Dalla Russia con furore

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 22/01/2009
Occuparsi della questione cecena- ormai è chiaro- costa la vita

Dopo l’esecuzione, il 7 ottobre del 2007, della giornalista Anna Politkoskaja, rea di essersi occupata degli orrori perpetrati dai russi durante la guerra di repressione e l’occupazione della Cecenia, l’altro giorno, per lo stesso motivo, sono state giustiziate altre due persone: un avvocato e una giornalista.

Lui è Stanislav Markelov, un giovane avvocato idealista di 34 anni, direttore dell'Istituto per l'applicazione della legge, un’organizzazione per le libertà civili che ha portato, grazie a lui, davanti alla giustizia numerosi militari russi, signori della guerra ceceni e neofascisti. Markelov si è appena appellato al tribunale di Strasburgo  contro la sentenza che scarcera l’ex colonnello Yuri Budanov, colpevole di aver stuprato e poi strangolato, nel marzo del 2000, una giovane cecena di 18 anni:  Elsa Kungaieva.

La giornalista uccisa è Anastasia Baburova, ha solo 25 anni, sta per laurearsi in Giornalismo all’Università di Mosca e sta seguendo il caso Budanov come praticante  del giornale Novaja Gazeta, il bisettimanale per cui scriveva anche la Politkoskaja. Anastasia lavora per il giornale solo dall’ottobre scorso e in genere si occupa di organizzazioni giovanili di estrema destra: sta facendo una inchiesta sulla rinascita di gruppi neo-nazisti nella Russia putiniana. Sceglie  temi scomodi e scottanti, la giovane Baburova, racconta il neonazismo crescente delle sconsolate e squallide periferie del paese.










  A. Baburova- S. Markelov 

 

L’agguato

E’ il 19 gennaio, sono le tre meno un quarto del pomeriggio e siamo al centro di Mosca, in via Prechistenka, non lontano dal famoso museo Pushkin. L’avvocato Markelov esce dal portone del centro Stampa Indipendente, punto di riferimento e di riunione per gli oppositori del regime di Putin. E’ appena finita una conferenza stampa in cui Markelov ha annunciato il ricorso alla corte internazionale di Strasburgo, contro la scarcerazione anticipata del “boia” Yuri Budanov, il massacratore della giovane Elsa Kungaieva, una ragazza cecena di 18 anni, rapita dalla sua casa nel villaggio Tangì-Chu, a sud di Grozny (la capitale della Cecenia), la notte del 26 marzo 2000, e ritrovata poi morta ammazzata. Elsa, detta familiarmente Kheda,  è diventata il simbolo dei soprusi russi in Cecenia, la martire-emblema di un intero popolo.

Markelov esce dal portone accompagnato dalla Baburova, che probabilmente deve intervistarlo. Parlano fra loro e non si accorgono che qualcuno, col viso coperto da un passamontagna verde, li sta seguendo con una pistola in pugno. All’improvviso, forse rallentano o si fermano, il killer si avvicina e freddamente, con precisione, con un solo colpo alla nuca, giustizia Markelov. La Baburova reagisce, pare che faccia per inseguire l’uomo che le spara e colpisce anche lei alla testa. Non muore subito Anastasia: spirerà solo qualche ora dopo in ospedale. Alcune fonti giornalistiche riferiscono di altre due persone ferite, compresa una bambina.Tutto si consuma in pochi attimi: l’assassino, con fredda prontezza, si infila e sparisce nella vicina metropolitana Kropotkinskaja. Agghiacciante. Anche perché è una esecuzione annunciata: da qualche giorno infatti Markelov riceveva messaggi di morte, in cui gli si ingiungeva di abbandonare il caso Budanov. A dichiararlo, alla radio Eco di Mosca, è il padre della povera Elsa Kungajeva dalla Norvegia, in cui attualmente si trova, per sfuggire anch’egli a pesanti minacce di morte.

