Da tempo sto cercando di capire, come Cittadino recalcitrante, in che modo si stia articolando l’internazionale di destra, schiettamente nazionalista o camuffata, perché in essa vedo ciò che sarà il nostro prossimo futuro. L’approccio nazionalista ormai dilaga nel mondo post-globalizzato, ne è la vera cancrena, come lo è sempre stato lungo tutto l’arco della storia. A ben guardare dietro ogni crisi ed ogni guerra in corso si intravedono i consueti burattinai, finanza speculativa ed industria pesante, che hanno interessi disgiunti e confliggono. Ed in proposito: qualcuno si era illuso di poter cambiare il sistema produttivo mondiale, mutando per sempre i modelli di ricchezza corrente fondati sul fossile e sull’industria pesante, senza conseguenze? Ma se l’interesse retrostante le crisi ed i conflitti è il dualismo capitalista sul campo si innalzano vecchi vessilli con il consenso, anche entusiasta, di una parte del Popolo. Una dinamica emotiva e sociale che va capita bene perché può deflagrare in modo imprevedibile.
La sanguinosa guerra d’Ucraina è uno scontro tra nazionalismi, così come il conflitto in corso sulla carne palestinese, tra Israele ed Iran vede opposti due governi di estrema destra nell’ambito di due stati confessionali. Dunque partendo dai fatti che scorrono da qualche anno ciò che io vedo stagliarsi all’orizzonte è un nuovo ordine mondiale scomposto in blocchi, forse tre, e suddiviso in nazionalismi esacerbati. E credo che per quanto concerne l’Europa si debba considerare l’ipotesi peggiore come possibile, con attentati che squasseranno le città e porteranno in trionfo governi autoritari. Cercare di capire legami e ragioni che affondano le radici nell’anima nera di un intero continente credo serva, od almeno..serve a me.
Ho composto la riflessione personale sull’Italia nera in due parti. In questa prima metà cerco di capire come viene progettata la costruzione del consenso al fascismo, fondata su una profonda conoscenza del popolo italiano e perseguita con strumenti ed approcci anche innovativi per l’epoca. La seconda metà del pezzullo riguarda la guerra civile, con i suoi aspetti ancora in discussione, ed il neofascismo che ne deriva fino ad oggi. Sintetizzo molte cose che ho letto, con un punto focale soggettivo: cercare di capire perché il fascismo sia entrato così stabilmente nella storia d’Italia ed ancora vi alligni con successo, scavalcando una dura guerra civile ed andando ben oltre il suo tempo storico. Ricordo in proposito che nei primi anni ’70, quando votava quasi il 90% degli Italiani, il Movimento Sociale prendeva oltre il 12% dei voti, mentre in Francia l’allora Front National raccattava qualcosa sotto il 5%. Forse è vero ciò che pensava Mussolini, e che altre volte ho ricordato, il fascismo nasce nel profondo degli italiani. Lui l’ha solo battezzato.
Perché il fascismo era, una novità
Non sono tra chi dice, Mussolini nasce socialista ed ha fatto pure cose buone. Certo non per schizzinosità, ma perché troppo ovvio. Per due ragioni semplici e logiche: 1) anche un orologio rotto ha ragione due volte al giorno e quindi, per uscir di metafora, chiunque è in grado di fare qualcosa di ragionevole specie se il tempo di gestione è medio lungo; 2) in quel momento storico non era granché difficile far qualcosa di più decente visto che l’Italia savoiarda era iniqua ed inefficiente. Una monarchia retriva mal verniciata di bubbole retoriche che nascondevano la faccia reazionaria e corrotta delle istituzioni. Ci voleva poco per scrostare l’intonaco costituzionale e vedere la truce realtà di quei montagnards francofoni. Proprio per la loro meschina, egoistica e rozza conduzione del paese nacque il consenso verso il fascismo, che, per dirla tutta, non fu un passo indietro rispetto al prima, perché il prima era orrendo. Il fascismo, pur con tutto il suo portato dittatoriale, era una innovazione. Andò decisamente verso quel Popolo che il monarca ed i parlamentari dell’epoca consideravano ora con noia ora con pietà, mai con impegno e rispetto. Salvo qualche eccezione tra i deputati, ben note e sempre citate perché poche.
