L'isolamento sistematico degli individui indotto dalla pandemia ha prodotto una fase di fortuna del lavoro on line. Ne nascono numerosi benefici. La valutazione positiva della nuova modalità è ampiamente rappresentata in rete e auspicata per il futuro anche a cessato allarme. Perciò mi interessa qui mettere in rilievo qualche punto critico.
Ci sono lavori che non si possono fare da remoto: tutte le attività industriali manifatturiere esigono la presenza attiva o almeno il controllo dell'uomo sul posto. Si può immaginare una nuova più decisa separazione tra operai e impiegati. I primi vincolati alla fabbrica e al reparto; i secondi davanti al computer a casa loro. Il comando sul lavoro ha sempre preferito separarli nello spazio, nella condizione lavorativa e nel reddito, ma ora avrebbe in mano la soluzione definitiva.
Ma il rilievo maggiore sul lavoro on line riguarda una sua funzione che potrebbe rivelarsi strategica: è l'ideale sognato invano dai capitalisti del passato per ottenere l'impossibilità stessa della forza collettiva. L'isolamento potrà determinare feroce competizione tra individui, ognuno portato al suo estremo limite fisico nella ricerca di offrirsi al mercato come campione del cottimo vivente. Ognuno chiuso nel suo loculo dallo schermo lampeggiante può al massimo sfogarsi in messaggi. Tutte le prove di unità materiale del lavoro dovranno per necessità accedere di colpo alla piazza. Non ci saranno tappe intermedie: dal computer alla piazza. Sia chiaro, la piazza va benissimo ma di solito va costruita.
Il cosiddetto lavoro intellettuale sembra fatto apposta per stare on line. Molti miei colleghi universitari ancora in attività commentano con favore la sperimentazione accelerata cui hanno dovuto dare vita. Alcuni di cui mi fido ciecamente sostengono addirittura che per certi aspetti on line è meglio, per esempio nelle assemblee di dipartimento, dove nella sede fisica tutti chiacchierano e si distraggono, mentre in rete tutti stanno attenti da casa loro e misurano meglio i propri interventi. Si perde meno tempo, si opera meglio. Poniamo che sia sempre così.
Ma c'è un aspetto su cui sarebbe necessaria la massima vigilanza. L'università on line è l'ambiente perfetto per chiamate a persona, affidamenti di tutoraggio, incarichi provvisori e altre possibili invenzioni che nel loro insieme costituirebbero una colossale occasione, ciclicamente ripetuta, di reclutamento di lavoro precario. Ora non la faccio lunga: precarietà più competizione per i finanziamenti sono la condizione ideale per spegnere un particolare aspetto del mondo della conoscenza. Sempre minoritario ma sempre rinnovato nelle generazioni (qualcuna più qualcuna meno) a garanzia della salute mentale di tutti: il diritto a mantenere in vita e a riprodurre la scienza disinteressata.