Premessa, come funzionano gli scenari?
La teoria della complessità studia i processi od i sistemi quando essi sono ..formati da un grandissimo numero di elementi interagenti -tramite regole definite e soggetti a determinati vincoli- allo scopo di comprendere i comportamenti globali e predirne l'evoluzione ( cfr. la sfida della complessità- Edgard Morin ). Diciamo che non è una teoria immediatamente applicabile all’economica od alla politica in senso stretto, proviene principalmente dal mondo della matematica sperimentale, in un qualche modo anticipata negli anni 50/60 da quel genio scompensato che fu John Nash. Ma all’economia ed alla politica serve.
A cose serve? A moltissimi usi e scopi. In geopolitica ed in economia la si adopera per sostanziare alcuni tra i principali passaggi analitici che compongono la costruzione di scenari. Chiariamo il termine scenario citando Barbara Loyer (Geopolitica, metodi e concetti. Utet 2020): uno scenario propone diverse eventualità di una situazione complessa quali peggioramento, status quo o miglioramento... Non si tratta di indovinare il futuro in una sfera di cristallo, ma di provare a anticipare ciò che potrebbe accadere analizzando i contesti e le strategie degli attori.
Gli scenari – lo dico nel modo in cui l’ho capito - hanno tre livelli di attendibilità: uno è lo sc. Certo, (cioè la realtà fattuale già evidente o di prossima realizzazione) il secondo è sc. Probabile (tra molti altri è quello che manifesta maggiore attendibilità, ma che non si è ancora concretizzato) il terzo è sc. Possibile (non ha alcun elemento che dica si verificherà, ma nessuno che ne mostri l’impossibilità). Ed hanno due livelli qualitativi su una scala di intensità: sc. positivo > neutro// sc. avverso > peggiore. Facciamo un esempio di correlazione tra i due livelli di valutazione per vedere come funziona uno scenario interpretativo. Utilizzo il caso Amazon.
Un decennio fa le imprese di distribuzione tradizionale - per capirci WallMart o Lidl - valutavano la leadership del commercio on-line sulle altre forme uno sc. possibile. Un lustro fa era già probabile. Oggi è sc. certo. A cosa è dovuta questa rapida affermazione? La pandemia – scenario avverso imprevedibile – ne ha accelerato la crescita, l’espansione e la conseguente affermazione nella cultura del consumo, in cui ormai persiste a prescindere dalla contingenza pandemica. Una leadership che mette in seria crisi le imprese tradizionali che, al tempo, guardavano con una certa supponenza all’analisi predittiva.
Questo esempio ci dice – inoltre – che l’evoluzione ed il cambiamento lineare di uno scenario possono essere bruscamente modificati dall’interazione con altri scenari apparentemente non collegati formando una concatenazione di eventi molto complessa e di difficile gestione. Per esemplificare questo passaggio logico usiamo come esempio la brutta guerra in Ucraina.
Il primo livello lo conosciamo fin troppo bene: scenario certo guerra e disastri, ambientale ed economico; sc. probabile l’estensione temporale con crescita di perdite umane e danni gravissimi; scenario possibile estensione della guerra ad altri paesi con esiti non prevedibili.
In questo scenario di guerra abbiamo alcune conseguenze ed un quadro di complessive interazioni. Conseguenza diretta, riduzione delle quantità ed aumento dei prezzi nel primario, sia energia che agro alimentare. Criticità che determina come elemento diretto la speculazione su questi comparti e la correlata spinta inflazionistica. Da quella criticità, prezzi del primario e sua disponibilità sui mercati, deriva la modificazione del ritmo e della quantità delle migrazioni dai paesi dipendenti dal grano ucraino/russo. Migrazioni che aumentano di frequenza aldilà di quanto fosse previsto, ed in quantità ancora non definibili. A loro volta tali migrazioni generano conseguenze interne ai paesi, modificando l’emotività sociale che a sua volta influisce sugli equilibri politici cambiando in termini reazionari i governi e le maggioranze.
Con questo esempio ho cercato di evidenziare la catena della interazione tra elementi cause e derivate che gli scenaristi e la teoria della complessità tentano di prevedere. Con alterne fortune e francamente con pochi ascoltatori tra i Cittadini.
Riletto sto pippone do voce alla considerazione che sgorga dal cuore, cioè ..ma de che?!