Faccio un esempio di questa diversa visione sociale attraverso due episodi concreti.
1898. Il prezzo del pane è alle stelle, gli orari di lavoro per paghe misere vanno oltre le 12 ore. Il Popolo milanese è allo stremo. dal 6 al 12 maggio si svolgono manifestazioni di piazza, anche dure. Il generale savoiardo Fiorenzo Bava Beccaris, un titanico coglione parlandone da vivo, rispondendo ad ordini superiori – il suo monarca era irritato dalla sfrontatezza di questi gaglioffi - spara sulla folla coi cannoni caricati a mitraglia. Chiodi pezzi di ferro biglie di acciaio per capirci. In pochi giorni di scontri l’esercito fece più di 80 morti. Fu questa orribile strage, con le piazze e le vie ricoperte di sangue, che mosse Gaetano Bresci. L’ anarchico cresciuto politicamente in America grazie all’amicizia con gli indipendentisti irlandesi, decise di colpire il vero responsabile dell’insensata mattanza, Umberto primo, e lo freddò con tre colpi di revolver al petto. Era il 29 luglio 1900, due anni dopo la strage di Milano. Sull’attentato di Bresci la buona gente sparse, e tutt’ora sparge, il consueto inutile moralismo.
Inverno 1945. Sul finire della guerra civile gli operai di una fabbrica strategica del milanese entrarono in sciopero, manifestando nel cortile dello stabilimento con grande determinazione politica. Vennero circondati dalle SS tedesche, pronte a sparare. Fu allora che Vincenzo Costa, federale saloino di Milano appartenente alla destra sociale, intervenne. Schierò la sua guardia tra gli operai ed i tedeschi. Parlamentò con indiscutibile coraggio e non accadde nulla. Certo fu perché Wolff, il luciferino capo delle SS in Italia, trattava già sottobanco con il CLNAI e con gli alleati e non voleva bagni di sangue, ma anche per quella presa di posizione. Inutile nasconderselo. Pochi mesi dopo, arrestato dai partigiani, il federale si puntò la pistola alla testa. Un giovane patriota comunista gliela strappò di mano gridando: che fai Costa, proprio te non ti spariamo! Infatti per quel suo costante atteggiamento verso gli operai, pur essendo un fedelissimo fascista, Costa ebbe una condanna formale ed uscì di fatto dopo due anni. Tornato libero cittadino per le vie di Milano si occupò solo di dare sepoltura ed identificare i caduti della sua parte, rinunciando a tutte le offerte politiche. A proposito di Vincenzo Costa, suggerisco il suo libro di memorie L’ultimo Federale –il Mulino ed.
Mussolini ed il Popolo
Ci si domanda ancora se il fascismo abbia avuto o no una sua dottrina sociale. Io dico di sì. Il punto è quale essa fosse.
Se partiamo dall’assunto che il fascismo sia una espressione gestionale, tipicamente italiana, del sistema capitalista vedremo che la sua dottrina – la nazione suddivisa in corporazioni e gestita verticalmente dall’apparato autoritario – è organica al principio di sfruttamento di classe, come la precedente struttura monarchica. La differenza tra le due forme di potere verticale è proprio nella dottrina del consenso sociale. I monarchi se ne fregavano, il fascismo lo costruisce in modo manipolatorio, ma anche innovativo. Un esempio chiarissimo. Nell’Italia savoiarda le ore di lavoro erano 12, per 6 gg alla settimana. Il fascismo legifera per le 8 ore 5gg alla settimana. Intendiamoci, non è una scoperta fascista, è una richiesta del movimento socialista internazionale che viene accolta in America dai Ford. Henry la sintetizza così: migliorare la prestazione riducendone la durata. Le 8 ore entrano in vigore nella catena di montaggio della Motors Company nel 1923 cambiando per sempre le modalità di sfruttamento della classe operaia e di formazione del plus valore. Lo stesso anno Mussolini promulga la legge in Italia.
