Votare dovrebbe essere gioia democratica, invece è diventato sempre più triste. A partire dal Porcellum, leggi elettorali con liste bloccate e pluricandidature tolgono all’elettore ogni parvenza di libera scelta. L’orientamento maggioritario sopravvaluta il voto a vantaggio del vincitore e svaluta quello per gli sconfitti: il principio costituzionale del voto eguale svanisce. La riduzione del numero dei parlamentari assottiglia le minoranze e ingigantisce l’effetto maggioritario.
Qualsiasi programma si abbia, il passo decisivo è costruire una coalizione che si mostri salda fino a un minuto prima del voto. Ciò è tanto più necessario per prevalere in poco più di un terzo dei seggi disponibili, attribuiti con metodo uninominale. In quei collegi non c’è distribuzione proporzionale dei voti ottenuti: chi prevale anche di un solo voto è l’unico rappresentante del collegio. Il centrodestra riesce a dissimulare le divergenze interne e presentarsi unito; il centrosinistra eccelle nel dividersi. Inutile rifare la cronaca.
Oggi nonostante le ostilità tra Salvini e Meloni il centrodestra propone una sola coalizione, il centrosinistra almeno tre, che si faranno concorrenza letale nei collegi uninominali. La previsione corrente è che il centrodestra potrebbe aggiudicarsene la maggior parte. Perfino nelle regioni di prevalenza storica del centrosinistra diventa più difficile vincere nell’uninominale. Gli esperti ci hanno da tempo spiegato che il voto nell’uninominale ha un effetto di traino sul voto nei collegi plurinominali. Ciò potrebbe permettere al centrodestra di vincere con i due terzi dei voti. Non è traguardo solo quantitativo. Una riforma costituzionale approvata con i due terzi dei voti non è sottoposta a referendum.Il centrodestra vincente potrebbe imporre la repubblica presidenziale e il regionalismo differenziato senza che i cittadini possano prendere la parola. E lasciamo da parte qui l’erosione dei diritti che una maggioranza sovranista e populista comincerebbe subito a esercitare.
Che fare? Assistere alla disfatta prevista e inevitabile? Nei collegi uninominali gli elettori di centrosinistra sono di fronte a una scelta drammatica. Votare per i gruppi che meglio soddisfano le loro aspirazioni ideali o votare per la coalizione che è più in grado degli altri di attingere il successo? Leggi elettorali perverse e vocazione maggioritaria hanno indebolito il concetto stesso di rappresentanza: non si vota più per essere rappresentati ma per dare a qualcuno, con un voto utile, la possibilità di governare. Quanto ciò sia illusorio lo dimostra l’esperienza recente. Ma la congiuntura attuale, l’improvvido e ormai vicinissimo 25 settembre, ci mette di fronte a qualcosa di più di uno strumentale voto utile.
Per scongiurare un successo del centrodestra con i due terzi dei voti è necessario un voto di assoluta emergenza costituzionale. E’ necessario che la coalizione guidata dal PD, con la Sinistra e i Verdi, l’unica in grado di contendere i collegi uninominali al centrodestra, possa cogliere un successo significativo.
Per molti cittadini un voto in questo senso equivale a una cessione di sovranità, una rinuncia al proprio orientamento, una sofferenza. Si può immaginare la sequela di critiche che si affolleranno nel discorso pubblico. Ne basti una sola: affidare la tutela costituzionale a un partito che qualche anno fa aveva provato a sfigurare la Carta con la riforma Renzi-Boschi? Ma il pericolo imminente non si affronta col pensiero al passato. Cosa conta di più per noi: il successo temporaneo della nostra lista o l’integrità costituzionale?
La prova è dura, ma dalla nostra capacità di affrontare la sofferenza dipende lo scioglimento dell’interrogativo incombente: il centrodestra sarà messo di fronte solo alla responsabilità di governare con una maggioranza contenuta o sarà arbitro assoluto del destino costituzionale? Votare costretti è triste, ma scambiamoci una promessa: questa è davvero l’ultima volta. La prossima vogliamo una legge elettorale degna di questo nome, che ci assicuri il diritto al voto eguale. Disperata speranza.