Beh.. insomma. Se diamo retta a quell’inguaribile ottimista, Serge Latouche, ed alla sua frase riportata nel sottotitolo, un po' si comprende perché dovremmo provare a leggere scenari e previsioni con particolare attenzione a quello che la Cina sta facendo e quanto possa influire sui già delicati contesti internazionali. Perché, come si diceva negli anni 70, la Cina è vicina.
Provo a farlo in questo pezzullo in due parti dando sintesi – per come mi riesce –a quello che ho letto in questi mesi con curiosità ed anche un filino di invidia. Sentimento che mi era sconosciuto finché non mi sono trovato a paragonare noi europei, governati da un pattuglione di Mr. Bean che vanno in giro ognuno con la mano infilata nella propria teiera, e la lineare strategia cinese.
Dice il saggio e sincero democratico: ma da loro i diritti umani sono calpestati. Verissimo, parliamo di un potere verticale senza dialogo ed ascolto, in cui i lavoratori sono sfruttati e mal pagati ed il Cittadino conta zero. Esattamente come da noi. Con una differenza, noi possiamo dirlo loro no. Perché il potere, da noi, ha messo lo sfiatatoio per il vapore nella pentola a pressione. Non è poco, non vorrei essere frainteso. Ma non è nemmeno molto. Qualche ottimista la chiama democrazia. Generalmente, noi occidentali, la esportiamo con le bombe.
Scenari dell’espansione cinese, dalla goccia al diluvio.
Quando si cominciò a delineare la globalizzazione dei mercati i nostri imprenditori occidentali sgranarono gli occhi. Abbiamo un mercato potenziale di un miliardo e rotti da conquistare! I cinesi smossero appena i loro occhi imperscrutabili e pensarono lo stesso. Noi non ci siamo riusciti, loro invece si. Perché? Per due ragioni che segnalava Rampini tempo fa. Le riassumo.
La prima è di cultura e costume, la destrutturo per ragioni di sintesi. I cinesi sono per loro natura ordinati e disciplinati, un filino razzisti ed oggi molto fiduciosi in sé stessi, sicuramente abituati ad un potere schiettamente verticale. Operativi, collaborativi. Con una forte cultura del lavoro.
La seconda è più di sistema: la Cina è diventata una primaria economia mondiale. Cresciuta nel mercato esterno e nel proprio in modo esponenziale ha creato, al proprio interno, da un lato ricchezza e dall’altro ha ridotto gli spazi di povertà. Ha investito creandosi solide infrastrutture (città, ospedali, scuole, trasporti etc ) ed innovato il proprio sistema produttivo, dalle nuove energie fino ai modi di produrre.
Un esempio per capire come si opera in Cina. Mentre da noi si discute e si dibatte sull’energie alternative per ridurre emissioni, in pochi mesi nella provincia di Quinghai è stato costruito il più grande parco foto voltaico al mondo (Con il nuovo parco, nel solare FV, la compagnia energetica cinese ha allestito una catena industriale quasi completa: dal silicio, ai wafer, alle celle, ai moduli, fino allo sviluppo e alla gestione dei parchi fotovoltaici. Fonte: Edison OnOff). L’energia prodotta è pari a diverse centrali nucleari sommate, l’impatto ambientale modesto, la filiera di smaltimento già programmata. Se mettiamo insieme tutte le centrali FV europee restiamo ben lontani da ciò che produce, da sola, Quinghai. Questa è la Cina.
Se non ricordo male era il segretario di stato americano ai tempi di Trump che considerava con una certa inquietudine In vent’anni siamo passati dalla goccia cinese, pochi prodotti marginali, al diluvio, ogni cosa che facciamo ha un pezzo di produzione in Cina. Così l’America, patria del liberismo e principale sponsor della globalizzazione, ha alzato, proprio con Trump, gli scudi protezionisti imponendo dazi, contingentando la delocalizzazione produttiva e dunque cercando di arginare l’espansionismo cinese. Biden, non ha minimamente cambiato politica. Sta sempre lì a pressare i cinesi su tutto, mentre forza l’Europa a mettere barriere di ogni tipo.
Le ultime recentissime dichiarazioni della Ue sulla prossima guerra commerciale con la Cina sono sconfortanti da molti punti di vista. Primo: se la vuoi fare sta barriera commerciale non la dichiari, la metti in pratica, così li hai solo preparati. Superficialità della nuova amministrazione europea. Secondo: non ci si può accodare sempre all’America senza perdere del tutto la faccia e l’identità verso i quattro quinti dell’Umanità che non abitano tra l’Alaska ed il Messico. E che diamine! Ma tenere un profilo indipendente, mai??