Mussolini introdusse in Italia con la dottrina sociale altri elementi generatori di consenso che il nostro Popolo, nell’era savoiarda, non aveva nemmeno osato sperare. L’istituto di previdenza, la tutela sui luoghi di lavoro, le colonie proletarie, le pensioni, le assicurazioni, i treni popolari. Questo lo rende migliore dei governi precedenti? No nella logica di fondo, che resta quella dello sfruttamento di classe. Si nella quotidianità della vita di quella generazione di italiani.
Mussolini non viveva chiuso tra i muri della propria condizione come i Savoia, o come i ministri espressione dei partiti borghesi (od imborghesiti ). Viveva la realtà e sapeva che non puoi estremizzare lo sfruttamento perché il popolo quando insorge travolge. Le sue radici politiche gli avevano insegnato cos’è in grado di fare il popolo se si ribella. Si vede nelle grandi come nelle piccole situazioni quanto Mussolini temesse il Popolo. Lo disse chiaro a De Bono mentre entravano a Roma in parata: diciamo agli squadristi di stare queti, il popolino romano se provocato diventa pugnace. Per la serie, evitiamo figuracce e calci nel culo.
Io parto da un semplice principio leggendo quei fatti storici: l’antifascismo dev’essere una posizione politica anticapitalista. Fu infatti l’allora nuovo capitalismo italiano- intenzionato ad affrontare diversamente il rischio rivoluzionario - a supportarlo scaricando l’inetto monarca. Il dogma consolidato per il quale il fascismo sostituì allora una democrazia, è funzionale alla narrazione democristiana e liberaldemocratica che io considero al limite della complicità. E’ stata proprio questa visione a permettere ai capitalisti responsabili ed a tutti gli apparati, di restare al loro posto, creando condizioni di continuità politica ed economica.
Il colpo di stato di Mussolini agisce all’interno di un quadro di potere preciso che egli non ribalta, ma aggiorna mantenendo la continuità di fondo dello sfruttamento capitalista, consolidato dal regime autoritario. Per essere più chiari: lo stereotipo della democrazia violata si scontra con l’interpretazione di classe. Quale sarebbe la democrazia violata da Mussolini? Il parlamento dei Savoia? Vediamo due cose in proposito.
Chi aveva accesso al voto nell’Italia dei Savoia? Con la legge del 1912 il diritto di voto fu esteso a tutti i cittadini maschi di età maggiore di 30 anni, o che, pur minori di 30 anni ma maggiori di 21, pagassero un'imposta diretta annuale di almeno 19,80 lire, o avessero conseguito la licenza elementare inferiore, oppure avessero prestato il servizio militare. Quella del 1919 abbassa l’età a 21 anni, e toglie qualche vincolo. Pochi. Cosa faceva il parlamento? Poteva emettere leggi, ma il parere finale era del Re. Non aveva alcun potere realmente esecutivo e men che meno alcun intento riformatore, pur nel quadro della società più retriva dell’intera Europa. A parte modificare dettagli secondari, il parlamento savoiardo non ha fatto nulla per lenire le sofferenze sociali del Paese. La smania entrista che colpì i socialdemocratici è comprensibile solo in una logica: andare in parlamento per scardinare il potere dall’interno. Ma questo non si è visto.
