Lucia Annunziata sostiene che Salvini e Di Maio avevano un piano per uscire dall'euro ma mentivano al proposito. Massimo Villone e Paolo Flores d'Arcais sostengono che Mattarella non aveva la potestà di mettere un veto politico su un ministro.
Può senz'altro essere che Annunziata sia a conoscenza di realtà riservate. Da parte mia penso che sul tema di Villone e Flores si possa avere una visione più sfumata.
Sotto gli occhi di tutti sta l'azione a tenaglia di Lega e 5Stelle per organizzare il loro grande gioco del futuro prossimo: elettori delusi contro il Presidente della Repubblica. A tenaglia, ma in realtà la sensazione diffusa è che l'azione sia condotta dalla Lega e seguita con malessere e controvoglia dai 5Stelle. Per un motivo elementare: i 5Stelle volevano a tutti i costi formare il governo, mentre Salvini dissimulava la sua voglia di farlo saltare.
I 5Stelle volevano così tanto il governo che, pur di averlo, hanno accettato l'imposizione di Salvini su Savona. Salvini ha rifiutato l'idea di sostituire Savona con il suo braccio destro Giorgetti proprio perché questa soluzione non gli permetteva di far saltare il banco.
Messo nell'angolo, Di Maio si butta ora sull'accusa di alto tradimento, ventilata da Meloni, per oscurare la sua sconfitta nello stesso momento in cui l'astuto Salvini si defila da quell'azione temeraria.
Tutta la vicenda nasce e si articola sotto il segno della contraddizione. Verificate come irrealizzabili tutte le combinazioni precedenti, due forze politiche tra loro alternative (5Stelle e Lega) sono invitate, anche da molta stampa, ad assumersi le responsabilità derivanti dal loro vasto consenso elettorale. Accolgono l'invito e, dato che non possono riconoscersi come alleate, stipulano un "contratto" e, nel tempo necessario, concordano un programma di governo. Possono farlo perché i loro elettorati non sono del tutto alternativi ma, su non pochi punti, possono anche andare d'accordo. La dirigenza dei due partiti resta però reciprocamente alternativa e ciò impedisce che uno dei due leader possa assumere il ruolo guida. Presidente del consiglio sarà quindi una terza persona, che, proprio perché terza, non potrà insidiare le due leadership. È la sindrome del triumvirato asimmetrico: Ottaviano e Antonio cooptano Lepido come figura in sottordine.
La non-alleanza formalizzata nel "contratto" ha robuste motivazioni politiche ma a questo punto produce una vera anomalia istituzionale. Il nostro Lepido, il professor Conte, arriva a programma stilato e firmato e, secondo l'incauta espressione di Di Maio, ne sarà l'esecutore. È vero che Conte rivendica una sua partecipazione alla definizione del programma, ma è arduo riconoscergli il ruolo di guida del triumvirato. Chi può sostenere in buona fede che Conte corrisponda in pieno al ritratto fornito dall'articolo 95 della Costituzione? Ovvero: "Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri".
La differenza salta agli occhi.
E la riprova dell'anomalia sta nella realtà dei rapporti col Presidente della Repubblica: al colloquio col presidente incaricato si sovrappongono i colloqui con i leader. Nel giorno dello scioglimento definitivo vanno prima al colle Salvini e poi Di Maio e solo in seguito, buon ultimo, arriva Conte. Insomma Mattarella invece di stabilire un solo colloquio con una singola persona deve interloquire con gli altri due maggiori triumviri.
C'è poi la questione Savona. Nel secondo comma dell'articolo 92 c'è tutta, pregnante, la dualità (attenzione: non tripartita!) del rapporto: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri".
In questo ambito si è già verificato il caso di discussione della proposta. Si può ricordare un caso celebre: Scalfaro non accettò di nominare Previti al ministero della Giustizia e lo collocò al ministero della Difesa. Non c'entrava l'articolo 54 e il suo richiamo a "disciplina e onore" ma semplicemente non appariva opportuno che l'avvocato personale di Berlusconi fosse messo alla guida di un ministero così delicato.
Per quanto la polemica politica possa sottovalutare aspetti e enfatizzarne altri, è assai arduo sostenere che Mattarella ha avuto comportamenti ostili alla realizzazione di un governo sorretto da una maggioranza. Se si ripercorre il cammino della vicenda si potrà addirittura trovare che molta stampa ha più volte mormorato contro la disponibilità del Presidente a concedere tempo e ripetuti rinvii affinché quel benedetto "contratto" fosse stilato. Molti si sono fatti prendere dall'impazienza e avrebbero preferito un decisionismo più tranciante. Proprio per il rispetto del voto popolare Mattarella ha lasciato tutto il tempo necessario alla conclusione della vicenda.
Perché oggi si vuole vedere nelle osservazioni su Savona un'indebita ostilità politica? Quando la Lega poteva ottenere il ministero dell'economia con uno dei suoi esponenti di maggior rilievo, perché fare scandalo di fronte a un'osservazione sull'opportunità della nomina di un valente ma anche eurodissidente esperto di economia?
A molti di noi piace l'attitudine critica incisiva esercitata da Savona contro l'insopportabile retorica conformista che ci canta le gioie dell'euro. Ma da qui a far cadere sul nascere l'unico governo aritmeticamente possibile ce ne passa.
A essere sinceri, parecchi di noi non piangeranno neanche troppo sul governo mancato. Come ormai è entrato nell'uso: ce ne faremo una ragione.
Chi gioisce di sicuro sono Salvini e la Lega che in un colpo solo hanno ottenuto la primazia nel centrodestra e la possibilità di un incremento sostanzioso del consenso elettorale ai danni di tutti, alleati e avversari.
Chi si duole, anche se non possono dirlo, sono Di Maio e i 5Stelle, ridimensionati nell'immagine e indotti a sposare la sconsiderata causa dell'alto tradimento.
Chi non è d'accordo con i contraenti senza più contratto, e d'altra parte non sopporta più l'opposizione svaporata, può ancora augurarsi, con un residuo ironico di ottimismo, una salutare ripresa del protagonismo democratico, radicato sull'articolo 3 della Costituzione.
Auguriamoci una salutare ripresa del protagonismo democratico, radicato sull'articolo 3 della Costituzione.