A, B, C DELLA DEMOCRAZIA. C COME COSTITUZIONE / Su Ilaria Salis dimenticata dall’Italia nelle carceri ungheresi, sullo Stato di diritto, sull’Europa e l’antifascismo

di Paola Patuelli - 06/02/2024
Chi dice di essere antifascista e, disprezza la libertà, l’uguaglianza dei diritti, la giustizia e lo Stato di diritto, dice il falso. Perché non è antifascista.

Confesso la mia colpevole disattenzione. Mi sono accorta di Ilaria Salis solo quando l’ho trovata, poco tempo fa, sulle prime pagine dei giornali. Di lei non sapevo nulla. Ora ne sappiamo di più e le domande che ci poniamo non sono poche. Continueremo a farcele, anche se da qualche giorno il caso Salis non è più in prima pagina, soppiantato dai trattori. Salis è una. I trattori sono tanti voti, da mantenere o da perdere.

A proposito di carcere. In più di una occasione ho trovato sottolineato il nesso fra metro di misura di una civiltà e le condizioni delle carceri, delle donne, della libertà e indipendenza della stampa e dei media, delle garanzie di autonomia della magistratura. L’Europa ha spesso rimproverato l’Italia per non essere rispettosa delle norme europee in questi ambiti, nonostante che l’Italia sia stata fra i primi e più convinti paesi “europeisti”.

Ma, a proposito di Ilaria Salis, in quale anno l’Ungheria è entrata in Europa? È entrata in Europa nel 2004, venti anni fa. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo sotto osservazione l’Ungheria più volte, perché i diritti non li rispetta. È di pochi anni fa l’approvazione da parte del Parlamento europeo di una risoluzione, a larga maggioranza, di condanna dell’Ungheria, con l’accusa di essere non più una democrazia, ma una autocrazia elettorale e una minaccia per lo Stato di diritto, che si allontana dai principi europei, a partire dai diritti umani e dal rispetto delle libertà.

Ci furono alcuni voti contrari a questo “rimprovero”. Fra questi, i voti di Fratelli d’Italia e della Lega. In una occasione Meloni disse, a proposito dell’amico e alleato Orban. Ma cosa pretendete? Orban è stato eletto dal popolo. E qui siamo, anche in Italia. Il capo e il suo popolo fedele, in una indiscutibile fusionalità. Cosa già viste, non solo in Italia. Primo Levi, a proposito di orrore, disse. Continuiamo a prestare attenzione. È accaduto e può accadere ancora.

Due pesi e due misure. Il caso di Ilaria Salis e il caso dei due marò

Sicuramente, almeno nel tempo presente, in Italia gli imputati non arrivano nell’aula del tribunale che li processa con mani e piedi in catene, come abbiamo visto nel caso di Ilaria. Foto veramente sconvolgenti. E le condizioni di vita nel carcere di Budapest come sono? Quelle raccontate da Ilaria nel lungo anno da lei vissuto nel carcere ungherese sono agghiaccianti, per condizioni sanitarie, fra pulci, zecche e topi conviventi, assorbenti e abiti negati, cibo abitato da cose immonde, in cella microscopica e sudicia. Fra l’altro, a Ilaria non è stata comunicata la ragione dell’arresto, né, per molti mesi, ha potuto parlare con famiglia e avvocati. E in Italia sapevamo qualcosa di tutto questo? Non lo sapevamo. Lo sappiamo da quando le immagini hanno parlato e Ilaria Cucchi ci ha detto che da quasi un anno la famiglia si è rivolta al governo, più volte, senza avere alcuna riposta. L’italianità in questo caso vale poco. Ilaria Cucchi, senatrice che dei diritti umani è grande esperta, a partire dal corpo straziato di suo fratello Stefano, ha dato vita a un Comitato per il rientro in Italia di Ilaria Salis.

Quali sono le accuse rivolte all’italiana poco italiana? Derivano da una sua partecipazione, lo scorso anno, a un evento che si ripete, a Budapest, ogni anno, a partire dai primi anni del Duemila, il 10 febbraio, detto il Giorno dell’onore. Di quale onore si tratta? Il giorno del 1945 che vide la fine dell’assedio di Budapest, con l’Armata Rossa che sconfisse definitivamente le truppe naziste e le truppe del Regno di Ungheria, alleato di Hitler. Quindi si ricordano “i martiri nazisti e i fascisti ungheresi” caduti quel giorno. Si onorano soldati morti perché caduti per una causa quel giorno sconfitta, ma che si ritiene giusta e, quindi, da resuscitare. Come? Intanto, ogni 10 febbraio, con delegazioni neonaziste provenienti da molte parti d’Europa, militanti con divise militari, con svastiche, con visibili simboli nazisti.