Per i savoiardi ed il loro apparato, il popolo era un accessorio secondario. Non era neppure ipotizzato il metabolismo sociale, l’opportunità di emersione. Il proletariato classe subalterna doveva stare al suo posto e morirci. il sistema si era aperto alla borghesia con grande sforzo. Il potere di un’aristocrazia terriera ignorante e di una casta militare che gestiva la disciplina con la decimazione, venne schiuso ad imprenditori, banchieri e ceto medio alto cittadino con cent’anni di ritardo rispetto alla rivoluzione francese. Basta leggere i fatti della cronaca di allora per cogliere l’opprimente, miope ed ignorante gestione del potere tipica della dinastia savoiarda.
Verso il colpo di stato
Mussolini sa perfettamente che l’Italia è una dittatura monarchica verticalizzata attraverso uno stato incapace. E’ un giornalista, conosce i fatti ed i corrotti. Inoltre è un socialista massimalista e nel 1919 ha capito che, negli indirizzi politici della sinistra, hanno vinto i socialdemocratici. Li considera borghesi e complici, comprende che la rivoluzione non si farà. Lo stesso convincimento muove Bordiga e Gramsci a fondare Ordine Nuovo ed in pochi mesi a creare il Partito Comunista.
Mussolini ragiona diversamente dai due grandi idealisti. Smobilita, come ebbe a dire, dal socialismo ed essendo fornito di una coscienza assai elastica fa il suo salto del fossato e si vende a chi ha i soldi ed il potere vero. Proprio quel ceto borghese ormai stufo di governi lenti, incapaci e indecisi che proteggono solo interessi parassitari del grande latifondo e di un’esangue aristocrazia. Quando si spezza l’alleanza di potere tra la borghesia ed il governo, Mussolini si interpone e riceve soldi dalla Fiat come dalle imprese agricole che mangiano il latifondo ereditario, dall’ Emilia alla Sicilia.
Egli sa che con un colpo di stato può sostituire il ruolo, anche solo apparente, del parlamento e che nessun italiano dell’immensa provincia analfabeta e malnutrita se ne accorgerà. Il problema è prendere le città. Lo farà col secondo programma del ’21 che sostituisce quello del 1919 troppo socialista. Si protende, attraverso la bubbola della coscienza nazionale e della vittoria mutilata, a rincuorare i borghesi spaventati dal socialismo rivoluzionario. Lo fa da mercenario affiancando in un primo tempo il nazionalismo retorico di un altro mercenario, di ben diverso spessore ma medesima furbizia, Gabriele D’annunzio.
Cinico coraggioso e senza scrupoli Mussolini mette su delle squadre di azione al servizio dell’ordine borghese, Hitler lo copierà in tutto e per tutto, ed aggredisce i manifestanti e le camere del lavoro, ed anche i giornali di cui – da tecnico esperto - conosce l’importanza.
Non essendo un’idiota non spara coi cannoni come Beccaris il macellaio dei savoia. Ma intimidisce, colpisce o fa uccidere tutto ciò che attraversa il suo percorso. Intanto pianifica quel colpo di stato che Malaparte, un po' da leccaculo un po' da intellettuale decadente, racconterà nel suo libro. ( Tecnica del colpo di Stato – Curzio Malaparte, Adelphi ed. ).
Si è detto di tutto su Mussolini come uomo. E’ stato descritto di volta in volta come un pazzo un sifilitico un sadico un’idiota. I suoi infiniti leccapiedi si sono trasformati nei peggiori giudici unendo all’astio personale verso l’ex padrone, ormai perdente, la vergogna di avergli retto il cero. Non era niente di tutto questo. Mussolini era un astuto strumento del capitalismo italiano ed in quel mestiere di servitore, almeno fino a quando non cominciò a sbagliarle tutte, fece meglio dei monarchi. Prosegui la logica di asservimento popolare tipica di ogni potere verticale, seguendo ciò che volevano i veri padroni, ma alzò la qualità media della vita ottenendo un consenso così largo da essere ancora oggi ingombrante. Per questo, anche se non solo per questo, è entrato nella carne e nello spirito di un’intera generazione. Proprio quella che scavalcando la guerra ha dato origine familiare - o formato a scuola- le attuali al potere. La continuità valoriale è stata garantita da questo consenso ereditato, al punto che Ruggero Zangrandi considerò amaramente siamo tutti suoi figli ( Il lungo viaggio attraverso il fascismo- R.Zangrandi; Mursia ed. )
Mussolini si poteva battere
Lo si poteva fermare? Si poteva battere la milizia fascista prima e durante il colpo di stato? Ma certo! Come? Solo con la violenza di classe. Ovviamente non con l’esercito savoiardo gestito dalla casta militare e coperto degli accoliti governativi.
