Un precetto classico nel mondo dell'informazione afferma che scrivere male, o anche malissimo, di qualcuno non ottiene l'effetto desiderato perché il solo fatto che se ne scriva, o se ne parli, va sempre a vantaggio di chi si vuole attaccare (dite quel che volete, anche il peggio del peggio, purché parliate di me). Da questo punto di vista chi ha motivo di criticare le mosse di Renzi dovrebbe osservare rigoroso silenzio. È uno dei paradossi della libertà di stampa. Dunque per misurarsi col paradosso una soluzione, sicuramente non infallibile ma sperimentabile, è ricorrere al paradosso. Proviamo dunque un cauto elogio di Renzi.
Noi che ci siamo impegnati contro la sua riforma costituzionale dovremmo essergli assai grati. Quel testo ci ha permesso di costruire in poco tempo una mobilitazione eccezionale che ha toccato le corde vive del paese fino al punto di produrre una vittoria prodigiosa e la salvaguardia della Carta originale. La gratitudine generale deve anche andare alla pervicace volontà di Renzi di non affrontare, nemmeno per un secondo, l'analisi dei motivi della sua sconfitta. Perché in quel rifiuto poggiava la sicumera di ottenere la rivincita nelle successive elezioni politiche. Qui l’elogio dell'uomo può innalzarsi fino alla più sfacciata adulazione: niente di meno può essere riservato a chi è riuscito a dimezzare i voti del proprio partito pochi anni dopo averli aumentati.
Semmai sembra opportuno mantenere, come si dice nel linguaggio paludato, un problematico riserbo sulla sua decisione di presentarsi a sorpresa, e contro la sua stessa posizione precedente, come il convinto sostenitore di un possibile governo 5Stelle-PD. Però niente vieta di sciogliere un peana alla sua fuoriuscita dal PD, da lui stesso spinto al governo, per dare vita a un altro gruppo parlamentare alla Camera e a un nuovo sottogruppo del Gruppo Misto al Senato. Capolavoro assoluto! Da promotore dell'armonia a provocatore del sospetto. Ma è tutta apparenza, come nei gialli classici il cattivo si rivela buono. Non può far cadere il governo perché è l'ultimo a voler andare a nuove elezioni: mai più potrebbe rinnovare il suo pattuglione parlamentare reso idropico dalla sua legge elettorale. E così come la volta precedente quelli che erano entrati bersaniani erano rapidamente diventati renziani, di fronte alla prospettiva della perdita del seggio (il seggio è cosa seria e non ha nulla a che fare con le poltrone delle polemiche qualunquiste) non è escluso che si scoprano, con cautela, zingarettiani.
Ma soprattutto non può far cadere il governo perché già da ora è il principale, anzi l'unico indiziato. Se lo facesse sarebbe il colpevole conclamato. Sappiamo che c'è in Renzi qualcosa di Franti ("l'infame sorrise") ma alla fine il bene trionferà. Per non perdere del tutto la faccia Renzi provocherà in continuazione i 5Stelle e danneggerà il fegato di Conte, ma alla fine, a modo suo, proteggerà il governo fino alla fine della legislatura. Potremmo suggerirgli: con accorto senso della misura potrebbe risultare così insostituibile fino a meritarsi il Quirinale (ops! che cosa ho detto?). Insomma: l'Italia viva, viva l'Italia!