Filippo Maone, napoletano, fondatore del Manifesto, è morto all’età di 83 anni la sera del 31 dicembre al Policlinico di Roma, dove era stato ricoverato per un ictus improvviso. Il Manifesto di oggi gli dedica due pagine di ricordi di Luciana Castellina, Massimo Serafini e Tommaso Di Francesco, e ripubblica il suo articolo uscito per i 50 anni del quotidiano, con una bella fotografia che lo ritrae sorridente. Conoscevo Filippo da almeno trent’anni, forse più, attraverso l’amicizia di Luciana. Era un amico simpatico, riservato, discreto e ironico. Della sua vita di giornalista gli era rimasta l’abitudine di ascoltare tutte le mattine la rassegna stampa di Radio Radicale, che gli forniva materiale per commenti pungenti e divertiti sui personaggi del giorno che distribuiva dopo agli amici.
Aveva i suoi bersagli preferiti su cui indugiava con una cattiveria temperata dalla bonomia partenopea e dal tratto signorile. In un mondo di lotte politiche dove, da tutti i lati, il settarismo era quasi necessario, Filippo non era affatto settario. Quando insisteva con la critica su persone e atteggiamenti non lo faceva mai con ostilità preconcetta; anzi si divertiva a volte, per stupire l’interlocutore, a trovare nei nemici giurati qualche pezzo di ragionamento convincente. Ma il ghirigoro ellittico con cui cingeva l’oggetto della polemica obbediva più che altro a un’esigenza di stile, pari a quella che avrebbe messo nel rifinire un perfido corsivo. Da qui l’ammirazione incondizionata, e condivisa da chi lo stava ascoltando, per quelli di Luigi Pintor.
Filippo era una persona buona e affettuosa. Gli piaceva condividere l’allegria. Si interessava degli altri. Gli piaceva vestire con cura. Gli piaceva viaggiare e con tutti i compagni sparsi per il mondo non gli mancavano le mete da raggiungere. Filippo era aperto e disponibile alle esperienze altrui. Quando cominciarono i Girotondi contro Berlusconi nel 2002 fu subito attento e non manifestò mai la sufficienza un po’ snobistica dimostrata da altri. Aveva l’atteggiamento del vecchio zio, appena un po’ distaccato ma sinceramente interessato alla fortuna dei nipoti. La sera prima della grande manifestazione del 14 settembre 2002, che riempì oltremisura piazza San Giovanni e tutti gli spazi adiacenti, cenammo proprio a casa sua con una cena preparata da lui e il giorno dopo ci abbracciammo in piazza.
Tutti i compagni e gli amici lo ricordano domani 4 gennaio, alle ore 11, all’Aula Magna della Facoltà Valdese, via Pietro Cossa 40, nei pressi di piazza Cavour a Roma. E’ un occasione triste ma addolcita dalla possibilità di testimoniare l’affetto corale che ha sempre meritato.