Si è visto a Parma che fare. Poche centinaia di Arditi del Popolo fermarono e misero in fuga più volte le migliaia di camicie nere di Balbo. Ho letto nelle rievocazioni storiche all’italiana, sempre lagrimose, che gli antifascisti erano sorretti da un incrollabile fede democratica. Ma non diciamo sciocchezze democristiane! A Parma in piazza c’erano dei veri rivoluzionari, i borghesi per bene erano chiusi in casa a dare, si e no, conforto morale e consigli non richiesti. Come abbiamo visto 50 anni dopo, nelle vie d’Italia.
I combattenti di Parma fermarono i fasci solo perché picchiavano più duro e più cattivo. Erano operai, contadini, studenti rivoluzionari abituati agli scontri con la polizia savoiarda, ex soldati delle squadre ardite. Sottoproletari delle estreme periferie. Immigrati meridionali. Gente tosta.
Bisognava moltiplicarli gli Arditi, affiancarli e schierarsi in piazza, ma i capi del PCd’I, sia Gramsci che Bordiga, non vollero. Non li governavano perché gli AdP erano una formazione mista (anarco sindacalisti/ comunisti di base/ social rivoluzionari ). Tra loro c’erano uomini straordinari come Argo Secondari, anarchico ed ardito sul Carso, Riccardo Lombardi, allora dei cristiano sociali, Giuseppe di Vittorio, comunista. Il PCD’I, non potendoli egemonizzare nella logica leninista, non prese posizione a fianco degli arditi e praticamente li sconfessò ritirando così la disciplinata componente comunista dal movimento di piazza. In questo modo, rinunciando allo scontro, perse l’occasione rivoluzionaria ed aprì la via di Roma a Mussolini. Quest’è.
Alla fine gli Arditi rimasero soli a fronteggiare in piazza lo squadrismo e così, inferiori di numero insidiati dalla polizia, vennero travolti. Non sostenerli in piazza con la mobilitazione totale fu la scelta suicida dei Socialisti e del PCd’I. Incredibile a dirsi queste forze d’apparato – comunque coordinate da pensatori e non da uomini d’azione - temevano più l’irruenza degli Arditi che la progressione dei fascisti, convinti che avrebbero potuto fermare quest’ultimi nel quadro di una azione politica meno elitaria e velleitaria, più estesa e matura. Che non ci fu mai, perché Mussolini conquistò la classe lasciando i teoreti in braghe di tela ed al confino od in carcere.
Gli Arditi erano l’avanguardia rivoluzionaria e nessuna delle due forze citate – guidate una da Mosca e l’altra dalla visione entrista e socialdemocratica europea - voleva un’insurrezione.
Il canto ufficiale degli Arditi del Popolo, ex soldati d’assalto o proletari coscienti ( su di loro una scheda sintetica http://www.storiaxxisecolo.it/antifascismo/antifascismo3f.html ) diceva così Siam del popolo gli arditi contadini ed operai non c'è sbirro non c'è fascio che ci possa piegar mai. ( https://www.ildeposito.org/canti/siam-del-popolo-gli-arditi ) od ancora, relativamente ad un noto squadrista buttato da un ponte a Firenze, gli Arditi cantavano hanno ammazzato Berta figlio di pescicani/ evviva il comunista che gli tagliò le mani. Erano dei combattenti e dei sanguinari, com’era necessario. In un clima di scontro sociale, in una fase comunque rivoluzionaria fare dell’inutile moralismo è idiota. Mussolini non lo fece mai. Lo fece la sinistra democratica e comunista, così vinse lui.
