo. Una delle miniere dismesse più conosciute è quella di Serbariu, sempre nell’Iglesiente, sotto gli auspici dell’UNESCO, in quanto fa parte del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, uno dei 58 geoparchi all’interno dell’Europen Geopark Network (EGN) coordinato dall’UNESCO (https://www.europeangeoparks.org/)

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Tutto quello sfruttamento, dunque, tutto quel dolore è alle nostre spalle? Non credo proprio e il numero di morti sul lavoro che quotidianamente aumenta in modo esponenziale, ci dice che quei disperati operai sardi del 1904 e i poveri morti sul lavoro di questo 2024, nonostante siano passati 120 anni, non sono poi così lontani. Cari compagni, meditiamoci seriamente…

Barbara Fois

https://archeologiaindustriale.net/1675_la-grande-miniera-di-serbariu-e-il-museo-del-carbone-in-sardegna/?print=print

https://www.youtube.com/watch?v=0ijmTqn7p2k

http://www.sergioatzeni.net/altri-articoli/buggerru-sud-sardegna-nel-1904-lesercito-apre-il-fuoco-sui-minatori-in-sciopero-tre-morti-e-decine-di-feriti/













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