Partono ‘e bastemente pe’ terre assai luntane…

di Barbara Fois - liberacittadinanza.it - 13/03/2023
Storie di migrazioni e migranti

La storia dell’Umanità è una storia ininterrotta di migrazioni, anzi: le migrazioni hanno proprio caratterizzato la nostra specie sin dalla sua origine. Basti pensare che l’Homo Sapiens, secondo i ritrovamenti archeologici più recenti, pare sia nato in Africa (anzi, in un numero del 2019 della rivista scientifica Nature lo si dà nativo precisamente dell’attuale Botswana) circa 200mila anni fa e quindi, forse per colpa di un cambiamento climatico (ma và?) abbia abbandonato l’Africa e da qui si sia diffuso ovunque, sostituendo piano piano tutti gli altri ominidi (l’Homo erectus era presente sul pianeta da oltre due milioni di anni). La dottoressa Vanessa Hayes, genetista presso il Garvan Institute of Medical Research, in Australia, ha spiegato “Sapevamo già che gli esseri umani moderni sono nati in Africa meridionale circa 200mila anni fa, ciò che è stato a lungo dibattuto era la posizione esatta della comparsa e la successiva migrazione dei nostri primi antenati”. Finora, infatti, sebbene la comunità scientifica dall'analisi del DNA dei fossili umani avesse stabilito che gli esseri umani moderni fossero nati in Africa, in un arco di tempo che poteva essere compreso almeno “ fra 250mila e 300mila anni fa, non era riuscita ancora a identificare un luogo preciso, in quanto i primi fossili di Homo sapiens si trovano in tutto il continente e il DNA antico non è sufficiente per potere compiere le dovute analisi genetiche.” Oggi pare invece che sia stato individuato il sito preciso, la culla della nostra specie.

Secondo le ricostruzioni più recenti, tra 120mila e 100mila anni fa i nostri antenati iniziarono a spostarsi nel vicino Oriente, però la diffusione da qui non è stata immediata, ma è iniziata più di recente. L’ipotesi più accreditata ritiene che circa 80mila anni fa una seconda ondata, passata attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb, che collega il Mar Rosso al Golfo di Aden, abbia dato il via all’espansione. Che è poi continuata con il raggiungimento dell’Asia nord-orientale e con il passaggio, oltre 15mila anni fa, all’America settentrionale attraverso la Beringia, l’istmo che univa i due continenti nell’era glaciale, scomparso con lo scioglimento dei ghiacci. Una bella migrazione, certo, quasi una diaspora, ma non la sola.

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Una delle maggiori migrazioni, infatti, della storia umana è stata quella degli Indeuropei, una popolazione stanziata originariamente nelle steppe e nelle grandi foreste della Russia meridionale e che da lì si irradiò in tutta Europa a varie ondate, sia verso il nord che verso le sponde del Mediterraneo. Perché avvenne? I motivi possono essere i più diversi: dalle carestie, alle invasioni di cavallette, alle esondazioni di fiumi, o al contrario alla siccità, oppure ai terremoti, alle epidemie di peste o di altri malattie mortali. Ancora non lo sappiamo, sappiamo invece che le ondate migratorie furono 3: la prima, avvenuta verso il 2000 a.C:, spinse verso sud gli Ittiti, che fondarono un grande impero nell’Asia minore e i Greci, che occuparono le isole del mare Egeo e il territorio dell’attuale Grecia. Nel corso della seconda ondata, alcuni gruppi si spinsero fino all’India e alla Persia, formando i popoli Indiani, Medi e Persiani. La terza ondata migratoria di popoli Indoeuropei, interessò l’Europa occidentale e meridionale ed interessò i Veneti, i Latini, gli Osci, gli Umbri, gli Illiri e i Celti. I dati più copiosi ci arrivano dalla linguistica, che, insieme all’archeologia, è riuscita a mettere insieme il puzzle dei vari spostamenti di questa popolazione e a capire quali popoli odierni discendono da quelle antiche migrazioni. Inoltre “Con la mitologia, si riuscì a dare un nuovo impulso alle varie teorie sulle origini storiche degli Indoeuropei. Nelle differenti culture si trovavano dispersi, miti, leggende e simboli, collegati tra loro da una fonte comune, un semplice concetto primitivo dal quale derivarono. Le lingue di origine indoeuropea formano il gruppo di lingue più diffuse nel mondo”. Insomma, la sinergia di varie scienze può dare molte risposte sorprendenti, può fare davvero la differenza.