Ma chi era che minacciava Markelov? Chi vuole così fortemente proteggere Budanov? Cosa sa questo massacratore che può impensierire gente potente e disposta a tutto? O è lui a essere tanto potente? Ma forse la cosa non è così semplice. Infatti Markelov era stato l’avvocato della Politvkoskaja e l’aveva difesa contro gli Omon, le forze speciali del ministro degli Interni. Aveva difeso anche Magometsalih Massaiev, scomparso misteriosamente l’agosto scorso dopo aver accusato il presidente ceceno e filo russo  Ramzan Kadyrov di averlo tenuto in ostaggio per 4 mesi. Sapeva troppe cose Markelov, come le persone che difendeva e che sono state a loro volta uccise. Era diventato un personaggio scomodo, così come scomodo è il giornale Novaja Gazeta, che non piega i ginocchi davanti al potere del regime di Putin e sta pagando alla libertà di informazione un tributo di sangue altissimo: la Baburova è infatti il quarto giornalista della Gazeta che viene ucciso dal 2000 a oggi. Magari imparassero questa lezione di dignità e professionalità tanti, troppi, pennivendoli italiani, sempre in ginocchio davanti ai potenti di turno.

Il Procuratore generale russo, Jurij Chajka, ha assunto personalmente il controllo delle indagini sull'assassinio di Stanislav Markelov e Anastasia Baburova. Ma il quotidiano Izvestija fa la lunga lista degli omicidi senza risposta legati in qualche modo alla repubblica cecena e si chiede, titolando in prima pagina: Chi sarà il prossimo? Dal canto suo Anatoly Bagmet, responsabile delle indagini, ha affermato che non sono ancora chiari i moventi dell’assassinio: “Le attività investigative stanno verificando diverse ipotesi sull’omicidio di Stanislav Markelov, inclusi legami con la sua attività professionale di avvocato”.

Ma i colleghi della giornalista e dell’avvocato non hanno dubbi e affermano con certezza  che le loro morti sono in stretto legame con la loro attività di indagine sulle violenze compiute dai militari russi in Cecenia.

L'uccisione di Markelov potrebbe dunque essere la vendetta contro l'uomo che ha portato in carcere Budanov. Ma poichè l'avvocato e paladino per i diritti civili seguiva praticamente ogni caso aperto a seguito delle indagini di Anna Politkovskaya (escluso il processo agli assassini della giornalista), l'omicidio potrebbe avere molti mandanti, e non solo in ambito militare. Markelov, infatti, difendeva anche le vittime della violenza xenofoba e razzista, un fenomeno che è cresciuto a dismisura negli ultimi anni, in frequenza e intensità: nelle prime due settimane del 2009, secondo quanto riporta il Moscow Human Rights Bureau, almeno 10 persone sono state uccise in Russia in omicidi a sfondo razziale.











  Il corpo di Markelov


Comunque sia non vi è dubbio che dietro al suo assassinio vi sia la sua attività professionale. Lo stesso Markelov non aveva nascosto di ricevere continue minacce di morte e già nell'aprile del 2004 aveva subito un pestaggio da un gruppo di giovani che lo avevano aggredito insultandolo per il suo lavoro. Ma la sua causa più importante, fra le tante patrocinate, era certamente quella che riguardava l’ex colonnello Budanov e la vicenda del massacro della giovane cecena Elsa Kungajeva, vicenda di cui la giornalista Anna Politvkoskaja aveva parlato nel suo libro La Russia di Putin.

 

L'affare Budanov

Il colonnello Yuri Budanov era il comandante di una formazione di 100 carri armati che faceva parte del 160° reggimento corazzato di stanza a Grozny, la capitale della Cecenia occupata. Era la notte fra il 26 e il 27 marzo del 2000 e il colonnello aveva bevuto molto, per festeggiare la vittoria elettorale del suo amico Putin, come testimonia la Politkoskaja e come è facilmente accertabile, infatti le elezioni presidenziali si svolsero proprio il 26 marzo e Putin vinse al primo turno (anche se un’altra fonte parla di festeggiamenti per un figlio nato un mese prima). Elsa Kungajeva era invece a casa sua, una piccola casa di tre stanze col tetto di lamiera, dove viveva con i genitori e quattro fratelli più piccoli.