La costruzione del consenso
Per capire come mai abbia così facilmente funzionato la manipolazione di massa attuata dal fascismo bisogna, ancora una volta, ricordare che diamine di paese fosse quello gestito dai monarchi. Ne ho accennato, ma c’è davvero di tutto – libri, studi, riflessioni - sul tema. Di certo tre anni dopo la presa del potere Mussolini controllava potere e pubblica opinione. Soprattutto quando ebbe superato l’omicidio Matteotti. Va comunque ricordato che quell’assassinio non scosse il paese, il 50% della popolazione era analfabeta e di certo non si informava sui giornali. Ma scosse il consenso dei padroni di Mussolini, che l’avevano voluto lì proprio per sedare ogni cosa e far soldi in buona pace. Ci vollero intimidazione e ricatti per tenerli quieti, ma il dittatore, determinato e cinico, ci riuscì. Soprattutto perché dietro il delitto non c’era lui che non era così stupido, ma probabilmente i servizi segreti dei Savoia interessati a far tacere non già un’antifascista astratto ed idealista, che la storiografia ufficiale tramanda, ma un uomo onesto e concreto. Giacomo aveva scoperto un enorme scandalo internazionale che vedeva la casa reale italiana ed un paese straniero, presumibilmente l’Inghilterra, connessi in una corruzione legata allo sfruttamento del petrolio nordafricano. Doveva scoperchiare il merdone in parlamento proprio il giorno seguente. Il discorso contro il fascismo l’aveva già fatto e Mussolini se n’era fregato. Aveva già in mano il potere reale e dei discorsi non si curava. Dopo l’assassinio di Giacomo gli bastò soffiare una piccola frase su inchieste approfondite senza guardare in faccia a nessuno per far mettere il pannolino al pauroso Vittorio Emanuele. Averlo in pugno consentì all’astuto Mussolini di mollare al chiuso il flatulento discorso sull’aula sorda e grigia poiché essa era, soprattutto, complice.
Da allora e fino al 1938 Mussolini godette di un consenso quasi totale. Persino il PCI si adeguò. E qui c’è una pagina francamente squalificante che si deve ascrivere in toto a Palmiro Togliatti ed al suo essere di fondo uno stalinista, dunque un pragmatico di relativa morale e di assoluta disciplina. La direzione del partito Comunista scrisse e divulgò un documento imbarazzante, che nel dopoguerra a fascismo vinto venne tacitato usando gli storici italiani di matrice stalinista, non pochi. Il messaggio pubblico di Togliatti era rivolto ai fratelli in camicia nera ed è un triste, mesto sproloquio ingombro di ipocrisia populista.
In proposito alla molto silenziata questione qui un paio di link di struttura politica diversa https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=7037
https://www.glistatigenerali.com/storia-cultura/togliatti-e-lappello-ai-fratelli-in-camicia-nera/
I pochi veri oppositori del fascismo erano marginalizzati e quasi sconosciuti, se non alle Questure. Operai, sindacalisti, giornalisti, intellettuali e politici realmente antifascisti venivano confinati e silenziati. Gli altri, se erano dei combattenti di piazza od avevano capacità organizzative e forti legami internazionali come i Rosselli, venivano eliminati fisicamente.
