Ora che l’inammissibile e, diciamolo, anche oscena candidatura al Quirinale di Berlusconi è esclusa, è necessario affrontare quella di Draghi. I leader tra i grandi elettori come i commentatori più accreditati sembrano concordare su una necessità: che le cariche delle due Presidenze (del Consiglio e della Repubblica) siano decise insieme in un solo “pacchetto” al fine di evitare una crisi di governo che potrebbe essere letale per la lotta alla pandemia e per il compimento del PNRR (trascuriamo qui per il momento l’altro motivo: il timore di fine anticipata della legislatura da parte dell’ampia maggioranza dei parlamentari).
Le due alternative possibili non sono intercambiabili. Draghi a Palazzo Chigi e X al Quirinale si può considerare un’ipotesi normale. Draghi è già lì, ha un lavoro iniziato da finire e la legislatura arriverà alla scadenza naturale. Le eventuali critiche sociali al liberismo e alla tecnocrazia prevalenti nell’esecutivo, giustificate o meno, non hanno corso alcuno tra i grandi elettori e le possiamo serbare per ragionamenti successivi. Al contrario X a Palazzo Chigi e Draghi al Quirinale merita un po’ d’attenzione. Ciò che magari altri hanno pensato senza dirlo l’ha detto Giorgetti e va preso sul serio: con Draghi al Quirinale e un suo uomo a Palazzo Chigi si avrebbe di fatto, senza riforma costituzionale, l’introduzione in Italia di qualcosa di molto simile al semipresidenzialismo alla francese: il capo reale della Repubblica e del Governo riunito in una sola persona e un suo uomo di fiducia alla Presidenza del Consiglio, ridotto questo alla Giunta del Sindaco d’Italia.
Già ora, e non da poco, il Parlamento ha scarso peso. Ma con il semipresidenzialismo straccione di Giorgetti (e di quelli che sono d’accordo con lui) sarà difficile sostenere che l’Italia è una Repubblica parlamentare fondata sulla divisione dei poteri. Non sono qui in discussione le qualità di Draghi (dibattito rinviato) ma il modo migliore di impiegarle è alla guida dell’esecutivo non alla guida della Repubblica in una carica del tutto diversa da quella che è stata fin qui. Orribile l’idea che piace ai drogati del presidenzialismo: se i parlamentari non sanno eleggere il Presidente lo eleggano i cittadini.
Un dubbio critico viene dall’osservazione di Rosi Bindi, persona esperta degna di essere ascoltata: meglio Draghi al Quirinale per sette anni che a Palazzo Chigi per un anno scarso. La sua previsione è che potrebbe subire la fronda di un Parlamento ipocrita e ostile e che in breve il Paese perderebbe il vantaggio dei suoi uffici. Non si può escludere, ma il Parlamento ipocrita potrebbe anche essere così contento di non averlo al Quirinale da sopportarlo a Palazzo Chigi per tutti gli anni necessari al compimento dell’opera.