Si ignora il motivo per cui venne prelevata di notte dalla sua casa da quattro militari russi armati di kalashnikov, comandati da Budanov. La ragazza fu condotta nella tenda che Budanov aveva fatto montare su un camion e che fungeva da posto di comando dell’unità. Il colonnello ordinò ai suoi soldati di restare fuori dalla tenda, alzò il volume della radio al massimo e cominciò a interrogare la prigioniera. Altre testimonianze parlano invece di un vagone ferroviario, dove sarebbe stato anche lasciato il cadavere della ragazza. Ma le fonti che collocano l’interrogatorio nella tenda parlano anche della sepoltura del corpo della ragazza in una discarica. Purtroppo le fonti a cui potremmo attingere dati meno imprecisi sono in russo, dunque dobbiamo accontentarci delle informazioni, a volte contraddittorie, che troviamo in altre lingue più abbordabili. Comunque, dovunque questo odioso atto sia avvenuto, il dato inoppugnabile – perchè testimoniato dall’autopsia - è che la ragazza fu torturata, denudata, violentata e strangolata. Dopo di che il cadavere fu affidato ai soldati  che dovevano sbarazzarsene, non prima che il colonnello li avvisasse minacciosamente “se qualcuno avesse in mente di dire quello che è successo, sappia che ho abbastanza proiettili da ammazzarvi tutti.”

Budanov, dal canto suo, non ha mai negato l’omicidio, ma si è sempre giustificato col fatto che la ragazza era sospettata di essere un cecchino, che lui l’aveva interrogata e siccome lei continuava a negare, in un impeto di rabbia l’aveva strangolata. Naturalmente non parlava affatto di averla violentata e - negli atti processuali e nelle deposizioni - di questo particolare non certo secondario, come pure del fatto aggravante che l’uomo fosse ubriaco, non c’è più assolutamente traccia.

Budanov è giovane: all’epoca dei fatti ha 37 anni, ma si è guadagnato un sacco di medaglie e di menzioni. E’ una specie di eroe per molti nazionalisti e per gli alti gradi dell’esercito, che ritengono la morte di Elsa solo un incidente di percorso, ma non tanto grave da rovinare una così bella carriera! “Un vero ufficiale! Un patrimonio della Russia” lo ha chiamato con enfasi Vladimir Shamanov, ex comandante delle truppe russe in Cecenia. Il caso, quando scoppia e finisce in tribunale,  ottiene ampia attenzione a livello nazionale, e diverse forze politiche di carattere patriottico e nazionalista dimostrano il proprio appoggio al colonnello russo. In particolare il leader del partito populista LDPR Vladimir Zhirinovsky, vice-presidente della Duma russa, dichiara pubblicamente che Budanov è stato vittima di un processo politico, che lo si è voluto incastrare e che presto otterrà una giusta liberazione. L'”Unione delle Forze Statali e Patriottiche” della città di Pskov chiede ufficialmente a Budanov nel 2003 di essere incluso nelle loro liste per le successive elezioni parlamentari.






  


Tozzo, corporatura pesante, sguardo torbido, Budanov ha cercato di farsi passare per vittima, e c’è quasi riuscito. Il processo si trasforma in una kermesse per i supporter di Budanov,  che viene dipinto come un soldato valoroso che, nonostante la giovane età, ha saputo guadagnarsi due decorazioni e due promozioni sul campo.

Quanto più però gli amici di Budanov si davano da fare per lui, tanto più però cresceva l’imbarazzo al Cremlino. La Russia era infatti nel mirino dei difensori dei diritti umani, del Parlamento europeo, degli Stati Uniti, e di larghi settori dell’opinione occidentale proprio per il comportamento dei soldati federali durante tutta la campagna contro la repubblica ribelle. Le accuse di torture, rapimenti, esecuzioni di massa, violenze sulla popolazione civile non hanno, però, avuto seguiti giudiziari. Budanov è il primo e unico ufficiale di rango finito sotto processo.