A questo proposito posso citare una esperienza personale e professionale: molti anni fa fui contattata da un gruppo di ricercatori scientifici di ematologia…già: studiavano il sangue e precisamente una malattia chiamata Trombosi giovanile, assolutamente assente in Sardegna. Come mai? Questa era la domanda. Mi chiesero se, come storica, mi venisse in mente qualche elemento, un qualsiasi avvenimento storico che potesse contribuire a spiegare questo fatto. Chiesi quali erano i paesi europei in cui era più presente, mi risposero: Grecia, Germania e nord Europa… immediatamente pensai agli Indeuropei, presenti in quelle regioni, ma non nella mia Isola. La cosa mi entusiasmò: apriva la mia mente a nuove, esaltanti possibilità di indagine. Mi diedero molte notizie interessanti: lo studio del DNA per esempio aveva stabilito che noi Sardi e i Baschi abbiamo lo stesso DNA, non simile, ma proprio indistinguibile. Mi dissero che studiando il DNA si poteva ricostruire la storia del mondo. Ne fui affascinata. Mi esaltava l’idea che la storia potesse avere una stampella scientifica così sorprendente: c’erano dunque altri documenti da leggere e studiare: quelli scritti nel nostro sangue, nel nostro DNA. Ero entusiasta: mi sarei impegnata nello studio degli avvenimenti storici e dei manoscritti, coinvolgendo altri amici e colleghi: archeologi, linguisti, antropologi…ma il progetto fu sospeso: non c’erano fondi per quella ricerca, come per altre, del resto, cioè per tutte quelle che non avevano uno sponsor, perchè non producevano denaro. Viva l’Italia. Ma questa putroppo è un’altra storia.

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Agrigento la valle dei templi. Tempio della Concordia

 

Le motivazioni per migrare, ieri come oggi, spingono i popoli a spostarsi e possono avere, come dicevamo prima, spiegazioni e cause diverse: cambiamenti climatici, catastrofi naturali, carestie, guerre, persecuzioni, povertà, o semplicemente solo la ricerca di un luogo in cui vivere meglio. Ma spesso i migranti hanno davvero cambiato non solo la propria vita, ma anche quella delle popolazioni a cui si sono aggiunti: basta pensare ai Greci arrivati nell’Italia meridionale e nella Sicilia intorno all’VIII secolo a.C., che hanno creato quella regione geografica cosiddetta “Magna Grecia”, donandoci lo splendore artistico e architettonico di edifici che ancora sopravvivono ai secoli e le conoscenze scientifiche di un Archimede e di un Pitagora, tanto per ricordare almeno due scienziati dell’epoca, che hanno cambiato il senso della matematica e della fisica.

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In rosso i territori dell'Impero, in rosa gli Stati clienti, sotto l’imperatore Adriano nel 117 d.C. all’epoca della sua massima espansione( immagine tratta da Wikipedia)

 

Studiare la Storia ci può far capire tante cose, anche molte di quelle che avvengono oggi. Pensiamo un po’ alle strategie messe in atto dall’Impero romano, nei confronti dei popoli migranti.

Per tradizione e per convenzione fra gli storici, l’Impero romano va dal 27 a.C. con Ottaviano Augusto, il primo imperatore, fino alla deposizione dell’ultimo imperatore di Occidente Romolo Augustolo, nel 476 d.C. Tranquilli, non ho nessuna intenzione di fare qui una lezione di storia, ci mancherebbe!! Ma vorrei sottoporre alla vostra attenzione alcuni escamotage - che mi paiono oggi ricorrenti - per tenere a bada i migranti, attuati dai Romani.

Nel corso del tempo i territori dell’Impero erano aumentati a dismisura ( si parla di 5 milioni di kmq) e avere un controllo dei propri confini diventava sempre più difficoltoso. Del resto i popoli “vicini” vedevano i territori dell’Impero come un paese di Bengodi: c’erano strade lastricate e ponti, acquedotti, terme, teatri, case e ville con statue, mosaici e affreschi, e poi giardini, fontane e terreni ben coltivati, che davano il senso di un apparente generale benessere e volevano farne parte, ma i cives romani non li volevano fra i piedi: erano barbari, brutti, sporchi e cattivi, ma soprattutto non volevano dividere con loro quello che avevano, così c’erano solo due modi per tenerli lontani: costruire possenti mura (ma và?!) invalicabili, come il Vallum Adriani in Britannia, che teneva a bada i Picti (gli scozzesi di allora), “selvaggi” che combattevano nudi e col corpo appunto picto, cioè dipinto, anche in pieno inverno. Ma vista la vastità dell’Impero questo espediente non poteva essere attuato dappertutto, così si affidò a popoli che da tempo vivevano ai limes, cioè ai confini, il compito di tener lontani gli altri popoli migranti. Per questo lavoro venivano compensati con denaro e con un patto detto societas, di reciproca assistenza. Vi ricorda niente? Certo, oggi noi ci siamo evoluti ( come no!), ma non c’è dubbio che Erdogan sembri proprio un odierno “socio”, che l’Europa ricca ed egoista paga ben 6 miliardi all’anno per tenere nei campi di concentramento dei poveri disperati, che fuggono dalle loro terre sconvolte e distrutte da guerre, devastazioni e saccheggi, in gran parte intestabili a noi, cercatori e razziatori di petrolio, di oppio e di materie prime, e di ogni tipo di ricchezze di cui possiamo impossessarci.

