Se creeranno o meno un partito, si vedrà. “Si può arrivare anche a una sorta di meticciato tra partito e movimento politico”, dice Francesco “Pancho” Pardi. Adesso, però, aggiunge, “le Sardine devono capire che non si può solo scendere in piazza, non si possono fare manifestazioni all’infinito. A un certo punto bisogna fermarsi e iniziare, in autonomia, a ragionare su cosa si vuole fare e dove si vuole andare”.
Settantaquattro anni, alle spalle una carriera da docente universitario a Firenze, nel 2008 è stato senatore per Italia dei Valori. Sei anni prima, nel 2002, Pardi fu tra i promotori della prima manifestazione italiana per la libertà d’informazione e l’autonomia della giustizia durante l’era del secondo governo Berlusconi e tra i protagonisti dei girotondi, ai quali le Sardine sono state spesso paragonate. Da “cultore della materia”, come si definisce scherzosamente, non nasconde una certa curiosità verso il movimento anti sovranista che da Bologna si è diffuso in tutte le piazze italiane, che non ha “alcuna intenzione di dirigere”, ma al quale pure sente di dire: “Non illudetevi sulla capacità di ascolto dei partiti tradizionali”.
Per lui le Sardine ”devono rafforzarsi, durare e perfezionare il ragionamento, individuare dei loro temi, a partire da quelli dell’uguaglianza e del lavoro, e farli circolare nella società” e poi “cominciare a porsi il problema della rappresentanza politica”. E non commettere quello che “nel nostro caso - spiega Pardi - fu un errore”.
Professor Pardi, il movimento delle Sardine continua a essere paragonato a quello dei girotondi, di cui lei è stato tra i protagonisti. Non c’è alcuna differenza?
“In verità ce ne sono almeno due. La prima è anagrafica, oggettiva. Loro sono trentenni, noi eravamo cinquantenni. In secondo luogo, lo dico senza presunzione, noi eravamo più acculturati sul piano politico e apertamente di sinistra. Di una certa sinistra, non vicina a Rifondazione, per intenderci”.
Anche le Sardine, sulla base delle dichiarazioni dei fondatori, vengono accostate alla sinistra.
“Però loro mi sembrano più svincolati dalla politica normale e neanche troppo interessati al dibattito dei partiti. C’è, tuttavia, una cosa che hanno in comune con noi e non la considero una meraviglia”.
Cosa?
“Noi abbiamo ripetuto fino alla noia che non volevamo sostituirci ai partiti, che volevamo pungolarli, come stanno facendo loro. Ma nel nostro caso è stato un errore e per questo vorrei dire a loro di non commetterlo”.
In che senso?
“A questi ragazzi, che credo vadano lasciati liberi di sperimentare e inventare senza che ci sia da parte nostra alcuna volontà di dirigerli, dico: “Non illudetevi sulla capacità di ascolto dei partiti tradizionali. Faranno finta di ascoltarvi, ma non lo faranno, vi utilizzeranno solo per i voti. Non credo comunque che le Sardine si accontenteranno di fare da portatori d’acqua ai partiti scalcagnati del centrosinistra, che fondamentalmente si sono autodistrutti. Ormai il centrosinistra è un’ombra”.
Lei continua a collegare le Sardine al centrosinistra, ma come sta accadendo in questi giorni, il movimento sta incassando endorsement e interessi - Pascale e Rossi, per citare i due più recenti - anche da parte della destra liberale.
“Io non mi farei incantare. Pascale, Rossi e gli altri liberissimi di apprezzare il nuovo movimento, ma questo non comporta per le Sardine la necessità di porsi in ascolto di questa destra, chiamiamola così, “liberale”. È nel centrosinistra che va ricostruita la rappresentanza politica, su questo devono concentrarsi le Sardine. I figli sparsi del centrodestra si arrangino pure”.
“Ricostruire la rappresentanza politica nel centrosinistra”. Da dove devono partire secondo lei?
“Non si può non considerare come riferimento l’uguaglianza. La questione uguaglianza e lavoro che versa in condizioni comatose. Nel nostro Paese, la lotta per il diritto al lavoro è considerata, oggi come un secolo e mezzo fa, ancora legata all’elemosina dei capitalisti. Bisogna rovesciare il paradigma per cui il lavoro viene concesso, e col contagocce, dal sistema capitalistico”.
Alle Sardine viene anche criticato lo scarso interesse manifestato verso temi come quello della giustizia sociale.