E quasi ogni anno, nello stesso giorno, si svolgono a Budapest contro manifestazioni di gruppi pacifisti e antifascisti provenienti da molte parti d’Europa. Ilaria lo scorso anno partecipò. Vi furono scontri fisici, ma Ilaria nega di avere agito in tal senso. Gli scontri furono fra neonazi e persone incappucciate. Confesso la mia costante diffidenza per chi partecipa a manifestazioni con cappuccio. Nega la cultura della pace, che vuole visi visibili, e non fa un buon servizio alla causa antifascista. Ci furono due feriti, che non denunciarono Ilaria e guarirono in fretta. È quindi un caso carico di ambiguità. L’unica cosa chiara è che la famiglia Salis ha scritto più volte a Meloni e a ministri di Meloni, senza risposta alcuna. È solo questione di buone maniere non rispettate?

Meloni e Orban

Ma qualcos’altro è chiaro. La condizione del carcere, a Budapest. E la crescita di movimenti neonazisti, ovunque in Europa. Orban, uomo di destra estrema, amico e alleato di Meloni, lo troviamo, da tempo, al governo di un paese che ha alle spalle una lunga storia illiberale. Ungheria fascista durante la seconda guerra mondiale, illiberale durante il regime socialista della democrazia detta popolare, fino al 1989. Il tentativo rivoluzionario del 1956, che tentò una svolta democratica, fu represso dal patto di Varsavia. Una storia difficile e tortuosa. Orban stesso parla in modo sprezzante delle democrazie diverse dalle sue. Lui stesso dice che la sua democrazia non è liberale. Il fatto è che una democrazia o è liberale, fondata su diritti uguali, o non è.

La nostra Costituzione fonda una democrazia liberale, che ha al centro il valore della persona e la sua dignità. Dalla storia abbiamo appreso che i diritti che oggi diciamo essere universali, in realtà mutano con il mutare della storia. Le donne lo sanno bene. Per millenni sono state umane a metà. In alcune parti del mondo sono ancora dimezzate nei diritti. Le persone colpite per ragioni razziali – perché ebree, perché nere e via dicendo – lo sanno altrettanto bene. I diritti non li portiamo con noi dalla nascita. Averli o non averli dipende dal tempo e dal luogo. Anche chi è stato o è ancora in condizioni di schiavitù lo sa bene. Chi ha scritto la nostra Costituzione conosceva, spesso sulla propria pelle, le traversie dei diritti nella storia. Traversie del lontano passato e del vicino passato, della dittatura e del macello causato dalla guerra. È questa la ragione che porta giuristi e costituzionalisti a sottolineare, nei commenti a molti articoli della Costituzione, il carattere antifascista della Costituzione, scritta per differenza dal fascismo.

Mi limito a citare alcuni passi tratti dalla Costituzione. Art. 13 “… È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di Libertà…”. Art. 27 “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.” Molte e molti dei Costituenti avevano assaggiato il peso delle misure oppressive e restrittive del carcere fascista, e risposero con un alto principio ideale. Nessuna persona, qualunque sia il reato, può essere ridotta a cosa, e la pena di morte è abolita, mentre esisteva nel regime precedente. Né il trattamento penitenziario può essere umiliante e vessatorio.

Già da queste sottolineature vediamo che Ilaria a Budapest si è trovata in condizioni diverse. Non sa quali siano le sue imputazioni ed è trattata come cosa priva di valore. Come è possibile, se l’Ungheria è nell’Unione europea, che si presenta al mondo come il modello più alto di civiltà, quella scritta nella Convenzione europea dei diritti e nelle direttive europee in materia di garanzie procedurali? Scritti e procedure che indicano agli Stati aderenti un limite alla violenza, limite che neppure uno Stato può superare. Limiti che l’Assemblea Costituente scrisse in Costituzione a chiare lettere.