Biden, la sua amministrazione come la precedente, si infila in ogni interstizio possibile per scalzare la progressione cinese dai mercati. Scatena una diatriba su Taiwan che la Cina lascia ben volentieri gonfiare. Così mentre tutti guardiamo alla piccola isola per noi così importante, loro, i cinesi, fanno il cavolo che gli pare in Africa ed in Sud America. Luoghi dove l’Occidente si è presentato con la peggiore delle facce. Predatore, fomentatore di golpe, arrogante.
Il Sud America- stremato da decenni di ingerenze americane contraddittorie e disordinate -si apre alla Cina con i suoi paesi cruciali, l’Argentina che ha cronici problemi di debito ed il Brasile, che vuol far dimenticare l’era Bolsonaro, suddito delle multinazionali. Lula, appena dopo eletto, è andato da Xi che lo ha accolto a braccia aperte. Anche l’India- storico rivale ai tempi della globalizzazione - negli ultimi anni ha intessuto con la Cina un rapporto fatto di cortese reciproca attenzione. Ne deriva uno scenario molto allarmante.: se i due sviluppassero una alleanza geopolitica parleremmo di quasi 3miliardi di persone!! Un peso sulla bilancia che, solo demograficamente, vale due volte l’Occidente intero.
Intanto i diversi paesi africani, di enorme potenziale demografico ed economico come Nigeria e Congo, guardano la progressione cinese nel continente con una certa attenzione, ma anche con crescente simpatia. Atteggiamento comprensibile. L’Unione Africana, che rappresenta quel continente depredato da Europa ed Usa, trova oggi un partner che di certo è furbo, certamente orientato ai propri interessi, ma anche capace di costruire società ed imprese in comune con i governi locali. In grado di investire in infrastrutture – porti, pozzi, pipelines, ferrovie- senza strozzare col debito. Un partner che non alimenta nessuna fazione con armi e denaro allo scopo di dividere per mantenere lo status quo. Non per bontà, ma per equidistanza.
In questa coerente e tenace conquista della simpatia africana la Cina è stata francamente spregiudicata, ma in modo intelligente sfruttando il deprecabile e scarsamente lungimirante atteggiamento imperialista dell’Occidente per distinguersi e sedurre. Il risultato è che l’Africa, quasi tutta, pensa oggi alla Cina prima di valutare ogni altro interlocutore. Ne sanno qualcosa Francia ed Inghilterra messe cortesemente in sala d’aspetto.
Nello scenario probabile si prevede l’Africa nella sfera di influenza commerciale e produttiva cinese. In quello possibile l’affermarsi di una comune strategia cino-africana per cambiare gli equilibri mondiali, almeno grazie alla vicinanza con i paesi più grandi del continente.
In quanto tempo questi scenari diventeranno certi? Dipende dallo sviluppo fattuale di alcuni elementi, nel quadro della complessità geopolitica. Dipende da alcune variazioni d’atteggiamento dei principali attori.
Una di queste è il rinsavire di Francia e Germania e di conseguenza il formarsi di una nuova dignità dell’Europa in politica estera. Appare ipotizzabile che la UE diventi polo alternativo ed indipendente, capace anche di sedare senza schieramenti preconcetti i vari conflitti? Lo sapremo nel corso dell’anno. Non ci conterei.
L’altra possibilità è che alle primarie od alle elezioni del potus perda Biden, ormai sovraesposto- per motivi di politica interna - nemico della Cina, e che Trump non sia il candidato repubblicano. Eventualità, quest’ultima, auspicabile per tutti e prima di tutti per gli americani stessi. TheDonald è un panciuto e variopinto mr. Bean.
Questi scenari fattualmente oscillano tra possibile e probabile, ma qualitativamente sono molto ottimistici. Tuttavia a loro sta appesa larga parte del nostro futuro. Per dirla in altre parole: siamo come una famiglia che spera di risolvere il peso del mutuo sul bilancio mensile giocando al Lotto. Non ci resta che aspettare l’estrazione.
Il secondo scenario probabile- ma opposto - è che la situazione delle relazioni internazionali veda un ulteriore incarognimento tra Usa Ue e Cina, dopo il rapporto ormai compromesso - per almeno un lustro o più- con la Russia. Che vengano, di conseguenza, chiuse frontiere ed imposte sanzioni con la solita ingiustificata presunzione degli occidentali. Perché riporto questa dura valutazione apparsa nei commentatori non allineati? Lo racconto per come l’ho capito.