Mussolini è il primo dittatore moderno, capace di mescolare intimidazione e moral suasion. Conosce bene tutto ciò che si muove nella società del ‘900 i fermenti che l’attraversano. Ha letto Durheim, ha frequentato pensatori socialisti. Ha sensibilità precise perché viene dal proletariato, suo padre era un fabbro. Ha fatto la fame e sa cosa vuole concretamente la gente. Umanamente non è una persona banale, si è venduto ma sarà per sempre combattuto e contraddittorio. Prendiamo il suo aspetto personale più citato, che Berlusconi cercò di copiare, il rapporto con la figura femminile. Un rapporto figlio di due anime: impostato sul gretto maschilismo dei popoli del libro (uguale tra ebrei, cristiani e musulmani) eppure pieno di ammirazione per le donne forti. Nessuna delle sue compagne storiche è una mezza figura. Non l’era Rachele, sua moglie tutt’altro che remissiva (famoso il fatto che lo menava) o Margherita Sarfatti giornalista, femminista ed esperta d’arte, ebrea poi convertita, che lui amò a lungo. Non lo è nemmeno Claretta Petacci che astutamente piazzò in ricchezza tutta la sua famiglia ma ebbe poi il coraggio di morirgli affianco
Eppure il suo mito pubblico – che egli stesso caldeggiò- è quello del cinico tombeur. Perché? Semplice, conosceva gli italiani e gli diede sempre in pasto la mitologia più dozzinale.
Costruendo da subito il consenso progettò un innovativo combinato. Istruzione, propaganda e controllo. Tolse dall’analfabetismo la classe operaia e contadina disponendo l’istruzione come obbligo e costo dello stato. Il risultato è che nel 1927 il tasso di analfabetismo totale – non saper né leggere né scrivere - era sceso al 25%. Istituì il Ministero della Cultura Popolare che poi, essendo dotato di quella tipica grassa ironia romagnola, lui stesso chiamò MinCulPop sapendo bene come ne avrebbero fatto uso gli italiani.
Definì con maniacale attenzione i temi trattabili dalla comunicazione di massa, giornali e radio: togliere le cattive notizie, parlare solo in positivo, con apposite censure. Fece del cinema uno strumento di costruzione del valore comune e del percepito collettivo. Basta vedere i film dell’epoca. Emblematico Treno Popolare di Matarazzo (si trova su youtube ). Guardarlo permette di capire l’intelligenza di quella manipolazione del percepito pubblico. E per il terzo tema, il controllo, varò i due più efficienti servizi segreti europei dopo quegli inglesi: il servizio di informazione militare e l’Ovra, la polizia politica segreta.
Mussolini sa ridere, un modo per piacere agli italiani.
Come annota il suo segretario di allora – Osvaldo Sebastiani – il Benito in privato rideva di ogni luogo comune. Considerava Dio/Patria/Famiglia una sciocchezza, ma era un trittico facile da capire, ed andava incontro ad almeno due su tre tipicità del nostro paese. Il popolo italiano era/è cattolico e familista. Sulla Patria nutriva qualche avversione. Avendo fatto la prima guerra mondiale, un carnaio sanguinoso, la considerava un limite. Ma era il collante che mancava agli italiani perciò ne fece un mito ostinato. Patria divenne così un tema quasi fascista e per molti anni a seguire fu difficile dire patriota senza qualche fastidio. Ancora adesso lo si lascia alla destra.
Tra semplificazione morale e dottrina sociale, mitologie dozzinali e spionaggio invasivo, costruì un potere così forte, con modalità così efficaci - copiate subito da governi molto diversi come l’America del new deal, la Germania nazista, la Russia staliniana- da radicarsi profondamente nell’immaginario popolare. In quest’approccio emerge il suo disinvolto cinismo, la volontà di manipolare e l’intelligenza nel farlo scegliendo sempre il modo più efficace di sedurre gli italiani. Facciamo ancora oggi i conti con i risultati di quel sistema incrociato e di tale capacità.