Sergio Labate, un filosofo della politica, ha recentemente sottolineato una differenza di attenzione da parte dello Stato, in questo caso lo Stato italiano, nei confronti di Ilaria e, a suo tempo, nei confronti dei marò. Ilaria ha alcuni torti, dice Labate. È donna, antifascista, educatrice. I marò, maschi e pistoleri, videro in loro aiuto una forte attivazione dello Stato italiano – in quel momento, governi di colore diverso dal governo attuale – per garantire i loro diritti. Ci fu un lungo contenzioso giuridico e politico, fra Italia e India, iniziato subito dopo i fatti, nella primavera del 2012. Essendo italiani, è in Italia che – si disse – debbono essere giudicati. Due governi diversi e due generi diversi delle persone in questione spiegano il diverso svolgersi delle due storie? Umani diversamente umani perché italiani in modo diverso? Interrogativi che non risolvo. Ma Ilaria dimenticata in un carcere non italiano è stata ritrovata da Ilaria Cucchi. Questo è un fatto senza interrogativi. Due donne, vicine non solo per il nome che portano.

E, in Italia, come vanno le cose nelle carceri, a Costituzione ancora vigente? Vanno in modo diverso dalla Costituzione, vanno di fatto in modo diverso. Un esempio illuminante, in tempi recenti, e ancora vivo nella nostra memoria. Il pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, un pestaggio durato due ore, nell’aprile del 2020. Consiglio di rivederlo, perché ci sono immagini che certificano un di fatto che è lontanissimo dal non superare i limiti che uno Stato deve concedersi. Le carceri italiane sono sovra affollate, spesso prive dei servizi necessari alla risocializzazione, alla educazione e alla cura, fisica e psicologica. Un di fatto che ha attraversato decenni in diverse fasi politiche e di governi della Repubblica.

In Italia ci sono carceri fra le più sovraffollate in Europa. Uno dei tassi di suicidi più alto. Dall’inizio del 2024, già diciassette suicidi. A cosa serve il carcere? Una riposta viene da un dato obiettivo. I Costituenti discussero molto sulla funzione rieducativa del carcere. Il termine “rieducare” un po’ li imbarazzava perché poteva contenere valori opposti a quelli della libertà e della giustizia, viste con il metro antifascista. Cercarono di mitigare potenziali ambiguità mettendo al centro della pena, comunque, la dignità della persona, da aiutare in un percorso crescita, con cure, studio, lavoro, rispetto. Il carcere aiuta? La risposta è in un dato certo. Chi esce dal carcere – in Italia si trovano in carcere soprattutto colpevoli di reati che, secondo molti giuristi, dovrebbero essere depenalizzati o sanzionati con misure civili e non penali – è recidivo, quasi sempre. Torna a compiere reati.

Serve, il carcere? Il “di fatto” dice “quasi mai”. Nel caso di Ilaria Salis, quale è il messaggio di Orban all’Europa? Rieducare persone antifasciste? La Magistratura in Ungheria può – anzi deve – fare quello che vuole, abbiamo sentito dire da Orban e da suoi alleati italiani. Orban governa dal 2010. L’Ungheria entra in Europa nel 2004, quando Orban non era al governo. Quale è il disegno di Orban? Negare l’Europa? Disgregare l’Europa, o trasformarla alla sua maniera? Leggi e Trattati europei valgono a corrente alternata. Dipende da chi governa. Leggi e Trattati si possono fare, riscrivere, disfare. Già ora vediamo una Europa a macchie di leopardo. E sarà l’Ungheria ad avere la presidenza del Consiglio d’Europa – è il suo turno – da luglio a dicembre 2024. Un mese dopo le elezioni europee. Incrociamo, per scaramanzia?

Come uscirà l’Europa dalle elezioni del prossimo giugno? Più o meno leopardata? Mi auguro che chi sta preparandosi a una campagna elettorale sicuramente non facile si ponga in modo stringente questa domanda. C’è una opinione pubblica europea che dice NO al neofascismo e neonazismo, e una opinione pubblica di segno opposto. In Germania, nei giorni scorsi, in tante città sono state numerose e molto partecipate – tanta gioventù – le manifestazioni antifasciste che si sono orgogliosamente autodefinite tali. Dirsi antifascisti dice tutto di noi e di quello che vogliamo? Non è così semplice e immediato. Ma dice molto.

Chi dice di essere antifascista e, disprezza la libertà, l’uguaglianza dei diritti, la giustizia e lo Stato di diritto, dice il falso. Perché non è antifascista.

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