L’Occidente pensa di avere ancora oggi un peso determinante, grazie all’industrializzazione avanzata ed al controllo sul petrolio (fatto fuori l’Iraq, sanzionato l’Iran restano solo gli Emirati da sempre nella sfera Usa). Dunque crede di essere la prima forza trainante mondiale come dieci anni fa ed è convinto di poter rendere più poveri i paesi chiudendo import/export. Non è più così. La Cina ha grandi tecnologie e materie prime per l’energia, fossile o rinnovabile, in quantità non definibili. La borsa di Shangai vale come le occidentali, costa meno ed è attrattiva per tutti i paesi non allineati. Ed inoltre c’è un piccolissimo dettaglio che dobbiamo sempre ricordare quando guardiamo ai complessi rapporti cino americani. Vediamo qual’è…
Il debito pubblico USA, di cui Biden chiede uno sforamento (non siamo i soli come ben noto) ammonta a circa 7.400 mld di dollari. Per i due terzi abbondanti è in mano americana. Banche, fondi,etc. Un terzo è in mano estera. Tra questi detentori ci sono, ad esempio le società petrolifere e le banche caraibiche, quest’ultime sono un luogo sospettato di riciclare denaro sporco. Il che spiega molte cose. Ma, guarda un po, il secondo detentore estero (il primo è il Giappone) è proprio la Cina con un valore fluttuante tra gli 850/1000 mld di dollari .
Quindi la Cina tiene per la cravatta Wall Street con in tasca un settimo del complessivo debito americano. Quando Xi diceva a Biden che tra Cina ed Usa esistono molte ragioni per andare d’accordo, accennava forse a questo fatto. Non so se hanno capito. Ma i wall street boys certamente sì. Le sanzioni finanziarie, annunciate a suo tempo da Trump, sono sparite nel silenzio.
Vediamo ora lo scenario possibile in relazione alla probabile guerra commerciale tra USA e Ue contro la Cina. I furbissimi e disinvolti orientali già pronti all’evenienza, sono grandi scenaristi, formeranno fronte comune con India molta parte dell’Africa e del Sud America, realizzando un aggregato di interessi economici. Una sorta di mercato comune tra i vecchi paesi non allineati a cui si potrebbe aggiungere una Russia post guerra. Guardando alla strategia cinese fin qui attuata tale accordo prevedrà società miste a proprietà incrociata tra i paesi interessati. Avremo come conseguenza diretta l’eliminazione delle imprese occidentali da ogni appalto e da ogni significativo commercio con questi giganti demografici.
Un simile scenario ne produce un altro derivato ed avverso per il quale, in caso di questa grande alleanza, si prevede un rapido tramonto del capitalismo industriale d’occidente. Quello finanziario non è valutabile, giocherà la partita come sempre in modo spregiudicato perché esso è sovranazionale, vede mescolati interessi dei fondi americani, russi, cinesi senza limiti o sanzioni. La strana innovazione del mercato azionario multilaterale. Opaco, quando non anonimo.
Nel caso diventi certo lo scenario di guerra commerciale è facile azzardare una previsione tra le infinite possibili derivate. Tra vent’anni il ministro degli interni tunisino Alì Ben Salvin proporrà di chiudere i porti ai canotti italiani in partenza da Lampedusa. Su questi sarà seduto, imbacuccato e triste, qualche giovane leghista.
L’ultimo scenario avverso, o meglio il worst scenary cioè il peggiore di tutti è così riassumibile: un qualche dr. Stranamore tira il primo colpo di pistola, magari citando la libertà di Taiwan. In proposito: sembra che tutti abbiamo dimenticato che gli Usa nel 1989 si sono ingoiati il Panama con la rapida invasione di uno stato indipendente. Nel silenzio internazionale per dieci anni hanno controllato l’essenziale canale tra i due oceani. Ancora oggi il tema è critico ed aperto ( https://www.geopolitica.info/panama-lo-scontro-tra-stati-uniti-e-cina/ http://www.instoria.it/home/invasione_panama.htm ). Ma come si sa nell’immaginario collettivo gli Stati Uniti sono sempre i buoni. Agli altri di turno tocca il ruolo del cattivo.
Nel triste caso, cari ConCittadini, scopriremo se è possibile che un’intera Umanità – per quanto governata male- riesca ad autodistruggersi. Passando, per soldi, ad una nuova guerra mondiale.