In prima pagina sul Corriere di sabato 12 Paolo Mieli paragona l'attacco di Saviano alla dirigenza PD con la critica di Nanni Moretti nel 2002 a piazza Navona: con questi dirigenti dell'Ulivo non vinceremo mai. E registra entrambi gli interventi sotto la categoria del fuoco amico.
Il paragone mi sembra assai poco convincente. Piazza Navona 2002 criticava i dirigenti dell'Ulivo perché non avevano voluto, quando potevano, fare la legge sul conflitto d'interessi, la cui assenza aveva permesso a un monopolista televisivo di diventare arbitro del paese e della Rai, e perché avevano addirittura proposto a Berlusconi di riscrivere insieme parti decisive della Costituzione.
Quel giorno di febbraio 2002 non ci fu un comizio di Fassino e Rutelli, come asserisce Mieli. Nei giorni precedenti impreviste manifestazioni a Milano, Firenze, Roma avevano espresso la profonda insoddisfazione dell'opinione pubblica di centrosinistra. L'incontro di Roma fu proposto da Nando dalla Chiesa proprio per avviare un colloquio con quell'opinione. Parlarono In molti, tra cui Sylos Labini, illustrando le ragioni della critica all'Ulivo. Vari interventi, tra cui il mio, insistettero contro la Bicamerale di D'Alema. Rutelli e Fassino parlarono alla fine e in modo assai imbarazzante fecero finta di nulla. Fu allora che Nanni, dal fondo della platea chiese di intervenire sdegnato per quell'indifferenza. Nel suo intervento, diventato famoso, giunse ad augurarsi che io diventassi leader dell'Ulivo.
Era tutt'altro che fuoco amico. Era l'invito pressante perché l'Ulivo prendesse atto della propria insufficienza . E fu anche proprio per questa rinata presenza della società civile (14 settembre 2002, un vero milione di persone a piazza San Giovanni) che quattro anni dopo si vinsero le elezioni, non certo Fassino e Rutelli da soli.
È necessario ricordare che nello stesso anno, 2006, ci fu la splendida vittoria nel referendum sulla riforma costituzionale di Berlusconi, dove la società civile si impegnò assai più dei suoi partiti.
Poiché Mieli mi mette all'inizio e alla fine del suo articolo, immagino come mesta conseguenza del fuoco amico, sono costretto a ricordare che nella "assai tormentata legislatura" 2008-2013 l'opposizione di cui facevo parte come senatore di Italia dei Valori, in coalizione con il PD, nonostante la vasta maggioranza di cui godeva Berlusconi, riuscì di fatto a sterilizzare le sue leggi ad personam. Quanto a me, nei pochi mesi del governo Letta, quando ci fu il tentativo di far passare una strana riforma costituzionale elaborata dai cosiddetti Saggi, al di fuori del confini dell'art. 138, mi riuscì di affossarla, con il sostegno decisivo di vari colleghi, anche del PD, tramite la ripetuta richiesta di verifica del numero legale (Verbali Senato dicembre 2012).
Benché avessi ricevuto varie richieste di passare nelle file del PD, ho poi preferito non ripresentarmi nelle elezioni successive, convinto che l'impegno parlamentare non debba diventare un mestiere. Se ciò significa che di me " si sono perse le tracce" non mi dispiace affatto. Non si vive solo in televisione e sulle prime pagine dei giornali. Ho fatto tuttavia in tempo a dare, come tantissimi altri, il mio personale contributo a cancellare la nuova riforma costituzionale di Renzi, e sono impegnato tuttora per il No alla riforma che taglia il Parlamento per dare tutto il potere al governo.
Pancho Pardi