Ha votato il 56% degli aventi diritto. Tra i votanti il 34% ha scelto Lega e premiato Salvini. A suo tempo era stato votato Berlusconi, poi Renzi, ora la Lega. Sapere che solo il 18% dei cittadini l'ha votata non è una consolazione. Conta chi vota, chi non vota è un fantasma ed è inutile attribuirgli chissà quali volontà. Né può illudere il fatto che resti per ora intatta la composizione del Parlamento uscita dal voto nelle elezioni politiche del 2018. L'evidenza del successo della Lega è tale che la proporzione della rappresentanza parlamentare attuale tra 5Stelle e Lega appare ormai priva di fondamento e in prospettiva già evanescente. I 5Stelle hanno ancora nelle Camere il doppio dei parlamentari della Lega ma hanno perso quasi del tutto la possibilità di farlo valere. Non solo: dobbiamo ormai fare i conti con la probabilità che il voto europeo venga confermato, se non addirittura rafforzato, dalle prossime elezioni politiche.
Siamo quindi obbligati a immaginare conseguenze a catena. Le prime incombono subito e intaccano i principi costituzionali senza cambiare la lettera della Costituzione. L'autonomia differenziata, con la sanità e l'istruzione in mano alle regioni, incide sul principio di uguaglianza: vantaggi alle regioni ricche, svantaggi per le povere; la flat tax distrugge la progressività dell'imposizione fiscale: favore ai ricchi e danno ai poveri. Ci sarà materia per ricorsi alla Corte Costituzionale.
Ma dobbiamo anche aspettarci altri nuovi aperti tentativi di stravolgere la Costituzione, ad esempio l'instaurazione del presidenzialismo. Snaturamenti e sovvertimenti della Costituzione saranno terreno di lotta inevitabile, su cui il protagonismo civile non può aspettarsi aiuti decisivi da parte del contesto parlamentare: prima ancora di delineare il nuovo PD Zingaretti aveva esordito dicendo che l'Italia non può funzionare perché ha vinto il NO nel referendum costituzionale del 2016; l'Emilia, ancora nelle mani del PD, ha chiesto di accedere al regionalismo differenziato; e alcuni suoi economisti flirtano con la flat tax. Se continua così il PD non ha alcuna possibilità di contribuire a una lotta convincente contro il nuovo centrodestra. Senza porre inutile fiducia nel ceto politico ci sarà dunque più di una lotta da affrontare nella società. Non è una novità: in fondo era già stato così nel referendum del 2016.
Perfino più difficile è il terreno della rappresentanza politica. Metà di chi aveva votato 5Stelle vi ha già rinunciato. Gli elettori di centrosinistra sono più che mai orfani. Le piccole liste di sinistra esistenti sono ridotte a ectoplasmi e sarebbe grave errore insistere a resuscitarle. Né si vede qualcosa di equivalente al rigoglio dei Verdi in Europa. Purtroppo sì deve ammettere che gli elettori di centrosinistra in parte, e di sinistra nella quasi totalità, sono rifluiti nel panorama indistinto dei fantasmi astensionisti. Come convincerli a uscire dal letargo e tornare a votare? E per chi? Meglio non provare nemmeno a rispondere. La risposta prematura sarebbe comunque illusoria.
Ci aspetta un lungo periodo in cui chi ne avrà voglia farà bene a tenere vive le lotte sociali per l'uguaglianza, la cultura e la natura. Se si avrà la forza di farlo la rappresentanza politica non potrà nascere che da lì.