La sua condanna, 8 anni fa, è stato un successo incredibile. Per la prima volta un tribunale russo aveva trattato come crimine di guerra l'operato delle truppe di Mosca in Cecenia. Un precedente sensazionale. Ma si capiva subito che sarebbe stato l'unico caso. Il regime putiniano ha usato la punizione a Budanov come  scudo per coprire e giustificare tutto il resto e  per difendere il proprio ruolo e operato nella piccola repubblica indipendentista del Caucaso, ma poi – lasciato passare qualche anno – ha deciso che aveva esaurito il suo ruolo di capro espiatorio e poteva essere scarcerato. Ci voleva una scusa giusta, però, e si doveva trovare il momento adatto. E questo arriva nel 2002, con il commando kamikaze ceceno nel teatro di Mosca e il massacro degli ostaggi, anche se questo è dovuto alle forze della polizia russa e non ai terroristi. Ma i russi sfruttano anche il clima di sospetto e di odio che è nato in occidente dopo l’11 settembre del 2001, così i ceceni sono dipinti solo come dei terroristi che vanno schiacciati come insetti. Questo alleggerisce la posizione di Budanov e poi anche la scusa è trovata: la vecchia ma sempre valida teoria della momentanea infermità mentale. Ora si deve solo trovare un esperto che sostenga questa versione. E quello si trova subito: si tratta di una famigerata psichiatra di cui si servì anche il KGB: la professoressa Tamara Pecernikova, un membro fedelissimo dell’apparato di ogni regime che si è succeduto, dai tempi dell’URSS. E’ lei che trova la formula giusta: si sa come sono le guerre, quali traumi e stress possano creare in una persona, soprattutto se questa ha alte responsabilità di comando. E lo stress e i traumi a loro volta possono causare dei danni temporanei al cervello e  mettere l’individuo in una condizione di non controllo di sé, ma passato quel momento l’individuo torna sano come prima! Un po’ di riposo in una casa di cura e tutto passa.

 Ma il piano non va così liscio: troppa gente si ricorda bene di lei e  di quanti oppositori ha mandato in manicomio e a questa sentenza si ribella. Tanto che il regime e la magistratura al suo servizio ( chissà che invidia, da parte del cavaliere!) sono costretti a fare macchina indietro.  Ma la condanna è lieve: appena dieci anni, che del resto non farà, perché infatti lo scorso 15 gennaio è stato rimesso in libertà. Ma non tutti stanno zitti: Markelov è uno di questi. Ha deciso, come abbiamo detto, di esprimere concretamente il proprio dissenso, facendo appello alla corte per i diritti dell’uomo di Strasburgo. Il boia Budanov deve essere punito, deve tornare in cella. Anche perché questa scarcerazione può diventare un precedente e costituire una scorciatoia per altri processi: «Il caso Budanov apre ora una campagna per il rilascio degli altri che sono stati accusati di aver compiuto crimini in Cecenia», ha commentato il responsabile dei diritti umani nella repubblica caucasica Nurdi Nukhazhiyev. Un migliaio di persone sono subito scese in piazza a Grozny, per protestare contro la sentenza. Secondo l'attuale presidente ceceno Ramzan Kadyrov, la grazia a Budanov equivale ad un offesa al popolo ceceno.

Diverse azioni di protesta contro la liberazione di Budanov hanno avuto luogo in Cecenia, in particolare lo scorso 25 dicembre ha avuto luogo una importante manifestazione a Grozny, alla quale hanno partecipato soprattutto molti giovani.