Mussolini sa ridere di sé, sempre secondo il suo segretario, e la voce circolava. Al dittatore piaceva. Sapeva quanto gli italiani amino chi sa prendersi in giro prima che lo facciano gli altri. Ne è prova il caso del famoso film di Ettore Petrolini, Nerone, diretto da quel grande tecnico del cinema che era Alessandro Blasetti. Petrolini non aveva paura di nessuno e per una battuta si giocava tutto, basti ricordare le sue ultime parole. Mentre il prete gli dava l’olio santo il grande comico si voltò verso i presenti e sussurrò: ora si che sono fritto. Alla fine del film vi è un celebre monologo nel quale Ettore imita Mussolini, incluso lo sguardo roteante, in modo esilarante e smaccato ( https://www.youtube.com/watch?v=Qk_CFVva_m4 ). Secondo il racconto, un mattino presto prima dell’annunciata uscita del film, ecco arrivare Pavolini, allora federale di Firenze ed amico di Ciano genero del dittatore. Il toscano si piccava d’essere un intellettuale ma era in realtà solo una mezzasega arrivista. Agitato, quasi in preda ad una crisi nervosa, porta la parte incriminata della pellicola e la mostra al suo capo chiedendone il taglio Duce vi imita! Mussolini guarda lo spezzone del film ridendo ad ogni passaggio, alla fine batte le mani e dice: No, deve essere proiettato è sempre un bene se il popolo ride. Così si racconta, forse in modo pittoresco, in ogni caso è un fatto che nel 1930 Nerone fu il film più visto al cinema e che tutti apprezzarono quella libertà senza tagli.
Indubbiamente Mussolini conosceva bene come ragiona l’italiano medio, gli bastava guardarsi allo specchio per capirlo. Ci pensò Starace con le sue pagliacciate in divisa a renderlo ridicolo. Tuttavia quel suo essere medio che tanto funzionava in Italia non lo aiutò a comprendere le traiettorie che muovevano il mondo dopo la metà degli anni trenta. Circondarsi di mediocri forse dona il brivido d’essere primo, ma non aiuta a pensare, a capire ed a decidere. La storia lo ha dimostrato infinite volte. Mussolini l’ha pagato di persona e con lui tutt’Italia. Molti altri in politica, al governo, come nell’impresa hanno preferito la facile gestione dei mediocri. Ossia, gli inutili e dannosi che per primi voltano le spalle.
Tuttavia, per quasi vent’anni grazie a questo insieme – populismo, valori minimi, controllo e repressione, apparenza e manipolazione – il fascismo italiano, rispetto a tutte le estreme destre di ogni altro paese, fu quello che ebbe il massimo del consenso.
Ad alienare il consenso saranno poi la scelta sciagurata di affiancare la Germania – incluso il vergognoso capitolo sulle leggi razziali - e quel portare l’Italia impreparata e recalcitrante alla rovina della guerra, militare prima e civile poi.
Su questo periodo cupo proverò a riflettere nel quadro dei collegamenti internazionali, sia ufficiali che sotto traccia. Essi sono in larga parte la ragione di quelle scelte devastanti e forse della sua stessa, ancora misteriosa, esecuzione.
..infine
Ciò che penso, da Cittadino, sulla crisi medio orientale l’ho scritto. L’esplosione nell’Ospedale aggiunge solo orrore sull’orrore. Può essere stata Hamas per spingere alla frattura il mondo occidentale ed alla guerra santa i musulmani. Può essere stato Israele per dimostrare la propria volontà di vendetta e radicalizzare lo scontro. Non ha alcuna rilevanza. La carne fatta a pezzi è Popolo, Umanità che non ha scelto né la guerra di oggi né la pace di ieri. Chiunque abbia deciso quell’atto è solo un assassino, senza nessuna possibile giustificazione. Questa guerra come quella di Ucraina è un’enorme tritacarne voluto dalla solita gente. Il comitato d’affari, sia esso iraniano israeliano russo americano e quant’altra merda si voglia aggiungere alla lista. Guardo le immagini e penso solo che vorrei vedere una rivoluzione. Vorrei vedere uccisa la gente che lo merita. Bombardate le case dei governanti. Fucilati al muro gli esecutori ed i complici. Come atto di giustizia non vedo altro, assunto che all’innocenza non credo e che vedo solo totale e generale colpa senza alcuna possibile salvezza, senza redenzione.