Ma ruba oggi, ruba domani, sporca, inquina, degrada, distruggi l’ecosistema, e provoca carestie, epidemie e disastri idrogeologici, ormai i popoli depredati non possono più restare nelle loro terre e spinte dalla disperazione scappano via, in cerca di una anche remota possibilità di sopravvivenza per sé e per i propri figli.

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Ma continuiamo il nostro viaggio nel tempo...Con la scoperta dell’America nel 1492 si aprirono nuove possibilità di realizzare i propri obiettivi espansionistici: nuove terre, pressochè spopolate, davano il senso di una reale possibilità di acquisire e costruire ricchezza e di farlo in libertà (almeno: così credevano in tanti) per chiunque si impegnasse abbastanza. Da allora le migrazioni non si sono mai arrestate: dal XVI secolo l’America è diventata la principale meta dei migranti europei, sia di gente in cerca di fortuna, sia di perseguitati politici o religiosi, ma anche luogo di deportazione degli schiavi neri dall’Africa. I nuovi arrivati si impossessarono delle terre e delle risorse alimentari delle popolazioni indigene, tanto che oggi i nativi americani sono la minoranza degli abitanti del continente. Questo fenomeno di annientamento delle popolazioni indigene da parte di bianchi invasori, contraddistingue anche l’Australia, ultimo continente scoperto dagli europei, dove gli aborigeni, discendenti dei popoli giunti lì oltre 50mila anni fa, attualmente costituiscono soltanto il 2,5% della popolazione.

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Dall’’800 in poi l’America divenne per noi italiani, poveri e disperati, che uscivamo da una unità d’Italia che aveva spogliato il sud di ogni risorsa, la meta da raggiungere. Il primo piroscafo a vapore era stato costruito a Napoli nel 1818 e la prima linea ferroviaria era stata inaugurata nel 1839 e univa Napoli a Portici. A parte l’Università di Bologna, prima in Europa, c’era la Federico II di Napoli, istituita appunto dallo stesso Federico II, nel 1224; e quanto all’Illuminismo solo qui e a Milano ci furono esponenti di qualche rilievo. Insomma il sud non era così arretrato e ignorante, poteva essere aiutato a crescere e a modernizzarsi, ma invece fu svuotato e fatto diventare una sacca di manodopera a basso costo per le nascenti industrie del nord. Così cominciò una migrazione interna, che portava quei disperati dalle campagne desolate del sud allo sfruttamento nelle fabbriche del nord, con salari minimi e ore di lavoro disumane. Nel film “I compagni” di Mario Monicelli, del 1963, la condizione del proletariato del nord e del sud, è spiegata molto bene.

Così la gente del sud preferì emigrare per nave, verso il sogno americano. Partivano con fagotti di stoffa e valige di cartone legate con lo spago, partivano con quel poco che avevano e tutti i loro figli appresso (Che irresponsabili!, non è vero ministro Piantedosi?). Partivano senza nessuna garanzia di riuscire, solo con una speranza, a volte con qualche talento e tanti sogni. E molti si fecero onore nel mondo: il nostro stesso papa Francesco è figlio di migranti italiani.

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Ma noi oggi ci siamo dimenticati di quando anche noi partivamo alla ventura, ci imbarcavamo a centinaia su navi strapiene e pericolose, però nessuno aveva la faccia di tolla di dirci “state pure a casa: vi veniamo a prendere noi!” . Dal naufragio a Cutro di due settimane fa abbiamo sentito dire da un governo inadeguato e disumano delle cose intollerabili, di un cinismo vergognoso e ingiustificabile. Ma sono persone affidabili queste che trovano il tempo di festeggiare il compleanno di Salvini, facendo il karaoke ( e poi cantando la storia di Marinella, di una ragazza che muore annegata!!! Che tatto, che finezza!), ma non riescono a trovarsi 5 minuti per incontrarsi coi superstiti del naufragio? E mentre loro cantavano, altri corpi raggiungevano la riva e ormai i bambini morti sono 23 e gli annegati in totale 79. E intanto altri scafi disperati arrivano e naufragano nel nostro mare

 

“Partono e’ bastimente pe’ terre assai luntane

Cantano a bordo e so’ napulitane…”

 

Barbara Fois

 

Approfondimenti

https://www.wired.it/scienza/lab/2019/10/29/homo-sapiens-botswana/

http://www.memoriaemigrazioni.it/prt_page.asp?idSez=333

https://www.ismed.cnr.it/it/storia-delle-migrazioni

https://blog.geografia.deascuola.it/articoli/storia-delle-migrazioni

https://www.storiafacile.net/ittiti/popoli_indoeuropei.htm

 

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