Alla notizia che il colonnello russo Yurj Budanov sarebbe stato scarcerato dopo otto anni e mezzo di carcere per “buona condotta”, gli esponenti radicali Giulio Manfredi e Igor Boni hanno dichiarato:

 “Ricordiamo che Budanov  rischiò già di farla franca nel 2002, quando il tribunale militare lo assolse sostenendo che al momento del delitto era incapace di intendere e di volere. Solamente le proteste degli attivisti dei diritti umani – tra cui Anna Politkovskaja – costrinsero la Corte Suprema russa ad annullare la sentenza e a far istruire un nuovo processo. Il “caso Budanov” è stato lo specchietto per le allodole utilizzato dal regime di Putin per dimostrare che anche in Russia ci sono giudici imparziali. Budanov in carcere serviva a nascondere le migliaia di violenze, crimini, uccisioni, rapimenti commessi in Cecenia negli ultimi dieci anni per cui nessuno è stato chiamato sul banco degli imputati, per cui nessuno è stato condannato. Le cifre parlano chiaro: al primo gennaio 2008 erano state inoltrate alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ben 46.685 denunce di cittadini russi nei confronti di abusi del proprio governo (il 20% delle denunce totali). Come testimonia una sezione della Mostra sulla Cecenia in corso a Torino al Museo della Resistenza – e il relativo catalogo – ….la Corte Europea ha svolto un grande lavoro di verifica di tali denunce, condannando ripetutamente la Federazione Russa all’indennizzo delle vittime delle violenze. Molte delle violazioni riscontrate dalla Corte Europea concernono crimini di guerra e crimini contro l’umanità, i cui autori godono al momento della più completa impunità. La mancata adesione della Russia allo Statuto di Roma del 1998, che ha istituito la Corte Penale Internazionale, non consente il ricorso a questo istituto per le gravi violazioni dei diritti umani commesse all’interno della Federazione Russa, Cecenia compresa.”

La mostra sulla Cecenia

Come ci informa il comunicato radicale, a Torino è stata aperta una mostra sulla questione cecena, che è stata inaugurata l’ 8 ottobre 2008  e resterà aperta fino al 22 febbraio prossimo. La mostra è dedicata ad Anna Politkoskaja e racconta, attraverso testi, fotografie e filmati  le varie tappe di una occupazione violenta e ingiusta.

Il crollo dell’URSS è stato accompagnato dalla nascita di movimenti nazionalisti, che talvolta sono sfociati in conflitti armati e quello della Cecenia ne è l’esempio più eclatante. Terribili sono le parole della Politkoskaja, sulla repressione russa, in una sua intervista di diversi anni fa, soprattutto quando descrive le cosiddette zachistka, una operazione militare per individuare e arrestare i terroristi: “Quando c’è una zachistka, il villaggio viene circondato dalle truppe…. Il paese viene bloccato e, contemporaneamente, viene bombardato dall’alto. Entrano in funzione anche i carri armati e l’artiglieria pesante. Il blocco non riguarda solo il perimetro esterno del villaggio, perché anche tutte le strade vengono bloccate: gli abitanti non possono lasciare le case, anche per due o tre settimane e sono costrette a vivere solo delle scorte alimentari che hanno nelle abitazioni. I bambini non possono andare a scuola, gli studenti non possono frequentare l’università, che si trova a Grozny. Nessuno lavora. Le donne che stanno per partorire non possono uscire di casa per andare in ospedale. Se qualcuno muore, non si possono svolgere i funerali secondo le usanze cecene: se si paga una tangente ai militari, si può tutt’al più seppellire il cadavere trasportandolo al cimitero. Queste misure così rigide servono, secondo i militari, ad impedire che i bojvik escano dal villaggio. In realtà, tutta la popolazione di sesso maschile viene portata via e restano solo i bambini e le donne. Ai confini del villaggio viene allestito un ‘campo di filtraggio’, dove viene portata la gente, costringendola a stare seduta: chiunque passi in questi lager subisce un pestaggio, finalizzato ad ottenere la confessione di appartenere ad un’organizzazione di guerriglia. Vengono utilizzate anche le ‘avtozach’, macchine originariamente destinate al trasporto di detenuti: qui si svolgono torture con elettrodi. Molte persone muoiono a causa di queste torture, molti sono i desaparecidos. Chi riesce a tornare al villaggio, ha un comprensibile desiderio di vendetta. Durante queste tre settimane di ‘zachistka’, la popolazione passa attraverso il campo di filtraggio e le ‘avtozach’ tre o quattro volte. E quando nel villaggio restano bambini e donne, i soldati russi si danno al saccheggio. Ora, nello slang ceceno, ‘zachistka’ significa ‘furto’. Rubano qualsiasi cosa possa servire per la vita di tutti i giorni: tappeti da portare nelle loro case, galline…Dal gennaio di quest’anno le ‘zachistka’ non si sono mai fermate: appena terminavano in un villaggio, iniziavano in un altro….”

