Il 20 settembre si vota in alcune regioni per le assemblee elettive e in tutta Italia per il referendum. Tema: il taglio dei parlamentari, cavallo di battaglia dei 5Stelle. Motivo addotto: efficienza e costi; per quel che fanno, i parlamentari costano troppo, quindi riduciamoli. Aggiunta efficace per l'elettorato populista: sono una casta privilegiata e incapace, quindi meno sono meglio è. Deputati ridotti da 630 a 400, senatori da 315 a 200. Tutti d'accordo? No, anzi sì. Per tre volte la necessaria legge di modifica costituzionale non è stata votata dal PD, nettamente contrario. Poi Salvini ha fatto cadere il governo gialloverde e allora il PD per salvare la legislatura si è acconciato a votare la riforma, barattando la Costituzione con il governo giallorosso. Così il 20 settembre chi vota Sì approva il taglio, chi vota No si oppone.
Chi vota No lotta non per proteggere il Parlamento così com'è, ma per garantire la rappresentanza politica dei cittadini. Già le modifiche costituzionali del 2006 (Berlusconi) e del 2016 (Renzi) volevano togliere potere al Parlamento per darlo al governo, ma i cittadini le hanno sonoramente bocciate. Falliti i tentativi in grande, ora la nuova mossa ha un'aria più innocua, ma l'obbiettivo di fondo resta lo stesso. Ridurre di più di un terzo il Parlamento (misura inusitata in Europa) lancia il messaggio che la rappresentanza politica conta poco e molto di più conta e deve contare il governo.
Ora, purtroppo è vero che da tempo il Parlamento non sa più legiferare, e ha tollerato che gran parte delle leggi sia d'iniziativa governativa (scritte male anche queste). Ma non è una buona ragione per rinunciare alla vera rappresentanza politica. Che è quella che con la propria iniziativa esercita il diritto-dovere di controllare il governo. Ecco: chi vota No pretende che il Parlamento stimoli e controlli il governo. Se si rinuncia a questo si accetta di avere solo il governo attorniato da una rappresentanza politica da operetta.
Purtroppo la rappresentanza politica è stata rovinata dalle ultime leggi elettorali, già dichiarate incostituzionali (Porcellum, Italicum), seguite dal Rosatellum con analoghi difetti. E questo spiega la scarsa qualità del Parlamento. Ma se per caso il Sì vincesse il referendum e il futuro Parlamento fosse eletto o con la legge vigente o con una ancora più maggioritaria (e magari con le liste bloccate, per cui i dirigenti dei partiti hanno una vera passione) la maggioranza artificiale così prodotta sarebbe serva del governo.
Si va a votare su un tema così scottante senza dibattito pubblico, senza campagna referendaria e si precipita nel voto del 20 settembre in massima parte ignari e impreparati. Chi si oppose con successo alle modifiche costituzionali del 2006 e del 2016 è già mobilitato ma senza accesso ai grandi mezzi di comunicazione. È necessario ancora una volta uno scatto di protagonismo civile. Cercate il sito No al taglio del Parlamento, che riunisce gran parte dei comitati. NO e poi NO
Chi vota No lotta non per proteggere il Parlamento così com'è, ma per garantire la rappresentanza politica dei cittadini