“Ma non si può pretendere che mettano tutto a fuoco subito. Credo sia già una fortuna che esista un movimento come questo. Giovane, aperto, vivace. Quanto ai temi da affrontare, se la devono vedere da sé. Mi auguro lo facciano e non si adagino in questo unanimismo, anche un po’ dolciastro, per cui gli vogliono bene tutti”.
“Non puntate sui partiti”, ha raccomandato alle Sardine. Lei, però, lo ha fatto, è stato senatore con Italia dei Valori.
“Sì, l’ho fatto e ho imparato un sacco di cose”.
Per esempio?
“Ho imparato che è importante avere qualcuno in Parlamento nei momenti decisivi, anche se all’opposizione. Tra Natale e Capodanno del 2012, da solo e nonostante la battaglia strenua che mi fece Rutelli, riuscii a far fallire il primo disegno di legge di modifica della Costituzione. Questo dimostra una cosa che purtroppo oggi si tende a dimenticare”.
Cioè?
“Non è vero che il Parlamento è inutile, come si tende a pensare da quando, da qualche anno a questa parte, è stato ridotto in uno stato di perenne subalternità al Governo. Vorrei ricordare che quando si va alle urne si vota per il Parlamento, non per il Governo. È il Parlamento che ha la potestà di scegliere il Governo”.
Tornando alle Sardine, sta dicendo loro di guardare al Parlamento?
“No, piuttosto dico loro: “Pensateci” e aggiungo: “Non vi lasciate appagare dal fatto che la gente vi vuole bene”.
Santori, uno dei leader del movimento, continua a dire che loro a creare un partito non ci pensano proprio. È un errore, secondo lei?
“Trovo prematuro porre questo problema, ma penso che altrettanto prematuro sia il loro atteggiamento di negazione. La politica è plastica e in continua elaborazione, non sai cosa potrà succedere, non puoi dire “Non lo faremo mai”. Va bene essere prudenti, ma non esagerino. E comincino ad ammagliare il filo del ragionamento affrontando temi e questioni. Per non farsi trovare impreparati quando toccherà a loro intervenire”.
Che dovrebbero fare a suo avviso?
“Potrebbero cominciare a organizzare dei seminari nei quali affrontare tutta una serie di questioni. A partire, ripeto, dal grande tema dell’uguaglianza”.
Tra gli osservatori c’è chi fa notare che, anche per l’avvento delle Sardine, i tempi stanno cambiando, che per Salvini la chance di andare al Governo potrebbe non tornare più. E intanto i sondaggi registrano l’interesse verso il movimento anti sovranista e il calo di consensi per la Lega.
“Più che di sovranisti, in riferimento a Salvini e Meloni, parlerei di nazionalisti. Questi non sono sovranisti, sono quelli di “Dio, Patria e famiglia”, della falsificazione volontaria della realtà”.
Ma lei crede che le Sardine riusciranno a segnare un cambio di passo nella narrazione che vede dominare le destre di Salvini e Meloni?
“Non mi farei impressionare da piccoli sbalzi d’umore dell’opinione pubblica. Salvini e Meloni hanno sostituito Berlusconi nella leadership del centrodestra e non mi farei troppe illusioni su eventuali riduzioni dei loro consensi. Cavalcano un’onda che purtroppo monta in gran parte dell’Europa. Dal punto di vista politico e scientifico credo che noi dobbiamo temere il peggio. Bisogna ragionare come se i loro consensi fossero in crescita”.
E chi vuole contrastarli cosa deve fare?
“Intanto non dobbiamo restare schiavi del ragionamento contro. Il centrosinistra ha dalla sua la cultura dell’Europa degli ultimi duecento anni, l’abitudine a ragionare col dubbio, la ricchezza che viene da una questione come è quella dell’uguaglianza”.
Il tema principale sul quale per lei dovrebbero concentrarsi le Sardine.
“Per me le Sardine devono rafforzarsi, durare e perfezionare il ragionamento, individuare dei loro temi e farli circolare nella società”.
E questo, scusi, non significherebbe creare un partito?
“Non necessariamente. Si può arrivare anche a una sorta di meticciato tra partito e movimento politico. Questo si vedrà. Di certo, però, le Sardine devono capire che non si può solo scendere in piazza, non si possono fare manifestazioni all’infinito. A un certo punto bisogna fermarsi e iniziare, in autonomia, a ragionare su cosa si vuole fare e dove si vuole andare”.