La mostra offre la possibilità al visitatore di rendersi conto anche di come sia cominciata la “questione cecena” storicamente. Scrivono gli organizzatori: “ Il caso ceceno è stato il più drastico tentativo di secessione, che ha segnato l’inizio di una guerra decennale.














La guerra, dal 1994 a oggi, ha attraversato fasi diverse.
Per reprimere le tendenze indipendentiste, Mosca ha bombardato città e villaggi, compiuto rastrellamenti e violenze contro la popolazione. Dalla fine degli anni ’90 è iniziata una nuova campagna militare, definita da Putin come “lotta al terrorismo”.
Dopo  l’11 settembre 2001, la guerra cecena è stata presentata da Mosca come parte della lotta al terrorismo internazionale. Nella società cecena, devastata da anni di guerra, sono comparsi militanti e organizzazioni islamiste, a cui è stata attribuita la responsabilità di tragici attentati.
A partire dal 2003 la politica russa ha portato ad una “cecenizzazione” del conflitto: il potere è stato trasmesso a una nuova dirigenza locale filo-russa che, guidata oggi da Ramzan Kadyrov,  sta “normalizzando” la situazione. La ricostruzione economica continua a essere accompagnata da una diffusa violazione dei diritti umani. In Cecenia la gente continua ad essere arrestata, torturata, fatta sparire senza traccia. Le ONG che si occupano di denunciare le violazioni dei diritti umani subiscono continue pressioni  da parte delle autorità. La violenza inoltre non si consuma più solo in Cecenia ma ha raggiunto anche le repubbliche confinanti del Dagestan e dell’Inguscezia.
Il recente conflitto tra Georgia e Ossezia del sud e le azioni militari russe ripropongono il tema del diritto alla secessione e all’indipendenza.
Le guerre in Cecenia hanno rappresentato l’indice della progressiva limitazione della libertà di stampa e dell’eliminazione del giornalismo indipendente: le poche voci che portavano testimonianza delle violenze in Cecenia sono state messe a tacere
.”

 

Già. Anche quelle di un avvocato di 34 anni e di una giornalista di 25. Due voci giovani, ma piene di coraggio e che ora sono state spente per sempre. Davanti a questo sacrificio, consapevole ed eroico, in nome della verità e della giustizia, ancora più miserabile appare la quiescenza e il silenzio di chi, nel nostro paese, non è capace nemmeno di tirar su la testa davanti alle prepotenze spaccone di una destra becera e incolta.

 





  Il miglior amico di Putin

 


Approfondimenti:

sulla guerra in Cecenia si vedano i dossier :

http://web.peacelink.it/cecenia/dossier.html

http://cronologia.leonardo.it/storia/mondiale/cece000.htm

ma soprattutto l’articolo di Anna Politkoskaja su  http://www.arabcomint.com/chechnya.htm

e la bellissima intervista:

http://www.radioradicale.it/dallarchivio-intervista-ad-anna-politkovskaya


sull’assassinio Markelov-Boburova e il caso Budanov

http://ceceniasos.ilcannocchiale.it/

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=14260&size=A

http://web.peacelink.it/cecenia/internaz_16.html

http://www.osservatoriocaucaso.org/article/articleview/10791/1/398/

http://web.radicalparty.org/pressreview/print_right.php?func=detail&par=2538

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=322174

http://www.articolo21.info

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/01/assassinio-Stanislav-Markelov.shtml?uuid=6d71c83c-e6ce-11dd-ac56-9efb2f1d5a12&DocRulesView=Libero

http://www.peacereporter.net

 

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