Un paradosso estivo

di Lino D’Antonio - Napoli - 03/07/2009
E’ più che giusto che il Presidente Napolitano affermi che durante il G8 debbano cessare le polemiche per il bene dell’Italia, per l’occasione dovrebbe risultare un Paese normale. Capisco le Sue preoccupazioni di Padre Nobile, ma con tutto il rispetto possibile, forse esse sono eccessive: “Qui tutto ormai è desertificato ed omologato”.

Con la prima calura mi concedo un paradosso estivo e penso le seguenti cose: “Se fosse stato un partito tipo l’attuale PD a fronteggiare il fascismo, negli anni del declino, quelli della fase calante della guerra, cosa sarebbe successo dell’Italia?”

Molti potrebbero adesso obiettarmi che diversissimi sono i due contesti storici. Giustissimo. Per tale motivo parlo di paradosso. Che può ritenersi tale, se si è nell’impossibilità di liberarsi di un certo conformismo intellettivo ed appropinquarsi invece verso un diverso metro di giudizio (molto più aderente, nella sostanza, alla realtà odierna) rispetto ad eventi, a cose e persone.

Forse si scoprirebbe che un reinterpetrato fascismo può allignare anche in una situazione di democrazia parlamentare. Se sono cambiati intorno a noi gli strumenti di persuasione e di pressione, rispetto alla violenza marchiana ed estemporanea del fascismo, così come c’è stato insegnato dalla storia e attraverso la narrazione dei testimoni di quel tempo.

Appartengo personalmente alla scuola di pensiero, la quale crede che, allorché a governare un paese pur di consolidata tradizione democratica vada un proprietario di mezzi di comunicazione di massa, con altri interessi, che spaziano in vari settori dell’economia, senza che gli venga opposto un adeguato scudo protettivo, ne risenta proprio la democrazia. Che inevitabilmente ne risulta ferita ed insieme ad essa tutte le funzioni, atte a preservarla e ad elevarla verso armonie superiori. E se ciò è accaduto, è perché si sono ignorati e sottovalutati i punti evidenti di usura e di cedimento nel concetto stesso di democrazia.

Oggi l’Italia, da questo punto di vista, è un Paese in mezzo al guado (e questa è una raffigurazione affettuosa ed alquanto ottimista, dettata da amor patrio), sorvolando su di una situazione assolutamente involutiva e perdente.

Che la politica, soprattutto quella di sinistra, sia stata in tutti questi anni cieca e sorda nei confronti di ciò che impunemente si andava consumando, è un dato di fatto, che porta ad additare con facilità i colpevoli e i disattenti. E le cui conseguenze, non di poco conto, si avvertiranno per i decenni a venire, con il risultato in primis di aver distolto milioni di Italiani da una attiva partecipazione democratica. Relegandoli in un ridotto di indignazione impotente. Mentre molto ci sarebbe da fare e da recuperare. Ogni contro-ragionamento a riguardo, in senso giustificativo, diventa inconcludente sofismo.

Ma molto si fa, nell’opposizione a Berlusconi, dal punto di vista dei soliti dissapori, divisioni, insensatezza e poco edificanti camarille. E ritorna la diatriba tra vecchio e giovane. Come il semplice coinvolgimento di un attributo servisse a rianimare la politica italiana, in ogni modo priva di una vera progettualità per il futuro.

Lascerei da parte questa contesa, del tutto inutile in un paese, dove un vecchio (Berlusconi rotto al peggiore craxismo ed a tutte le brutte abitudini della prima Repubblica) ha fatto credere ai cittadini di essere il nuovo, nella forma fisica, quanto nella pratica politica. Quindi veterismo – nuovismo un dissertare obliquo ed inconsistente, poco consono alle difficoltà del momento.

Sono convinto anche del declino del “berlusconismo”. Ecco il perché del mio paradosso iniziale, che può essere letto anche come estremo richiamo all’opposizione.

Berlusconi non è più il trionfatore dei mesi scorsi ed alla scarsezza dell’azione di governo, egli, Primo Ministro di un importante Paese europeo, sembra che possa essere travolto, da un momento all’altro, dagli scandali e dalle frequentazioni inquietanti, nonché probabile destinatario di ricatti.

“Non guardate dal buco della serratura” suggeriscono indignati gli amici del premier, quasi che parlare di Noemi, di escort e compagnia bella fosse solo un’attitudine pruriginosa, dilatata e manipolata da cattiva stampa e cattivi giornalisti di “sinistra”. E non qualcosa di estremamente preoccupante.

In vero, mi sarei aspettato, a fronte delle cose accadute, un’autoconvocazione di massa delle donne d’Italia contro “l’utilizzatore finale”. Come una volta! Nella lunga stagione per la conquista dei diritti. Perché il modo con cui Berlusconi parla delle donne e fa uso di queste ultime, sarebbe bastevole per chiederne l’impeachment.

Forse è proprio questo il punto doloroso dei tempi che viviamo: il non sapersi indignare più.

Nel caso specifico, la cosa ha l’effetto immediato di togliere dalle ambasce il Presidente del Consiglio. Rinvigorirlo e ridargli “il colorito politico” forse irrimediabilmente perso.

Nel mentre dei giorni addietro si celebravano coralmente i 25 anni della scomparsa di Enrico Berlinguer, già si dava per superata in modo irrimediabile la questione morale. Che è cosa che tocca anche la sfera individuale, le scelte di ciascuno, il nostro corretto rapportarci agli altri e da cui non può essere in alcun modo esente chi esplica funzioni istituzionali.

Se non si afferra con forza la “questione morale”, l’Italia sarà sempre un paese più disarticolato ed alla deriva. Se si continuano a dribblare le grandi emergenze nazionali, senza porre alternative a quelle pensate ed attuate dalla “Lega Nord”, che sarà del Mezzogiorno d’Italia e del resto del Paese? Perché, tace da giorni il Partito Democratico? Forse troppo preso dal riordino interno, che culminerà nel Congresso d’autunno? Quale paese troveranno gli esponenti democratici quando usciranno all’aperto dalla “clausura” dei loro personali ed esclusivi pensatoi? Sarà ancora percorribile almeno un’idea di qualcosa di alternativo alla destra?

Certo è che al momento ogni contraddittorio è sparito dalla circolazione. Anche le poche, esigue tracce di esso, ben cancellate, addirittura da un “televideo di Stato”, prontamente allineato a far da filtro alle notizie ed in particolare a quelle scomode per il premiere e la sua compagine governativa.

Sulla piazza rimangono un paio di eroici giornali e qualche periodico (“La Repubblica”, “L’Unità” L’Espreso) ed un TG 3 alla stregua di una minuscola, estrema riserva indiana.

Mai si era vista in Italia una vasta platea di cittadini progressisti completamente sguarnita di vera azione politica di riferimento. Di opposizione e di proposizione. Sullo sfondo un Di Pietro, Don Chisciotte non domo e completamente solo, eppure deriso dai revenants delle forze politiche non governative.

E’ più che giusto che il Presidente Napolitano affermi che durante il G8 debbano cessare le polemiche per il bene dell’Italia, per l’occasione dovrebbe risultare un Paese normale. Capisco le Sue preoccupazioni di Padre Nobile, ma con tutto il rispetto possibile, forse esse sono eccessive: “Qui tutto ormai è desertificato ed omologato”.

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